Carcere. Bambinisenzasbarre: “Una partita con papà per mantenere e rafforzare il legame tra figli e genitori detenuti”
Tra giugno e luglio si sono organizzati 82 match, in un caso, a Roma, anche in una casa circondariale femminile. “Dopo il Covid – dice la presidente dell’associazione – c’era l’esigenza di apertura, di recuperare le relazioni e anche la fisicità che una partita può regalare”
“Mantenere e rafforzare il legame tra figli e genitori detenuti”: a giugno 2022, con quattro match disputati a luglio, negli istituti penitenziari italiani, è tornata “La partita con papà”, che quest’anno in un caso è stata anche “La partita con mamma”, l’atteso incontro tra papà o mamme detenuti e i loro figli, dopo due anni di sospensione a causa della pandemia. L’iniziativa è organizzata da Bambinisenzasbarre onlus, in collaborazione con il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria. Quest’anno complessivamente sono state 82 le partite organizzate, con l’adesione di 77 istituti distribuiti da Varese a Ragusa. La Lombardia è risultata la regione con il maggior numero di adesioni con 13 istituti: Bergamo, Brescia, Busto Arsizio, Lodi, Mantova, Milano Bollate, Milano Opera, Milano San Vittore, Monza, Pavia (dove si sono giocate 2 partite), Varese, Vigevano e Voghera. A seguire la Sicilia con 11 istituti, la Campania con 10 e la Calabria con 7. Per la prima volta c’è stata l’adesione di una casa circondariale femminile, la “Germana Stefanini” di Roma.
“Quest’anno la partita con papà ha superato le nostre aspettative, abbiamo deciso di riproporla dopo questi due anni così difficili di chiusura del carcere, per la pandemia, e siamo stati premiati perché questa esigenza di apertura, di recuperare le relazioni e anche la fisicità che una partita può regalare, si è tradotta in tantissime partite promosse con tanto entusiasmo”, ci racconta Lia Sacerdote, presidente di Bambinisenzasbarre.
“La partita con papà – chiarisce – è una partita ‘affettiva’ più che sportiva, lo sport in questo caso è al servizio della relazione, il tema è sempre quello: il rapporto genitori-figli e il sostegno alla genitorialità.
Bambinisenzasbarre in questi anni ha avuto uno sviluppo della sua attività e stiamo realizzando un progetto nazionale di applicazione della Carta dei diritti dei figli di genitori detenuti con i partner istituzionali, il Ministero della Giustizia-Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, la Garante nazionale dell’infanzia e adolescenza. La partita con papà è un momento che ci consente di veicolare la questione dei bambini che hanno il papà in carcere e metterlo all’attenzione di tutti, perché la cultura dell’inclusione sia sempre più forte”. La “Carta”, prima nel suo genere in Italia e in Europa, riconosce il diritto dei minorenni alla continuità del legame affettivo con i genitori detenuti e mira a sostenerne il diritto alla genitorialità. Il protocollo prevede che le autorità giudiziarie siano sensibilizzate e invitate ad una serie di azioni a tutela dei diritti dei figli minorenni di persone detenute.
“La possibilità di giocare con il proprio papà o mamma e di condividere questo momento ludico, normale per tutti gli altri bambini, risulta eccezionale per questi bambini e le loro famiglie e rimane a lungo nella loro memoria”, spiega la onlus.
“Queste sono giornate bellissime perché sembra che papà è a casa e posso restare ancora un po’ con lui”, ha detto la figlia di un detenuto.
“Stare con i propri figli è la cosa più bella che esiste. Tutto diventa importante anche solo uno sguardo, un sorriso, una carezza. Quando sono vicino alla mia famiglia mi sento libero”, ha commentato un papà detenuto. Un altro ha ammesso: “Purtroppo non vedevo i miei figli da 28 mesi. E non c’è niente di più bello che giocare con i miei figli. La lontananza dei figli fa male fa molto male e non nascondo che in cella si piange anche”. “È stata una giornata splendida e da quando sono in carcere è la prima volta che vivo un’esperienza del genere. C’è una grande armonia e avere qui i miei figli e mia moglie è importantissimo”, ha affermato un altro detenuto. “Al papà è legatissima e le manca molto. La lontananza è quella che pesa di più. Però ci facciamo forza l’una con l’altra. Oggi siamo stati benissimo”, ha dichiarato una mamma, moglie di un detenuto.
La partita con papà, precisa Sacerdote, si iscrive nell’ambito dell’annuale campagna “Carceri aperte”, declinazione della campagna europea “Non un mio crimine ma una mia condanna” promossa da Cope (Children of Prisoners Europe), rete che riunisce venti associazioni in diciotto Paesi.
La campagna vuole sensibilizzare sul tema dell’inclusione sociale e delle pari opportunità per tutti i bambini e ha l’obiettivo di portare in primo piano il tema dei pregiudizi di cui spesso sono vittime i 100mila bambini in Italia (2,2 milioni in Europa) che hanno il papà o la mamma in carcere e sono emarginati. Questi bambini vivono in silenzio il loro segreto del papà recluso per non essere stigmatizzati ed esclusi.
Bambinisenzasbarre è attiva in rete sul territorio nazionale con il Sistema Spazio Giallo. Opera direttamente in Lombardia (Milano, Voghera, Vigevano, Pavia e Bergamo), in Toscana, Campania e Calabria e supervisiona le attività dei partner in rete a Brescia, Varese e Lodi e in Piemonte, Marche, Puglia e Sicilia. Il Sistema Spazio Giallo comprende fra le varie attività la creazione e la gestione, nelle carceri, dello Spazio Giallo, ideato da Bambinisenzasbarre. È uno spazio relazionale di ascolto e sostegno psicologico alle famiglie e in particolare ai bambini che entrano in carcere quotidianamente per incontrare il genitore, un’interfaccia con funzione di mediazione tra il mondo esterno e il carcere.
“In carcere c’è un grande impegno, una grande volontà di recuperare normalità – osserva la presidente di Bambinisenzasbarre -. Il Covid ha cambiato la nostra vita. In carcere c’è stato il blocco dei colloqui in presenza, sostituiti dalle videotelefonate Skype, ora il ritorno alla normalità ha bisogno di tempo, anche se sta avvenendo con una certa accelerazione.
Per i bambini è fondamentale l’incontro con il genitore detenuto per prendere considerazione la realtà e fare delle scelte diverse.
Per noi protezione dell’infanzia non significa non far entrare in carcere i bambini perché non è un luogo adatto. Con la Carta dei diritti dei figli di genitori detenuti, firmata la prima volta nel 2014 e rinnovata nel dicembre 2021, vogliamo dare visibilità a questi ragazzi. La genitorialità in carcere vuol dire anche lavorare con il genitore detenuto, con la sua responsabilità di raccontare la verità al proprio figlio, di recuperare una fiducia, coinvolge in un accompagnamento sia il genitore detenuto, sia l’altro genitore che sta fuori e ha il peso di portare avanti la famiglia, il lavoro, sia il figlio, è un intervento complesso, sistemico. Ora, è come se dopo la pandemia l’impatto con il carcere riprenda la sua gravità per questi bambini, è una fase da accompagnare”.