Sinodo dei Giovani. Qualche filtro per lo sguardo...
Il testo finale del Sinodo dei giovani non è una fotografia sociologica, un elenco della spesa, un corpus giuridico, una sintesi delle 594 relazioni finali. Non è neanche un sole, «piuttosto una torcia per illuminare alcune vie in cui camminare come Chiesa». Ma...
L’11 agosto 1999 nel Regno Unito e in altre parti dell’Europa fu visibile una eclissi di sole. In tanti, desiderosi di assistere allo spettacolo, osservarono senza cautele l’affascinante gioco di luce e ombra. Nella settimana successiva più di duemila persone si recarono all’ospedale per problemi visivi. Di questi accessi la maggior parte erano falsi allarmi, ma in 14 casi risultarono danni gravi alla vista.
Come i telegiornali, le radio e le riviste si danno da fare per ricordare di usare le dovute protezioni in caso di eclisse solare, tento di fare lo stesso, seppur in ritardo, per evitare che qualcosa si bruci nella lettura del testo finale del Sinodo dei giovani.
Le risonanze possibili sono infinite. Non credo ci sia un unico modo giusto di leggere il testo e tantomeno che si possano etichettare le reazioni come corrette o scorrette. Però, come per le eclissi, è bene rendersi conto di ciò che si ha di fronte per non illudersi e non farsi del male.
Il testo finale del Sinodo non è una fotografia sociologica. Può suscitare considerazioni e riflessioni di carattere antropologico e sociologico. Sicuramente il corpus di relazioni raccolte (oltre duemila pagine) sarà oggetto a breve anche di una lettura da questi punti di vista. Però il testo del Sinodo ha una genesi tale da rischiare di essere frainteso se letto con questi occhi.
In altre parole: è azzardato tentare di capire dal testo chi sono e come sono fatti i giovani d’oggi. Ci sono altre letture che lo fanno meglio e con più scientificità.
Il testo finale del Sinodo non è un elenco della spesa. Può suscitare tante emozioni, anche accese, guardare al testo del Sinodo come a una lista di richieste di un giovane inteso come cliente e consumatore, in attesa di un’offerta di prodotti che finora non lo ha soddisfatto. Viene voglia di liquidarlo in fretta un giovane così.
Questo sguardo brucia la retina e la possibilità di relazione. Più che una lista della spesa può assomigliare alla descrizione di alcuni ingredienti di una ricetta che va provata, arricchita, preparata insieme.
Il testo finale del Sinodo non è un corpus giuridico che pretende di normare tutto. Certe cose non sono dette, altre è necessario ampliarle, alcune questioni rimangono sullo sfondo.
Leggerlo con lo sguardo di “doveva esserci tutto, vediamo ciò che manca” rischia di far aumentare la bile, che spesso rende acidi anche i pensieri. Il fatto che qualcosa non compaia può invece innescare qualche ragionamento costruttivo, qualche domanda, qualche tentativo attraverso cui mettersi in gioco.
Il testo finale del Sinodo non è una sintesi. Non è stata costruita con un metodo di analisi per stringere il numero di battute rispetto alle 594 relazioni iniziali. È stato frutto di un lungo percorso di discernimento dove, oltre alla ragione, hanno trovato spazio la preghiera e il dialogo con il Signore. Chi ci ha lavorato può testimoniare che realmente il Signore sta dicendo qualcosa attraverso queste parole. E queste parole possono innescare ulteriore dialogo con il Signore (personale e comunitario) perché sia fatta la sua volontà.
Il testo finale del Sinodo non è il sole, piuttosto è una torcia che illumina alcune vie in cui camminare come Chiesa. Però questa torcia funziona a batterie, e non bastano le Duracell dell’assemblea sinodale, dell’equipe di Pastorale giovanile e del vescovo Claudio per farla funzionare. Servono le batterie di molti altri, altrimenti il buio calerà presto. Il buio di un cassetto chiuso. Con l’augurio di continuare a vedere (e cercare la strada), buona lettura del testo a tutti.
Giorgio Pusceddu
Pastorale Giovanile