Un Paese che stenta. La fotografia impietosa dell'Istat sull'Italia che c'è e sull'Italia che verrà
L'Istat ha descritto un'Italia duramente provata dalle conseguenze economico-sociali della pandemia.
Tanto è chiara la diagnosi del Rapporto annuale dell’Istat, tanto appare confusa la situazione politica. L’Istituto di statistica, corroborando con la forza dei numeri una percezione diffusa, ha descritto un’Italia duramente provata dalle conseguenze economico-sociali della pandemia. Un Paese in cui sono aumentate le disuguaglianze (perché non tutti sono stati colpiti allo stesso modo ed è bene sottolinearlo visto che tutti si lamentano e battono cassa), in cui l’occupazione è stata vistosamente erosa e resa ancor più precaria di quanto non fosse già prima del Covid e in cui la dinamica demografica, sotto zero da anni, è destinata a subire un’ulteriore, drastica contrazione.
A livello politico, invece, dopo una gestione dell’emergenza sanitaria tra le migliori in assoluto, dopo una fase di tamponamento economico-sociale indubbiamente robusta anche se non altrettanto brillante per tempestività ed efficacia, non si riesce ancora a imboccare una direzione di marcia convincente per il futuro. Idee e proposte, anche di qualità, non mancano, ma i processi decisionali risultano a dir poco stentati e, anche quando si arriva a una conclusione, non sempre i provvedimenti si rivelano incisivi come dovrebbero.
Il problema, beninteso, non riguarda soltanto il Governo, su cui ovviamente incombe una specifica responsabilità che non può essere elusa. Ma in un sistema parlamentare come il nostro (e tanto più con un Parlamento composto come quello attuale) l’operatività dell’esecutivo è condizionata in modo determinante dal comportamento delle forze politiche, sia quelle di maggioranza che quelle di opposizione. Ebbene, pur senza mettere tutti sullo stesso piano – le differenze ci sono, eccome – la sensazione è che complessivamente le energie del sistema dei partiti siano assorbite dall’obiettivo della tornata elettorale di settembre e che il tema tema tattico prevalente siano le manovre intorno alla sorte del Governo in carica. Se ogni tanto si getta lo sguardo più avanti è per ipotizzare alleanze e percorsi relativi all’elezione del Presidente della Repubblica all’inizio del 2022, più che per elaborare strategie e progetti (realistici) di rilancio per il Paese, in un momento in cui gli aiuti in arrivo dalla Ue aprono possibilità inedite di rinnovamento strutturale.
Eppure non mancano eccezioni a questo andamento così miope. Alla Camera, per esempio, il disegno di legge Del Rio-Lepri sull’introduzione dell’assegno unico per i figli è approdato alla discussione in Aula in un clima di sostanziale collaborazione tra i partiti di entrambi gli schieramenti. Messe per una volta da parte le pregiudiziali ideologiche, sulla concretezza delle questioni è stato possibile almeno per ora un confronto costruttivo e propositivo. E si tratta di una misura-chiave per il Paese anche nell’ottica delle emergenze segnalate dall’Istat. Certo, non basta un segnale per cambiare il segno delle valutazioni sulla situazione politica, ma almeno non si dica che è impossibile un’altra strada rispetto a quella dello scontro e della demagogia.