Carcere, Vito Minoia: “Non sia luogo di conferma di un destino segnato”
Un successo la quattro giorni romana che ha unificato due edizioni della rassegna nazionale di teatro in carcere “Destini Incrociati”. Il Ministero annuncia il rinnovo del Protocollo d’Intesa triennale
“Il carcere non deve essere un luogo di conferma del destino segnato, fatto di marginalità ed esclusione. Grazie alle sue peculiarità creative e artistico espressive, il linguaggio teatrale diventa uno strumento privilegiato di intervento, fuoriuscendo dagli schemi imposti e individuando forme di conoscenza in grado di far fronte a una vera e propria emergenza educativa”. Commenta così il successo della settima e ottava edizione della Rassegna di teatro in carcere ‘Destini Incrociati’, Vito Minoia, promotore delle iniziative messe in campo nella quattro giorni romana, esperto di teatro educativo inclusivo all’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo. Originali e di alto livello espressivo i sette spettacoli presentati nell’evento promosso in rete da 22 organismi aderenti al Coordinamento Nazionale Teatro in Carcere, con soggetto capofila il Teatro Universitario Aenigma di Urbino.
La rassegna, realizzata con il contributo del Ministero della Cultura, Direzione Generale Spettacolo, ha unito quest’anno, attraverso una iniziativa speciale, due edizioni, recuperando terreno dopo lo stop provocato dalla pandemia.
Le opere, selezionate da una qualificata direzione artistica, hanno portato in scena al Teatro Palladium dell’Università di Roma Tre alcuni testi classici ispirati all’Odissea, “Ulisse o i colori della mente” con la regia di Gianfranco Pedullà, realizzato nel carcere di Gorgona dal Teatro Popolare d’Arte, a Shakespeare con Ramona e Giulietta, delle Donne del Muro Alto del femminile di Rebibbia dirette da Francesca Tricarico, ai racconti di Primo Levi con “I sopravvissuti” dalla Casa Circondariale di Pesaro con la Compagnia Lo Spacco e il Teatro Universitario Aenigma per la regia di Francesco Gigliotti. A Bernard-Marie Koltès con “La svolta” presentato in anteprima nel nuovo spazio scenico dell’istituto penitenziario di Civitavecchia dalla Compagnia ADentro con la regia di Ludovica Andò.
“Sono stati molto apprezzati – racconta Vito Minoia - anche i testi inediti come ‘It’s just a game’, riflessione tragicomica sulla società capitalistica di Robert Da Ponte con la regia di Livia Gionfrida di Teatro Metropopolare, e ‘Questo è il mio regno’, monologo di Cosimo Rega che in chiave autobiografica, grazie alla collaborazione drammaturgica di Valentina Venturini e a quella registica di Fabio Cavalli, riflette su come, da detenuto condannato all’ergastolo, sia stato aiutato nel progressivo percorso di riscatto personale e sociale. Non ultimo, ‘Destinazione non umana’, spettacolo conclusivo, rappresentato allo spazio Rossellini, sulla tragica precarietà e brevità dell’esistenza per la regia di Valentina Esposito con la compagnia costituita da ex detenuti di Fort Apache Cinema Teatro”.
“Scalfite nella memoria degli spettatori - sottolinea il presidente del Coordinamento nazionale teatro in carcere - rimarranno le immagini di Saka, Said, Denis, Aattif, Alban, interpreti dello spettacolo ‘I Sopravvissuti’ in una dimensione di ‘tempo fuori del tempo’ generatrice di microracconti fra i protagonisti che nello scambio di ricordi ritrovano empatia e solidarietà. Una nuova dimensione, quella che lo spettacolo fa scaturire emozionalmente, dove il valore simbolico dei gesti, delle parole, dei corpi, agisce contro il degrado fisico patito e contro il naufragio spirituale degli uomini e delle cose. Sarà la figura di un angelo, interpretato nello spettacolo dal giovane musicista Francesco Scaramuzzino, evocato dall’immaginario degli altri protagonisti, a determinare, in un finale lirico sulle note di un’inarrivabile melodia, un coinvolgente effetto catartico con il quale tutto sembra perdere peso e svanire, come il tentativo di aver voluto evocare quegli stessi ricordi”.
Molto nutrita e seguita anche la Rassegna Video, con le sue 21 opere selezionate e arrivate da istituti penitenziari di tutta Italia. Tra le tante testimonianze di lavoro documentate dalle immagini, si è distinta l’opera “Il piccolo Amleto” di Federico Cruciani sull’esperienza con i minori seguiti a Palermo dall’Ufficio di Servizio sociale per i minorenni e condotta da Claudio Collovà, preziosa figura di artista, intellettuale e regista che ha ottenuto il Premio Internazionale Gramsci per il Teatro in Carcere promosso dalla Rivista Europea “Catarsi Teatri delle diversità” con l’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro, l’International Network Theatre in Prison e l’Associazione Casa Natale Gramsci di Ales. Nella realizzazione scenica, Collovà rielabora criticamente l’opera di Shakespeare con felice intuizione dei ragazzi che ritengono ingiusto un padre che chieda ai figli di proseguire nella logica della vendetta.
“Una sfida importante e a più livelli quella della formazione – prosegue Minoia – Ne abbiamo discusso nel Centro culturale Moby Dick della Regione Lazio durante le tavole rotonde che hanno accompagnato la Rassegna, dove è stato fatto un punto sui primi dieci anni di attività del Coordinamento nazionale, divenuto negli anni Osservatorio privilegiato per l’analisi del fenomeno e già considerato come buona pratica dall’Istituto Internazionale del Teatro dell’Unesco”.
Tra le proposte per sostenere in modo più organico le iniziative di settore, il Ministero della Giustizia ha annunciato il rinnovo del Protocollo d’Intesa triennale per la promozione del teatro in carcere in Italia.