Agricoltura e clima, ciò che non si può digitalizzare. I campi e le stalle subiscono sempre gli effetti degli sbalzi climatici
Caldo oggi, troppa acqua domani. Quella dei condizionamenti climatici nei confronti delle produzioni agricole è storia millenaria.
Caldo e secco. Piante appassite, animali assetati, la terra che si spacca. L’agricoltura e le sue produzioni possono beneficiare delle nuove tecnologie, ma alla fine soffrono come secoli fa del clima avverso. Caldo oggi, troppa acqua domani. Quella dei condizionamenti climatici nei confronti delle produzioni agricole è storia millenaria. Che si ripete anche in queste settimane.
I coltivatori diretti forniscono un dato chiaro: le mucche, per lo stress delle alte temperature, stanno producendo fino al 10% circa di latte in meno rispetto ai periodi normali. Certo, gli allevatori sono già corsi ai ripari. Ogni singolo animale è arrivato a bere con le alte temperature di questi giorni fino a 140 litri di acqua al giorno contro i 70 dei periodi meno caldi. Sempre che l’acqua ci sia. Il problema d’altra parte non è solo di pochi giorni e contingente. Nella catena produttiva agroalimentare che soffre, finiscono, per esempio, anche gli allevamenti che si dedicano alla produzione di latte destinato ad alcuni dei più grandi formaggi italiani Dop, dal Grana Padano al Parmigiano Reggiano.
Il gran caldo, poi, significa non solo meno produzione zootecnica ma anche costi più alti. Così come, per i vegetali, svuol dire necessità di ricorrere in dosi massicce a quelle che i tecnici chiamano “irrigazioni di soccorso”. Spiega Coldiretti: occorre “salvare le colture in campo con i frutti maturi sulle piante che rischiano di essere feriti da colpi di calore e scottature”. E non si tratta di drammatizzazioni ad uso dei media.
Al caldo, dunque, si risponde con l’acqua. Che tuttavia scarseggia. Sempre i coltivatori spiegano che mentre il livello del Po in uno dei punti tradizionali di rilevazione, il Ponte della Becca (Pavia), è sotto di oltre 3 metri rispetto allo zero idrometrico, i maggiori laghi del nord che dissetano la pianura padana sono in affanno e – concludono – in forte deficit da mesi sono anche i bacini del centro-sud. L’Associazione nazionale dei consorzi di bonifica (Anbi), qualche giorno fa ha precisato la situazione. Nelle Marche, per esempio, i bacini hanno perso 1 milione di metri cubi d’acqua in una settimana. Al Sud resta critica la situazione in Sicilia e continuano a diminuire le riserve idriche negli invasi di Puglia dove le riserve di acqua sono scese sotto i 118 milioni di metri cubi (-91 milioni rispetto all’anno scorso) e in Basilicata dove sono rimasti circa 291 milioni (-64,26 milioni rispetto al 2019).
Per questo, ogni volta che può, l’Anbi invoca – con ragione -, una politica delle acque attenta e saggia. Che non può essere inventata e realizzata da un giorno all’altro, ma che deve beneficiare di una capacità di programmazione politica che forse si è persa nel tempo. E che vale non solo quando l’acqua manca. Ancora Coldiretti ricorda quanto l’Italia passi velocemente dalla morsa dell’afa al bastone dei nubifragi e delle inondazioni. Per capire, basta sapere che, stando all’organizzazione agricola, nelle ultime settimane il Paese è stato attraversato da sette eventi estremi in media ogni giorno tra ondate di calore, nubifragi e grandinate che hanno duramente colpito le coltivazioni agricole e, prima ancora, le persone.
Politica saggia, dunque, che deve pianificare interventi anche costosi. Certamente cosa non facile da fare, soprattutto in tempi complessi come questi; ma che seppur timidamente ha iniziato a muovere i primi passi. Si tratta di interventi che, tra l’altro, toccano un settore, come quello agroalimentare, che proprio dal contatto con la natura trae la sua ricchezza principale. E’ necessario quindi continuare, avendo ben chiara una condizione: l’ambiente, il clima, l’acqua, il caldo non si possono digitalizzare.