Società. Vaccari (Rondine): “Pace in pericolo se si perde il senso della relazione”
Franco Vaccari, presidente di “Rondine Cittadella della pace”, racconta e riflette sugli effetti della pandemia da Covid-19. La cittadella è un borgo a una decina di chilometri dal centro di Arezzo, solitamente animato da molti giovani provenienti dai luoghi più diversi del mondo dove ci sono conflitti in corso: India, Mali, Nigeria, Kosovo, Serbia, Palestina, Israele, Siria, Turchia. In queste settimane è disabitato: i giovani non ci sono proprio a causa del coronavirus. “Abbiamo vissuto tutto questo - spiega Vaccari - come un test per vedere se le relazioni costruite riuscivano a tenere. Abbiamo scommesso molto sul mantenere la qualità e i significati delle relazioni nonostante la grande difficoltà”
“L’impatto della pandemia a La Rondine è stato molto forte. Rondine è incontro quotidiano, è fisicità. Per un luogo che punta tutto sulla relazione dover creare distanza vuol dire mettere in crisi tutto”. A raccontarci questo tempo molto particolare è Franco Vaccari, presidente di Rondine Cittadella della pace , borgo a una decina di chilometri dal centro di Arezzo, solitamente animato da molti giovani provenienti dai luoghi più diversi del mondo dove ci sono conflitti in corso: India, Mali, Nigeria, Kosovo, Serbia, Palestina, Israele, Siria, Turchia. Quando arriviamo il borgo è stranamente disabitato: in queste settimane i giovani non ci sono proprio a causa del coronavirus.
“Abbiamo vissuto tutto questo – prosegue Vaccari – come un test per vedere se le relazioni costruite riuscivano a tenere. Abbiamo scommesso molto sul mantenere la qualità e i significati delle relazioni nonostante la grande difficoltà.
È stata una occasione di scavo nei fondamenti delle relazioni che si costruiscono e non sulle emozioni e sulle suggestioni che durano poco”.
Per la ripresa del nuovo anno come vi state organizzando visto che gli studenti arrivano da tutto il mondo?
Il quarto anno di liceo è sospeso per un anno. I ragazzi dormivano in un convitto in città che non è attrezzato per ospitare giovani che vengono da tutta Italia.
Trasformeremo il tutto in una proposta che porterà il metodo Rondine in alcune scuole italiane.
Per i 25 studenti internazionali selezionati, invece l’arrivo è stato spostato a ottobre. Intanto stanno apprendendo la lingua italiana a distanza e si incontrano su Zoom.
Per il Covid, avete dovuto fare il vostro festival internazionale sul conflitto, il YouTopic Fest, a fine giugno, via web. A tema c’era il conflitto come leva di trasformazione. Anche il virus può essere leva di trasformazione?
Di trasformazione di sicuro. Non è mai scontato però che la leva di trasformazione sia in meglio. Il Covid ha un lato oscuro. Per ora ci siamo soffermati sul lato “luminoso”, quello biologico e medico.
Ma il lato oscuro del Covid è quello sociale e psicologico, la frattura che porta nelle relazioni delle persone. Questo non è ancora preso in esame, né tanto meno curato, ma ha portato ferite enormi.
Pensiamo a quello che è stato la quarantena. Parlavo di recente con una donna con un figlio disabile e la mamma malata di Alzheimer. Sono stati in quarantena in 75 metri quadri. Lì ci sarà una ferita o no? E così nel mondo. Sono tutte ferite relazionali che devono essere curate. Se le comprendiamo possono diventare opportunità e sfide, se fingiamo che non esistano, prima o poi la vita presenterà il conto.
Durante il vostro incontro internazionale di fine giugno una delle possibili risposte che avete approfondito è l’ecologia integrale. Cosa è emerso?
Il Covid ha suonato altre trombe per chi era sordo da prima. Il Covid è a cavallo tra il biologico e il chimico.
Il virus se la ride di tutti i confini del mondo e dello status sociale perché prende poveri e ricchi, sudditi e re. Racconta di un mondo che, gestito alla maniera vecchia dei confini e delle stratificazioni sociali, non ha futuro.
Il mondo va ripensato in modo integrale e la Laudato si’ ci indica questo. Nel Metodo Rondine diciamo che i confini non hanno senso e che dobbiamo sostituirli con le soglie. La soglia è un passaggio da una zona a un’altra, da una proprietà a un’altra e dobbiamo averne coscienza. Il confine chiama separazione, chiama muro, chiama contrasto.
Qual è oggi la minaccia maggiore che lei vede per la pace?
È smarrire il senso della relazione. Per Rondine pace non è il tema solo delle zone di guerra dove c’è la tragedia più acuta. È il precursore del nemico che è importante.
Ovunque si lacera la relazione e si perde l’alfabeto primordiale dell’uomo che sa stare in relazione con un altro uomo, lì si incuba il nemico e c’è il primo germe della guerra.
“Rondine” dice che per lavorare per la pace bisogna investire sui giovani. Oggi i giovani che spazio hanno?
C’è un’oppressione del mondo adulto che detta leggi ferree in cui i giovani fanno fatica a esprimersi. Questo accade anche perché, specie nei Paesi avanzati, c’è un gap demografico: i giovani sono sempre meno e, dunque, anche come massa critica non ce la fanno. Il ’68 è avvenuto perché la massa critica giovanile, dopo il boom demografico del dopoguerra, ha rappresentato una invasione giovanile della società. Oggi invece c’è un’invasione della senescenza. Ci sono però dei movimenti che pur con le loro contraddizioni esprimono delle positività.
Durante il lockdown le è stata consegnata l’onorificenza di Grande ufficiale al merito della Repubblica. Che significato ha per lei il riconoscimento?
È un titolo per tutti coloro che hanno fatto questa storia. Io non credo all’uomo solo al comando.
Quella di Rondine è una storia comunitaria, dove tante persone hanno dato tantissimo. Per questo ho subito condiviso il titolo con tutti:
è un bellissimo riconoscimento del presidente della Repubblica che ha avuto modo di incontrare personalmente questi giovani che a Rondine sono davvero protagonisti. I giovani riconoscono che qui gli adulti danno loro fiducia e dare loro fiducia significa lasciarli sbagliare. La crescita vera è consentire l’errore e dare il tempo per capirlo e poi cambiare.
(Originariamente pubblicato su “La voce dei Berici”)