I nuovi poveri sono il 15% di chi chiede aiuto alla Caritas Ambrosiana
Presentato il Rapporto sulla povertà nella diocesi di Milano. Nel 2020 sono state 12.461 le persone aiutate. Per molte famiglie la ripresa non c'è ancora stata. E la metà di chi ha chiesto aiuto non riesce ad ottenere il reddito di cittadinanza. “Va riformato per potenziarlo”
Nel 2020 sono state 12.461 le persone che hanno chiesto aiuto a 106 centri di ascolto dell'Arcidiocesi di Milano e a tre servizi diocesani sempre dedicati ai poveri. E solo negli ultimi tre mesi dello scorso anno, all'interno del campione preso in considerazione, sono state 1.625 le persone che non erano mai state incontrate prima, il 15%. Sono i "Nuovi poveri" che non stanno beneficiando della ripresa iniziata grazie alla ripartenza delle attività economiche. È quanto emerge dal Rapporto sulla povertà nella Diocesi di Milano della Caritas Ambrosiana. Uno sguardo su quel che sta succedendo in alcune delle province più ricche della Lombardia, visto che la Diocesi ambrosiana si estende anche sulle province di Varese, Lecco, Monza-Brianza e una parte di quella di Como.
Un rapporto da cui emerge anche che solo la metà delle famiglie che si sono rivolte alla Caritas è riuscita ad ottenere anche il reddito di cittadinanza. Segno che qualcosa non funziona. “Quanto al Reddito di cittadinanza cambiarlo non significa cancellarlo o depotenziarlo come qualcuno vorrebbe, interpretando strumentalmente queste analisi -spiega Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana-. Una misura universalistica di contrasto alla povertà è necessaria tanto più in questo momento di crisi che, purtroppo, per alcuni non sembra affatto destinato a terminare tanto in fretta. Si contrastino, piuttosto, gli abusi e si correggano i limiti che sono emersi nell'applicazione di questo strumento in modo che gli aiuti arrivino a chi ne ha più bisogno”.
Ai centri di ascolto, presenti nelle parrocchie, hanno chiesto aiuto per lo più le donne (56,1%), gli stranieri (57,7%) anche se in misura inferiore rispetto al 2019, l'anno immediatamente precedente all'esplosione del Covid quando erano il 62,7%. Tra gli assistiti il 48,4% non ha un legame stabile, il 61,1% ha una bassa scolarità, il 56,7% è disoccupato ma il 43,3% è povero nonostante abbia un lavoro. La metà (50,5%) chiede beni materiali e servizi, il 17,4% lavoro, il 37,2% sostegno personale.
Tra i "nuovi poveri" rimasti schiacciati sotto le macerie sociali lasciate dal Covid un terzo sono donne sole con figli minorenni a carico. “Da un'analisi delle storie di chi è andato in parrocchia a raccontare la sua situazione si scopre che ancora i lavoratori più colpiti dalla crisi sono quelli che lavoravano nel settore della ristorazione e nell'alberghiero -sottolinea il Rapporto-. Camerieri, lavapiatti, addetti alle pulizie che, con la fine del lockdown, hanno ripreso a lavorare ma a orari ridotti e con una conseguente diminuzione di salario tale da non garantire più livelli di reddito sufficienti. Ci sono anche diverse coppie giovani con figli, che lavorano, ma non riescono col reddito percepito a mantenere la famiglia: hanno perso il lavoro durante la pandemia o hanno avuto una riduzione d'orario, ma non hanno accesso al reddito di cittadinanza e quindi l'unica strada è quella di chiedere aiuto alla chiesa”.
Continuano a rimanere in uno stato di grave bisogno non solo i lavoratori saltuari e irregolari, che galleggiavano aggrappandosi alle opportunità offerte dal variegato mondo dell'economia informale, ma anche lavoratori con contratti regolari, sospesi dal lavoro e che ricevono una cassa integrazione troppo bassa per sostenere i costi della vita. “Per chi è povero non basta l'aiuto dello Stato, quel reddito di cittadinanza che non arriva o che viene sospeso dopo 18 mesi-sottolinea Caritas Ambrosiana-. Quasi la metà dei poveri aiutati (il 48,7%) non ne ha beneficiato, mentre oltre la metà (54%) di tutti coloro che lo hanno ricevuto sostiene che è comunque troppo basso rispetto al costo della vita: 500 euro al mese non bastano nemmeno per fare la spesa a una famiglia con figli”.
Tra gli ultimi ci sono soprattutto gli stranieri e le famiglie più numerose. Tra gli immigrati il 70% non ha potuto chiedere il reddito perché non ha i dieci anni di residenza, che sono il requisito necessario, un dato molto più alto della media nazionale (54.9%). Tra le coppie con figli il 75,8% non ha ricevuto il sussidio, mentre il 10% ha poi trovato un lavoro grazie al sistema delle agenzie che dovrebbero aiutare i beneficiari a reinserirsi con una nuova occupazione.