Festa del Cinema. “Hey Joe” con James Franco e “Small Things Like These” con Cillian Murphy
Genitori tormentati. Questo unisce due titoli nel decimo giorno della Festa del Cinema di Roma. Il primo è “Hey Joe” di Claudio Giovannesi: il legame padre-figlio in una girandola di rimorsi, silenzi e assunzioni di responsabilità tardive. Protagonisti James Franco e Francesco Di Napoli. Alla Festa di Roma è anche il giorno di “Small Things Like These” di Tim Mielants, un racconto che si muove sul tracciato del romanzo di Claire Keegan e che torna ad approfondire il dramma delle Case Magdalene in Irlanda. Protagonista il neo Premio Oscar Cillian Murphy. Il punto dalla Festa.
Genitori tormentati. Questo unisce due titoli nel decimo giorno della Festa del Cinema di Roma. Il primo è “Hey Joe” di Claudio Giovannesi, che torna a girare a Napoli dopo “La paranza dei bambini” (2019) per raccontare il legame padre-figlio in una girandola di rimorsi, silenzi e assunzioni di responsabilità tardive. Un racconto che si muove nel cuore dei Quartieri Spagnoli all’inizio degli anni ’70, tra locali notturni, dinamiche criminali e desideri di riscatto. Protagonisti James Franco e Francesco Di Napoli. Alla Festa di Roma è anche il giorno di “Small Things Like These” di Tim Mielants, un racconto che si muove sul tracciato del romanzo di Claire Keegan e che torna ad approfondire il dramma delle Case Magdalene in Irlanda, già proposte sullo schermo da “Magdalene” (2002) e “Philomena” (2013). Protagonista il neo Premio Oscar Cillian Murphy, nel ruolo di un venditore di carbone in un piccolo centro irlandese negli anni ’80, che cerca di salvare una giovane dalla struttura religiosa. Film asciutto e dolente, non urlato, che governa la materia con prudenza senza però entrare troppo in profondità. Il film è prodotto dallo stesso Murphy e Matt Damon.
Il punto dalla Festa.
“Hey Joe”
Claudio Giovannesi ci ha abituati a racconti di matrice sociale intensi e duri, striati di poesia. Tra i suoi lavori: “Alì ha gli occhi azzurri” (2012), “Fiore” (2016) e “La paranza dei bambini” (2019). Alla 19a Festa del Cinema di Roma presenta il suo ultimo film “Hey Joe”, scritto insieme a Maurizio Braucci e Massimo Gaudioso, una produzione Palomar, Rai Cinema, Vision Distribution e Netflix, nelle sale dal 28 novembre. Una storia di paternità irrisolta ambientata nella Napoli degli anni ’70.
Un film impastato da atmosfere criminali, da precarietà sociale e sentimenti trattenuti sottopelle.
Protagonista il divo statunitense James Franco, con Francesco Di Napoli, Giulia Ercolini e Aniello Arena.
La storia. New Jersey, 1971. Dean è un veterano che conduce un’esistenza grigia, senza speranze. Un giorno riceve un telegramma che gli comunica che la donna amata durante la sua missione a Napoli, nel 1944, è deceduta. Scopre però che dal loro amore è nato un figlio, Enzo. Dean decide di partire per l’Italia e provare a conoscere quel figlio dimenticato; scopre però che il giovane uomo, già sposato e padre, è immerso nelle secche della malavita…
“È un film sulle conseguenze della guerra – spiega il regista – sul rapporto tra Stati Uniti e Italia raccontato attraverso la relazione tra un padre e un figlio. Il film è ambientato nel 1971, a Napoli c’è la base Nato, la presenza degli americani è ancora numerosa e la città vive di contrabbando e prostituzione. Sta nascendo la società dei consumi: gli Stati Uniti, dopo la libertà, stanno insegnando all’Europa l’importanza della merce e il desiderio per gli oggetti, soprattutto quelli irraggiungibili”.
Giovannesi costruisce un racconto che si muove per metà come critica alla società del tempo, sedotta dal sogno consumistico ed erosa nei suoi valori come scriveva Pasolini; dall’altro restringe il campo dello sguardo al rapporto tra un padre e un figlio che non si conoscono, che non sanno cosa significhi tale ruolo. Dean è fuggito dalle sue responsabilità quando era un giovane marinaio sul finire del Secondo conflitto mondiale; si è lasciato quel figlio alle spalle, mettendo di mezzo l’Oceano. A distanza di oltre vent’anni arriva un telegramma che apre a una seconda possibilità: ignorarlo di nuovo oppure andarlo a cercare, e forse salvarlo. Dall’altro lato Enzo, il figlio, è cresciuto solo, perdendo la madre presto e lasciandosi aiutare dal boss locale Vittorio, che lo educa al contrabbando di droga e sigarette. Un legame che sa poco di tenerezza e molto di opportunismo.
Sia Dean che Vincenzo avranno una seconda opportunità, chiamati a fare i conti con i propri rimossi e dolori sottaciuti.
Un film dolente e ruvido, che si lascia apprezzare per la qualità della regia, per gli interpreti e l’ambientazione fumosa della Napoli anni ’70. Il problema è nella sceneggiatura, che presenta dispersioni e lungaggini che finiscono per smorzarne il pathos. Giovannesi, comunque, si conferma un ottimo regista, con una chiara linea di racconto e una dimensione estetica riconoscibile. Complesso, problematico, per dibattiti.
“Small Things Like These”
Il perimetro in cui si muove è quello dei film “Magdalene” (2002) di Peter Mullan e “Philomena” (2013) di Stephen Frears. Parliamo di “Small Things Like These” diretto da Tim Mielants, su copione di Enda Walsh, ispirato al romanzo “Piccole cose da nulla” di Claire Keegan (Einaudi).Il film mette a tema gli scandali nelle Case Magdalene in Irlanda, dove giovani donne venivano forzate ad entrare perché rimaste orfane oppure perché incinta fuori dal matrimonio;
luoghi che spesso si rivelavano non di accoglienza ma di sfruttamento. Protagonista il Premio Oscar Cillian Murphy, che partecipa al film anche in veste di produttore insieme a Matt Damon e Ben Affleck. Titolo d’apertura della Berlinale 2024, il film è nei cinema con Teodora dal 28 novembre.
La storia. Irlanda, 1985. A pochi giorni dal Natale Bill Furlong, che ha una ditta di carbone, scopre che nel convento locale alcune ragazze si trovano in condizioni di sofferenza, private della libertà. Bill è sposato ed è padre di cinque ragazze, pertanto non riesce a volgere lo sguardo dall’altra parte come molti gli consigliano. Inoltre, da orfano, rivede nelle giovani chiuse nella struttura la condizione di sofferenza e solitudine patita da bambino, con una madre sola…
“Io e Cillian – ha dichiarato il regista – volevamo tornare a lavorare insieme. Abbiamo discusso alcune idee e lui e sua moglie mi hanno proposto il libro di Claire Keegan. Si trattava di qualcosa che a livello personale potevo comprendere davvero: la storia di un uomo maturo che si confronta con un dolore e lotta per fare la cosa giusta”.
Mielants, che ha firmato le serie “Peaky Blinders” (S3) e “The Responder”, costruisce un racconto perimetrato attorno al romanzo della Keegan. Approfondisce il dramma vissuto nelle Case Magdalene in Irlanda attraverso lo sguardo di un quarantenne con alle spalle le cicatrici di un’infanzia senza madre e da adulto padre di cinque figlie.
È soprattutto la paternità a renderlo permeabile alle sofferenze delle giovani rinchiuse nelle Case Magdalene. A loro guarda come se fossero le figlie.
E anche se nella comunità locale sono in molti a consigliargli di abbassare lo sguardo e pensare alla sua vita tranquilla, già segnata da un’economia incerta e precaria, Bill non accetta compromessi, non vuole convivere con rimorsi, e nel cuore del clima natalizio, simbolo di accoglienza, si adopera per dare riparo a chi è in difficoltà.
Punto di forza di “Small Things Like These” è senza dubbio l’interpretazione di Murphy, che lavora molto in sottrazione con sguardi e silenzi intensi, dando voce, risonanza, ai demoni interiori del protagonista, combattuto nelle scelte da compiere. La regia di Mielants è sobria e composta, evitando toni urlati o enfatizzazioni.
Quello che manca, a ben vedere, è un po’ di approfondimento sulla questione; la narrazione rimane infatti troppo in superficie, lavorando più di suggestioni che di contenuto.
Bene, dunque, ma non benissimo, se consideriamo la spinosità del tema, che meriterebbe una maggiore articolazione. Complesso, problematico, per dibattiti.