Spiagge. Legambiente: "Sempre meno libere, troppe non balneabili"
Oltre il 50% date in concessione, mentre un 8% è inquinato. Cresce il fenomeno dell'erosione: ne soffre il 46% delle coste sabbiose. Buone notizie sull'offerta green e di qualità. "Serve una legge di riordino"
Trovare un posto libero e gratuito dove prendere il sole in spiaggia lungo le coste italiane nell'estate del Covid è sempre più difficile. A lanciare l'allarme nel nuovo rapporto Spiagge è Legambiente, che denuncia l'aumento delle concessioni balneari, che ad oggi interessano oltre la metà delle spiagge italiane a cui si aggiunge un 8% di costa non balneabile perché il mare è inquinato. Sulla base dei dati del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, di Regioni e Comuni, e l'analisi di foto aeree, è emerso che i primi dieci Comuni costieri con la maggiore occupazione di spiagge in concessione sono: Alassio, in Liguria; Jesolo, in Veneto; Forte dei Marmi, in Toscana; Rimini, in Emilia Romagna; Lido di Ostia, sul litorale romano; San Benedetto del Tronto, nelle Marche; Alba Adriatica, in Abruzzo; Pozzuoli, in Campania; Giardini Naxos e Mondello in Sicilia. Lungo lo Stivale si registra una situazione composita, ma nel complesso decisamente allarmante per chilometri sottratti alla libera fruizione. Laddove non si osserva un incremento delle concessioni, il motivo è da ricercare nella mancanza di spiagge libere, come in Versilia o in Romagna, dove meno del 10% dei litorali è spiaggia libera, un risultato che è però spesso la somma di corridoi tra gli stabilimenti e di zone in cui è vietata la balneazione.
Il record, secondo il rapporto Spiagge di Legambiente, si registra a Forte dei Marmi, dove lungo 4,7 km di linea costiera si contano 125 stabilimenti, per un'occupazione del 93,7% della costa. Mentre in Liguria ed Emilia-Romagna quasi il 70% è occupato da stabilimenti balneari, in Campania il 67,7%, nelle Marche il 61,8%. Preoccupa la situazione in Sicilia, dove la percentuale di spiagge in concessione è più bassa che in altre regioni, ma nel 2019 sono state presentate oltre 600 richieste di nuovi stabilimenti. A confermare la necessità di controlli sono alcune situazioni di illegalità come a Ostia o Pozzuoli, dove muri e barriere impediscono vista e accesso al mare. I dati 2020 del portale Acque del ministero della Salute, elaborati dall'associazione ambientalista, rivela poi un 7,8% di tratti sabbiosi sottratti alla balneazione per inquinamento, un fenomeno che coinvolge soprattutto Sicilia, Calabria e Campania, con ben 73,5 km complessivi sui 90 interdetti a livello nazionale. Sono poi 169,04 i chilometri di costa 'abbandonati’ in tutta Italia. Il risultato è che la spiaggia libera e balneabile nel nostro Paese si riduce mediamente al 40%, ma con grandi differenze tra le Regioni.
Preoccupa Legambiente anche l'erosione costiera. Dal 1970 i tratti di litorale soggetti a erosione sono triplicati e oggi ne soffre il 46% delle coste sabbiose, con tendenze molto diverse tra le regioni e picchi del 60% e oltre in Abruzzo, Sicilia e Calabria. In media è come se avessimo perso 23 metri di profondità di spiaggia per tutti i 1.750 km di litorale in erosione.
Buone notizie, però, dagli stabilimenti che puntano sull'offerta green e di qualità, in crescita. Tantissimi hanno scelto di diventare 'plastic free’, di investire sul solare, salvaguardare le dune, valorizzare prodotti a km zero, prevedere spazi ad hoc per chi si muove in bici o con mezzi di mobilità elettrica, utilizzare legno e altri materiali naturali e leggeri per le strutture, consentendo la vista del mare senza barriere e la convivenza tra parti libere e in concessione.
"Le spiagge rappresentano una straordinaria risorsa del nostro Paese, sia in chiave ambientale che turistica- dichiara Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente- ma anche spazi vissuti da milioni di persone per diversi mesi all'anno. La sfida che vogliamo lanciare ai Comuni costieri, ai balneari, al Governo è di aprire un confronto sul futuro delle spiagge italiane: se entriamo infatti nel merito delle questioni diventa possibile trovare soluzioni di qualità, interesse generale e innovative. È un obiettivo condiviso che vi siano maggiori e più efficaci controlli rispetto alle trasformazioni in corso lungo le coste italiane, per trovare regole capaci di migliorare e diversificare l'offerta, di affrontare questioni ambientali, come l'erosione, che si aggraveranno in una prospettiva di cambiamenti climatici".
Nervo scoperto, secondo Legambiente, rimane il tema dei canoni pagati per le concessioni, troppo bassi, con entrate per lo Stato di 103 milioni di euro secondo gli ultimi dati del 2016 a fronte di un giro d'affari miliardario. Ma anche qui bisogna distinguere, perché tra i 10.812 stabilimenti balneari in Italia troviamo realtà di enorme successo ma anche concessioni fuori dai circuiti turistici principali, dove per poche settimane all'anno si riempiono gli ombrelloni in realtà degradate da inquinamento e abusivismo edilizio. Nell'estate del Covid aumentano in maniera più o meno significativa, i costi medi per una giornata in spiaggia per le famiglie italiane, già messe a dura prova dalla situazione economica attuale, come evidenziano gli studi Ircaf e Altroconsumo presi in considerazione da Legambiente.
Un tema politico evidente riguarda la quantità di spiagge date in concessione, ricorda ancora l'associazione, "siamo l'unica nazione europea infatti a non porre alcun limite lasciando questa scelta alle Regioni, e sono finora poche ad averlo applicato". Tra le più virtuose Puglia, Sardegna e Lazio, dove la quota minima di spiagge da garantire alla libera fruizione (o libera fruizione attrezzata) è regolamentata e fissata tra il 60-50%. Continuano a essere cinque, invece, le regioni prive di norme che specifichino una percentuale minima da destinare alle spiagge libere: Toscana, Basilicata, Sicilia, Friuli Venezia Giulia e Veneto. Il problema, tuttavia, riguarda nei fatti il rispetto dei limiti di legge da parte dei singoli Comuni, anche nelle Regioni che si sono dotate di norme.
La priorità per Legambiente resta una legge di riordino delle spiagge, che garantisca: la libera e gratuita fruizione fissando la percentuale data in concessione e la quota di spiaggia libera; premiando la qualità dell'offerta nelle spiagge in concessione; stabilendo canoni adeguati con risorse da utilizzare per riqualificare il patrimonio naturale; individuando una strategia nazionale per erosione, inquinamento e adattamento al clima, che riguardi tutti gli 8mila chilometri di coste italiane. (DIRE)