La vita nella palazzina di Greco, dove la solidarietà non va in vacanza
Nello storico quartiere di Milano da quattro anni convivono nello stesso palazzo famiglie sfrattate, persone con disabilità e profughi. Grazie al progetto del consorzio Oikos. “Quello che ci manca di più ancora è la possibilità di abbracciarsi, di vivere tutti insieme momenti di convivialità”
Nella casa di ringhiera che si affaccia sulla parrocchia di San Martino, nello storico quartiere di Greco, batte un cuore che non conosce confini. Dal 2016 infatti è un condominio solidale, in cui convivono famiglie sfrattate, persone con disabilità e profughi. Un mix di persone e storie, che in questi mesi hanno condiviso anche l'emergenza Covid-19 e il lockdown. “Quello che ci manca di più ancora è la possibilità di abbracciarsi, di vivere tutti insieme momenti di convivialità”, spiega Maria Grazia Campese, presidente di Spazio Aperto Servizi, cooperativa sociale che ha dato vita, insieme alle cooperative Farsi Prossimo e Cascina Biblioteca, al Consorzio Oikos. Il Consorzio gestisce la casa e i progetti di sostegno a chi, per periodo più o meno lunghi, ci abita per ricostruirsi una vita. Nel progetto sono coinvolte anche la Comunità di Sant'Egidio e la Fondazione Idea Vita.
La palazzina solidale è costituita da tre piani. Al piano terra c'è il laboratorio del catering M'ama Food, in cui lavorano donne rifugiate. Al primo e al secondo ci sono gli appartamenti: due sono per famiglie sfrattate e, quello più grande, per un gruppo di nove giovani con disabilità. “Tutto è nato perché la parrocchia aveva questo immobile che stava andando in rovina e ha deciso di affidarlo a realtà che storicamente a Milano si occupano di progetti sociali -racconta Maria Grazia Campese-. Ci è stato quindi dato in comodato gratuito per 30 anni e abbiamo fatto tutti i lavori di ristrutturazione”. Il punto di forza della palazzina solidale è che è aperta al quartiere. Soprattutto c'è un forte legame con i parrocchiani, alcuni dei quali dedicano ore di volontariato a questo progetto.
“Durante il lockdown ovviamente tutti gli ospiti della palazzina sono rimasti chiusi in casa -ricorda Maria Grazia Campese-. Ma si sono aiutati: per esempio le famiglie andavano a fare spesa anche per i ragazzi disabili, visto che alcuni hanno patologie ed erano quindi a rischio. Anche le persone della parrocchia si sono rese disponibili, per piccole commissioni o per fare la spesa”.
In questo mese di agosto qualcuno dei ragazzi con disabilità è andato in vacanza con la propria famiglia, altri ci andranno con gli operatori. Per le famiglie sfrattate l'urgenza è quella di trovare un lavoro. Un via vai come in qualsiasi altra casa, con gente che parte o torna. La casa insomma non chiude, volontari e operatori garantiscono la loro presenza e la vita del condominio continua. “Il lockdown ci ha confermato che la formula del condominio solidale funziona -conclude Maria Grazia Campese-. Perché nonostante le difficoltà, queste persone non sono rimaste sole e ciascuno ha cercato di essere d'aiuto agli altri”.
Dario Paladini