Con le braccia spalancate sulla città. Le immagini della croce di Viollet-le-Duc che vola sulla Senna fanno il giro del mondo

La croce che era scampata miracolosamente alle fiamme torna nuovamente al suo posto, per spalancare le sue braccia sulla città e vegliare sui suoi abitanti

Con le braccia spalancate sulla città. Le immagini della croce di Viollet-le-Duc che vola sulla Senna fanno il giro del mondo

La cattedrale aveva bisogno di un importante intervento di restauro. Il tempo, gli eventi metereologici e quelli storici – non da ultime la Rivoluzione francese e le sommosse del 1830-31 – l’avevano danneggiata pesantemente. Un ruolo importante nella campagna di sensibilizzazione per il restauro della cattedrale l’aveva avuto Victor Hugo con il suo romanzo “Notre-Dame de Paris”, pubblicato nel 1831. La triste storia di Quasimodo e della sua amata Esmeralda aveva portato molti ad alzare gli occhi, per osservare il celebre edificio gotico costruito nella parte orientale della Île de la Cité e a schierarsi – come era nelle intenzioni di Hugo – a favore dei lavori.

Ha 29 anni, l’architetto Eugène Viollet-le-Duc, quando nel 1843 si vede affidare, insieme al collega Jean-Baptiste-Antoine Lassus, il restauro di Notre-Dame.

Un’impresa tutt’altro che facile, che dalla seconda metà del 1857 – dopo la morte di Lassus – Viollet-le-Duc si trova a portare avanti da solo. Per lui il restauro non è una semplice conservazione, ma la sintesi armoniosa di stili e storia. Notre-Dame doveva essere ricondotta alle originarie caratteristiche medievali, integrando elementi architettonici e artistici di epoche successive. Una linea di pensiero, questa, che aveva provocato non poche polemiche.

È l’ottobre 1857 quando Viollet-le-Duc disegna la nuova fléche, che avrebbe dovuto sostituire quella del XIII secolo, degradata dagli agenti atmosferici e demolita durante la Rivoluzione francese. L’idea era quella costruire una struttura che coniugasse estetica e stabilità massimale. I lavori vengono autorizzati l’8 marzo 1858. La costruzione della nuova guglia, con l’assemblaggio in loco delle varie componenti inizia il 14 febbraio 1859 e si conclude nell’agosto di quello stesso anno. Alta circa 44,50 metri (inclusa la croce), la guglia raggiungeva alla sommità un’altezza di 96 metri ed era costituita da una struttura portante in legno di quercia della Champagne del peso di 500 tonnellate. Poggiava sui quattro pilastri della crociera con un sistema di travi ricostruito ex-novo, analogamente a quello duecentesco. Insieme alla guglia, l’architetto francese progetta anche una croce radiante, chiamata a stendere le sue braccia sulla città di Parigi.

Lunedì 16 aprile 2019, lunedì santo, ore 18.53. Dal sottotetto alla base della flèche – dove erano in corso da qualche settimana dei lavori di restauro – si scatena un imponente incendio. La notizia fa in pochi minuti il giro del mondo. Sono le 19.50 quando il pubblico di televisioni e social media assiste attonito e impotente al crollo in diretta della flèche sbriciolata dalle fiamme. Qualche ora dopo le fiamme divorano anche il tetto. E insieme al tetto, precipita al suolo anche la croce radiante, che Viollet-le-Duc aveva progettato insieme alla flèche. Ammaccata, ma non distrutta. 

Agosto 2023. A Saint-Aubin-des-Bois, in Normandia, la croce che svettava un tempo sul tetto del coro della cattedrale arriva nella fornace di Alexandre Gury, fabbro ferraio titolare di Fer Art Forge, una delle 250 aziende che fin dalla prima ora collaborano nell’impresa di restaurare e ricostruire Notre-Dame in soli 5 anni. Insieme alla croce, piegata dalle fiamme, sono arrivate in Normandia anche tutte le parti che si erano staccate nell’incendio. Mille ore di lavoro certosino sono state necessarie per restituire la croce radiante al suo originario splendore. Venerdì 3 maggio un centinaio di persone l’hanno potuta ammirare in tutta la sua bellezza. “Proprio ieri sera – raccontava Alexandre Gury – stavamo saldando le ultime foglie”.

Installata su una replica del telaio parigino, la croce – che pesa 2 tonnellate, è alta 12 metri e larga quasi 3, ha fatto ritorno a fine maggio, con un convoglio speciale, a Parigi.

“Questa croce sarà visibile da tutta Parigi – ha commentato alla fine del restauro il rettore di Notre-Dame de Pari, mons. Ribadeau Dumas –. Con le sue braccia tese, simboleggia l’accoglienza di tutti”. Parole che non hanno lasciato indifferente l’artigiano normanno che, con i suoi collaboratori, le ha ridato nuova vita.

Venerdì 24 maggio sono in tanti a fermarsi, sulle rive della Senna, per assistere al ritorno della croce radiante in cima all’abside del coro di Notre-Dame. 

Un dolce profumo riempie l’aria. È quello dell’incenso con cui mons. Ribadeau-Dumas benedice la croce. “Benedire significa parlare bene. Desidero benedire questa croce, parlando bene di tutti coloro che hanno lavorato per restituirla al suo splendore. Dio parla bene di questa opera straordinaria – spiega –. Una volta che questa croce sarà sul tetto la Madonna sarà invitata a portare le nostre croci, le nostre difficoltà e i nostri dolori. Questa croce apre le porte alla vita eterna”.

Sollevata da un’enorme gru, l’opera di Viollet-le-Duc con le sue 2 tonnellate sembra danzare leggera sulla città, prima di essere accolta dalle mani esperte di chi, in questi mesi, lavora incessantemente a oltre 40 metri di altezza, per ricostruire il tetto della cattedrale distrutto dalle fiamme. Lei, la croce che era scampata miracolosamente alle fiamme, torna nuovamente al suo posto, per spalancare le sue braccia sulla città e vegliare sui suoi abitanti. 

Quando la croce si infila nella fitta trama tessuta dalle impalcature d’acciaio per tornare a incastrarsi perfettamente sul suo nuovo telaio in legno, la tensione si scioglie. Dall’alto gli operai che hanno lavorato al suo restauro gridano di gioia, mentre dal basso si levano grida e applausi. “È un momento altamente simbolico nella storia del restauro della cattedrale – commenta Philippe Jost, responsabile dell’ente pubblico incaricato del restauro di Notre-Dame –. Porta con sé una forza e un’emozione particolari”.

Le immagini della croce di Viollet-le-Duc che vola sulla Senna fanno il giro del mondo, grazie a tv e social media. Ed è proprio sulla pagina Ig di Rebâtir Notre-Dame de Paris (@rebatirnotredamedeparis) che si può rivivere quella giornata. Una giornata segnata da un altro momento significativo per il restauro della cattedrale. Nel giorno in cui la croce radiante tornava in cima al tetto del coro, gli scalpellini hanno posato l’ultima pietra della volta a crociera. 

“Una giornata simbolica – si legge su Ig – per Notre-Dame de Paris. Questa mattina, nel coro della cattedrale, gli scalpellini hanno posato l’ultima pietra della volta a crociera. Completamente distrutta dall’incendio, la sua ricostruzione ha richiesto 7.000 voussoir (termine con cui si indicano i cunei in pietra con cui si realizzano gli archi), precedentemente tagliati in officina. Questo lavoro ha mobilitato l’esperienza di una cinquantina di scalpellini. Con l’incisione della data di posa, questa ultima pietra segna la fine della ricostruzione delle volte”.

“Più tardi – prosegue la cronaca su Ig – la croce radiante alta 12 metri, progettata da Viollet-le-Duc- è stata rimessa al suo posto in cima alla cornice del coro. Unica parte del tetto del coro ad essere sopravvissuta alle fiamme”.

Nel cantiere di Notre-Dame lavorano ogni giorno circa 500 persone e sono circa 250 le aziende coinvolte nei restauri, che dovrebbero consentire la riapertura della cattedrale il prossimo 8 dicembre.

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Fonte: Sir