Lockdown, nei bambini con disturbi psichiatrici sono aumentati i sintomi
Ricerca Stella Maris. Nei bambini tra uno e 5 anni è emerso un aumento della sintomatologia ansiosa e delle lamentele somatiche come ad esempio mal di testa, mal di pancia
Nei bambini e ragazzi con problematiche neuropsichiatriche tra i 6 ai 18 anni è stato osservato un aumento della sintomatologia ossessiva-compulsiva, dei comportamenti correlati a un disturbo post-traumatico da stress e di alterazione del pensiero. Nei bambini tra uno e 5 anni è invece emerso un aumento della sintomatologia ansiosa e delle lamentele somatiche come ad esempio mal di testa, mal di pancia.
Sono in corso analisi più approfondite, finalizzate ad individuare il peso che le singole diagnosi, le comorbidità, il genere, le difficoltà socio-economiche o logistiche familiari, possano aver avuto sulle modificazioni sintomatologiche rilevate.
E’ quanto risulta da una ricerca dello studio nazionale che l’IRCCS Fondazione Stella Maris ha realizzato contattando oltre 700 famiglie dei pazienti che erano già stati in cura presso le sue unità operative cliniche (nei mesi prima di marzo), con l’obiettivo di analizzare l’impatto che la pandemia COVID 19 e il lockdown hanno avuto sui loro figli, sia sulla salute psicofisica, sia sulla continuità terapeutico-riabilitativa.
È emerso che durante l’emergenza si è registrata la drastica e generale contrazione di tutti i trattamenti in presenza nelle diverse regioni, sebbene queste fossero diversamente rappresentati come campione di studio; infatti nel campione emergeva una preponderanza toscana (il 37.5%), seguito da un numeroso campione campano (16.8%) e un altrettanto significativo campione ligure (9.5%). Attraverso una prima analisi dei dati è possibile osservare una inevitabile riduzione di frequenza in tutte le tipologie di trattamento, con una minore probabilità di interrompere alcuni interventi terapeutici (logopedia e psicomotricità) a livello toscano rispetto al dato nazionale, grazie all’attivazione di teleriabilitazione.
Questa teleriabilitazione tuttavia, effettuata per lo più con modalità sperimentali e insufficienti anche per i collegamenti di rete e i dispositivi informatici di molte famiglie, ha potuto mitigare solo molto parzialmente l’effetto negativo dell’interruzione delle cure.