Francesco Vidotto in libreria con "Onesto". L’amore scritto ai monti
Francesco Vidotto torna in libreria con Onesto, il suo ultimo romanzo che racconta una storia vera fra le montagne del Cadore. Un libro per chi ama la montagna e i sentimenti autentici, ma anche per chi vuole commuoversi ricordando i tempi lontani in cui vivere era più difficile

«In molti credono che per scalare ci voglia forza, invece è proprio il contrario. Scalare, come vivere, non è questione di tenere, è questione di lasciar andare. Ogni cosa. La paura, l’incertezza, i problemi, le soluzioni, il passato, il futuro, le prese, gli appigli. Tutto quanto. Lasciare andare in un movimento continuo che avvicina al cielo». La pensa così Onesto, il personaggio che dà il titolo all’ultimo romanzo di Francesco Vidotto, autore veneto che da una ventina d’anni celebra le montagne del Cadore e salva la memoria e le tradizioni dei suoi antichi abitanti. Uscito da poco più di un mese per Bompiani, Onesto è già un romanzo in classifica, perché è uno di quei libri che piacciono molto agli appassionati della letteratura di montagna e, soprattutto, ai lettori che cercano emozioni forti tra le pagine di un libro e che vogliono commuoversi ricordando i tempi lontani in cui vivere era certo più difficile, ma i sentimenti umani erano più autentici di oggi. O almeno così piace pensare. «La storia che racconto è vera – assicura lo scrittore – e si basa sulle lettere che Onesto ha scritto alle sue montagne e che sono state raccolte da Guido Contin, detto Cognac, che abitava in un casello dismesso della vecchia ferrovia adagiata tra i boschi del Cadore insieme a Moglie, la sua gatta. Ho incontrato Contin e lui mi ha consegnato gran parte del materiale con cui ho scritto questa storia che mi ha emozionato sin da subito». I protagonisti della vicenda sono due fratelli gemelli, Onesto e Santo, innamorati sin da piccoli della stessa ragazza: Celeste. La vita di Onesto, però, è segnata in modo negativo sin dal principio, come racconta Vidotto. «La mamma aveva avuto i gemelli sul finire della Prima Guerra Mondiale. Un giorno li ha portati alla fiera del bestiame a Lagole, un luogo bellissimo a Calalzo di Cadore, dove nel bosco ci sono dei laghetti color smeraldo meravigliosi. Dovendo assentarsi un attimo, chiese a una coppia di giovani di guardare i gemelli. Una volta tornata sul posto, però, sulla stuoia dove stavano i bambini c’era solo Santo. La coppia, si scoprirà poi, non poteva avere figli e, perciò, aveva rapito Onesto. Quando lui compì cinque anni, però, la donna scoprì di aspettare, miracolosamente, un bambino e chiese al marito di riportare Onesto alla vera madre. Questo signore da Padova lo portò a Pozzale di Cadore, gli mise una busta nella cintura e gli disse di andare a bussare alla porta della casa che avevano di fronte. Onesto bussò e gli aprì un bambino identico a lui: era Santo». Da quest’avvenimento in poi inizia la storia dei due fratelli che un giorno, saliti a Damos per rubare dei cavoli cappuccio, videro e si innamorarono di Celeste. Solo che Santo fu più svelto e lo confidò subito al fratello che decise, invece, di tacere quell’amore per sempre. Lo scrisse, però, alle sue montagne e, grazie a quelle lettere e alla passione di Vidotto per le storie del Cadore, oggi questa vicenda d’amore è arrivata sino a noi. «In una delle lettere Onesto scrive che “l’amore si può soltanto dare”. Mi ha commosso profondamente leggere questo suo pensiero. Onesto, nel momento stesso in cui Santo gli rivela il suo sentimento per Celeste, decide di tenersi dentro per sempre l’amore che anche lui provava, perché amare per lui significa anche non compromettere la vita degli altri. È un atteggiamento d’altri tempi su cui, però, dovremmo riflettere».
Manager d’azienda, ora si dedica alla scrittura
Laureato in Economia, ha svolto una lunga attività come manager d’azienda. Oggi si dedica esclusivamente alla scrittura e vive a Tai di Cadore, tra le Dolomiti. Tra i suoi libri Il selvaggio e Signore delle cime (Carabba, 2005-2007). Per l’editrice Minerva Siro (2011), Zoe (2012), Oceano (2014) e Il cervo e il bambino (2020). Per Mondadori Fabro, (2016), Meraviglia (2017).
I nonni
«Sono cresciuto in Cadore con i nonni fino ai cinque anni, godendo dei loro gesti minimi, della loro saggezza antica, delle storie che mi raccontavano. Sono stati sposati 75 anni e l’unico gesto d’affetto che ho visto tra loro è stata una carezza lieve: il dorso della mano di lui a sfiorare la guancia di lei. A un San Valentino, avevo 19 anni, accompagnai il nonno in banca e poi mi fermai dal fiorista suggerendogli di prendere un fiore per la nonna. Era la prima volta. Quando tornammo a casa lei era in cucina, di spalle, e guardava le cime delle montagne. Lui le si avvicinò timido e le porse il fiore. Lei si sorprese, gli disse “stupidino”, tornò con lo sguardo alle montagne e aggiunse: “le mie montagne sei tu”».