Sorpresa a Londra, Tafida può andare in Italia
La pronuncia dell’Alta Corte di Londra sorride ai genitori della piccola: il sostegno vitale deve continuare e può essere garantito in ogni struttura all’interno dell’Ue. Ma resta il dubbio sui tempi del trasferimento al Gaslini di Genova: con il ricorso in appello potrebbe slittare
La sorpresa arriva a mezzogiorno, quando il giudice Alastair MacDonald – pronunciando la decisione sul caso di Tafida Raqeeb – sentenzia che per lei vale il diritto alla libera circolazione dei pazienti all’interno dell’Unione Europea. E che, dunque, non solo il sostegno vitale che la assiste deve continuare, ma che esso può continuare nel paese e nella struttura che la famiglia della piccola ritiene più opportuna. Nero su bianco è un via libera al trasferimento di Tafida all’ospedale pediatrico Gaslini di Genova, che si è da tempo reso disponibile ad accoglierla e che viene citato apertamente nella sentenza (la disponibilità della struttura ligure è agli atti giudiziari). Una vittoria per la famiglia Raqeeb (l’avvocato David Lock parla di “intenso sollievo” dopo "l'intollerabile pressione" degli ultimi mesi) ma è troppo presto per dire con certezza che Tafida salirà su una aero-ambulanza destinazione Italia: i rappresentanti del Barts Health - che gestisce il Royal London Hospital, struttura in cui la bambina è ricoverata – possono infatti presentare ricorso contro la decisione dell’Alta Corte, e non è chiaro se ciò impedirà o meno il trasferimento della bambina. Per farlo hanno 21 giorni di tempo, anche se il giudice ha chiesto ai legali dell’ospedale una decisione in tempi più brevi.
Tafida come Charlie, Isaiah e Alfie
Il caso – sanitario e giudiziario - di Tafida Raqeeb ha molte somiglianze con gli altri casi riguardanti bambini con gravi cerebrolesioni cui abbiamo assistito negli anni scorsi: i nomi di Charlie Gard, Isaiah Haastrup e Alfie Evans rimandano a drammatiche vertenze che hanno visto opposte, davanti ai tribunali britannici e non solo, le famiglie dei bambini ai medici curanti. Vicende conclusesi tutte con la vittoria delle strutture sanitarie e con l’autorizzazione al distacco del ventilatore (sostegno vitale), con la conseguente morte dei piccoli pazienti sopraggiunta nel giro di qualche ora o di qualche giorno. Decisioni assunte ogni volta dai giudici nel nome del “miglior interesse” del piccolo.
Anche per Tafida, 5 anni, ricoverata dal febbraio scorso al London Royal Hospital in stato di minima coscienza dopo una grave emorragia cerebrale, i sanitari hanno chiesto al Tribunale l’autorizzazione a sospendere quella ventilazione artificiale che costituisce per lei un sostegno vitale. Una eventualità contrastata dai genitori, che hanno chiesto al Tribunale l’autorizzazione a trasferire Tafida all’ospedale Gaslini di Genova, resosi disponibile ad accoglierla. Richiesta ora accettata dal giudice, e che – al di là dell’effettivo trasferimento o meno della piccola a Genova, in attesa del ricorso – rappresenta comunque una novità assoluta per il sistema giudiziario britannico degli ultimi anni.
Tafida, perché la strategia dei genitori è risultata vincente
Quanto accaduto in effetti è figlio delle differenze che caratterizzano questo caso rispetto agli altri. E in particolare di due differenze che sul versante processuale hanno pesato moltissimo. La prima differenza rispetto ai casi del passato è che fin dal principio i legali della famiglia hanno compiuto la scelta strategica di puntare sull’argomento della libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione Europea: tale “filone” processuale ha preceduto (e non seguito, come in altri casi) quello riguardante il diritto di famiglia, cioè la richiesta – presentata dall’ospedale – di revocare alla madre e al padre del bambino la potestà genitoriale, con successiva nomina di un tutore (favorevole al distacco del sostegno vitale) che avesse piena facoltà decisionale. Ciò ha creato una situazione in cui la decisione odierna è stata presa sull’esistenza del diritto alla libera circolazione, in un contesto di piena legittimazione della famiglia alla rappresentanza della piccola. E in un contesto istituzionale e politico che - in attesa del perfezionamento della Brexit - vede il Regno Unito ancora (ma per quanto?) membro effettivo dell’Ue.
“Tafida non prova dolore”: per il giudice un elemento essenziale
Secondo aspetto, certamente legato al primo, è che il giudice ha ritenuto fondamentale, ai sensi della valutazione del “miglior interesse” della bambina, il dato clinico che Tafida, nella sua attuale condizione di vita, non sperimenta dolore. Contrariamente a tutti gli altri casi, in cui non vi è mai stata unanimità fra le parti su questo punto, sia i medici del Royal Hospital sia quelli del Gaslini hanno escluso in modo categorico che la bambina provi alcun tipo di dolore: un argomento considerato particolarmente importante dai giudici nella valutazione del “best interest”. In altri termini, il giudice ha deciso per il trasferimento anche perché ha preso atto che il trasporto in aero-ambulanza non rappresenterebbe una causa di ulteriore sofferenza per Tafida, non potendosi neppure ipotizzare che il viaggio le possa causare dolore o disagio. In occasione delle richieste simili presentate in passato da Charlie Gard e Alfie Evans (destinazione Bambino Gesù di Roma), i giudici avevano argomentato (non senza evidentemente scatenare profonde perplessità) che il viaggio aereo avrebbe potuto loro causare dolore, e che per questo non fosse nel loro “miglior interesse” (giungendo poi però a individuarlo nel distacco del sostegno vitale, cioè nella morte). Argomenti molto opinabili ma, appunto, la fredda situazione processuale, in termini di atti depositati, raccontava allora che per Charlie e Alfie mai i medici del Great Ormond Street Hospital di Londra o dell’Alder Hey Hospital di Liverpool avessero escluso la capacità di provare dolore.
Tafida, incognita sul ricorso: quali conseguenze sul sistema sanitario britannico?
La sentenza, tecnicamente, è operativa, e dà il via libera al trasferimento immediato di Tafida. Potrebbe però essere bloccata da un dispositivo di rinvio, se i legali del trust che gestisce l’ospedale presentassero ricorso e il giudice decidesse in tal senso. La scelta sulla presentazione del ricorso, al di là del caso concreto, sarà presa in ragione delle conseguenze che una partenza di Tafida potrebbe avere su decine e centinaia di casi potenzialmente simili che ogni anno si verificano nel Regno Unito. Il Barts Health dovrà cioè decidere se il precedente che si verrebbe a creare con il caso Tafida possa rappresentare o meno un problema per il futuro, nella gestione dei rapporti con le famiglie di tutti gli altri bambini. Un punto, questo, che è stato espressamente citato dall’avvocato Katie Gollop, che ha fatto riferimento alla necessità di comprendere tutte le ramificazioni che questo caso potrebbe generare. Sullo sfondo non ci sono solo aspetti medici ed etici, ma anche economici, considerati gli alti costi che il sistema sanitario inglese è chiamato a sostenere nel trattamento di pazienti con gravi lesioni neurologiche, pazienti che – per prassi, contrariamente a quanto accade altrove – possono andare incontro alla sospensione dei sostegni vitali.