In-segnare è gesto di cura. Il libro "A chi insegna. Promemoria piccolo" di Cristina Bellemo

A chi insegna. Promemoria piccolo di Cristina Bellemo è un libro “a pagine sciolte” che sottolinea la bellezza di un atto che mette al centro la fiducia e la speranza

In-segnare è gesto di cura. Il libro "A chi insegna. Promemoria piccolo" di Cristina Bellemo

È dedicato all’ampio tema dell’insegnamento l’ultimo progetto editoriale di Cristina Bellemo, giornalista e scrittrice bassanese, vincitrice di numerosi premi letterari tra i quali il Premio Andersen come miglior scrittrice nel 2021. Insegnamento nel senso che a tutti capita nella vita di in-segnare qualcosa. E di imparare da chi in-segna. Un progetto quindi che non è rivolto soltanto a chi insegna per professione, ma un è un piccolo promemoria sul valore di questo atto così straordinario che ci riguarda tutti. A chi insegna. Promemoria piccolo è infatti il titolo, edito da Settenove e illustrato da Marianna Balducci. E non è un libro nel senso tradizionale, ma un libro “a pagine sciolte”, un cofanetto con 56 carte illustrate da giocare, mescolare, ordinare che propongono spunti di dialogo, riflessione e condivisione. «È un progetto complessivo – racconta Cristina Bellemo – Io sono una grande appassionata di quaderni: sono un po’ antica nel mio modo di procedere, scrivo a mano, non su fogli, ma su quaderni. Da quando ero bambina i quaderni sono il luogo della mia ricerca, delle parole, dei miei approfondimenti, degli appunti, della custodia di quello che mi sembra prezioso. Avevo fatto un quaderno con la forma di un leporello, di un libro a fisarmonica, con una serie di aforismi, frasi. Inizialmente lo avevo concepito come testo poetico unico che si snodava attraverso una frase accompagnata da un piccolo disegno con valore metaforico. Durante il festival “Bimbi a bordo” che si svolge a Guspini in Sardegna, Monica Martinelli della casa editrice Settenove, ha visto questo mio lavoro e lo ha ritenuto interessante». Il progetto ha quindi coinvolto per le illustrazioni Marianna Balducci e se inizialmente si era pensato di tenere fede alla forma del leporello che aveva in origine, poi invece ha preso forza l’idea che ogni suggestioni, ogni piccola “scintilla di pensiero” potesse essere utilizzabile anche in maniera autonoma. «Però ci piace pensare – sottolinea Bellemo – che mantenga l’identità di libro, di un tutto complessivo che in questa forma può essere giocato nella dignità straordinaria della dimensione del gioco e nelle forme più creative, personali e originali moltiplicando le possibilità». Un cofanetto quindi che può avere gli usi più svariati proprio perché il gesto dell’insegnare ci riguarda tutti e tutte, perché a ognuno di noi in qualche momento nella vita è capitato di insegnare qualcosa, dalla ricetta di cucina al punto erba con ago e filo o semplicemente il legarsi le scarpe. «È un’azione che ha consentito la sopravvivenza della specie: il tramandare il sapere, consegnare un sapere nelle mani di qualcun altro è un gesto che ci riguarda tutti e infatti sta già abitando le stanze della terapia, ma potrebbe andare benissimo in una palestra, in un ufficio,. Di conseguenza non ha un età consigliata, non esclude nessuno. E nell’utilizzo che ne viene fatto stanno nascendo tante cose belle, dal portarle in un collegio docenti o la psicologa che le mette nella bacheca come frase del giorno». Le parole delle carte sono quindi piccoli pensieri luminosi, piccoli distillati di alcune sfaccettature dell’insegnamento; le illustrazioni invece di Marianna Balducci, che uniscono il segno con la fotografia e l’uso di oggetti, le traducono in forma di metafora, amplificano e allargano il senso degli aforismi, mostrandoci uno sguardo divergente, ulteriore e inaspettato sul mondo. Nel cofanetto anche un libretto di istruzioni dove vengono suggeriti alcuni modi di utilizzo delle carte. Ad esempio si può partire dal racconto di un aneddoto, di un episodio felice di insegnamento e poi scegliere una carta che ben rappresenta e sinterizza il racconto. Oppure si può partire dalle illustrazioni che custodiscono significati preziosi da scoprire. Fra le 56 carte poi due sono bianche per permettere a chi le usa di creare le proprie suggestioni «perché non abbiamo certo esaurito quello che si può dire su questo gesto sconfinato che è l’insegnare.

Ci piacerebbe che ognuno pensasse a degli aspetti necessari, luminosi del gesto dell’insegnare che certamente non ci sono nelle 54 carte». «Due sono le dimensioni da tenere a mente in questo atto così importante – conclude la scrittrice – in-segnare ed e-ducare. È un po’ muoversi in due direzioni. L’in-segnare ha a che fare con lasciare una traccia, un segno, un piccolo sentiero dentro a qualcuno. Non una ferita come spesso accade e alcune delle carte toccano la dimensione a volte faticosa e dolorosa di questa traccia che viene segnata in maniera poco delicata e poco protesa. Questa è la direzione del dentro. L’e-ducare invece è la direzione verso il fuori che mette in luce che l’educazione non è tanto un riversare dentro un vaso, un contenitore qualcosa che l’altro non possiede, di cui ne è privo, ma è piuttosto accompagnare ed essere accanto nel tirare fuori le cose belle che già sono dentro la persona. Quindi è interessante mettere accanto questi due gesti, queste due azioni che completano il cerchio, nelle due direzioni, verso il dentro e verso il fuori e che hanno sempre a che fare con il custodire, dare valore a qualcosa che c’è e che deve poter fiorire e splendere. Il tutto con un grande senso di gratitudine, perché l’insegnare è sempre un imparare e viceversa. È un andirivieni continuo e creativo».

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