Serve una fede inquieta. In questo nostro tempo, dice Francesco, “abbiamo bisogno dello scandalo della fede”

Una riflessione, quella del Papa, che domanda un rinnovato impegno dei cattolici nel sociale e nel politico, dunque, perché Dio “si nasconde negli angoli scuri della nostra vita e della nostra città”

Serve una fede inquieta. In questo nostro tempo, dice Francesco, “abbiamo bisogno dello scandalo della fede”

È a Trieste Papa Francesco, città che ha “la vocazione di far incontrare genti diverse”: perché è un porto, e “si trova all’incrocio tra l’Italia, l’Europa centrale e i Balcani”. Ecco allora la grande sfida per la comunità ecclesiale e per quella civile: essere “scandalo”, ovvero “pietra d’inciampo” e così “saper coniugare l’apertura e la stabilità, l’accoglienza e l’identità”, avendo come cristiani “il Vangelo, che dà senso e speranza alla nostra vita”; e come cittadini “la Costituzione, ‘bussola’ affidabile per il cammino della democrazia”.

Domenica che conclude i lavori della cinquantesima Settimana sociale dei cattolici in Italia, aperti dalle parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il primo appuntamento del Papa è al Centro congressi dove ai partecipanti ricorda che di Trieste ha sentito parlale per la prima volta dal nonno che aveva combattuto sul Piave. Poi entra nel vivo del tema e parla di una democrazia che “non gode di buona salute”, che “non coincide semplicemente con il voto del popolo, ma esige che si creino le condizioni perché tutti si possano esprimere e possano partecipare”; che chiede partecipazione ma questa non si improvvisa, si impara da ragazzi e “va allenata anche al senso critico rispetto alle tentazioni ideologiche e populiste”.

Il Papa celebra, quindi, messa nella piazza Unità d’Italia, e, nella sua riflessione, ricorda che Gesù, tornato nella sua Nazaret, tra la gente che lo ha visto crescere, “non viene riconosciuto, viene addirittura rifiutato”, perché, leggiamo nel Vangelo di Marco, “era per loro motivo di scandalo”, ovvero “una pietra di inciampo, cioè un ostacolo, un impedimento, qualcosa che ti blocca e ti impedisce di andare oltre”.

In questo nostro tempo, dice Francesco, “abbiamo bisogno dello scandalo della fede” e non di una “religiosità chiusa in sé stessa, che alza lo sguardo fino al cielo senza preoccuparsi di quanto succede sulla terra e celebra liturgie nel tempio dimenticandosi però della polvere che scorre sulle nostre strade”. È la Chiesa in uscita, che va nelle periferie dell’esistenza, “che sveglia le coscienze dal torpore, che mette il dito nelle piaghe, nelle piaghe della società – ce ne sono tante –, una fede che suscita domande sul futuro dell’uomo e della storia”. Ancora, abbiamo bisogno “di una fede inquieta, afferma il vescovo di Roma, “abbiamo bisogno di vivere una vita inquieta” e una fede che “aiuta a vincere la mediocrità e l’accidia del cuore, che diventa una spina nella carne di una società spesso anestetizzata e stordita dal consumismo”, il quale, per Francesco, “è una piaga, è un cancro: ti ammala il cuore, ti fa egoista, ti fa guardare solo te stesso”. Una fede, chiede ancora il Papa, “che spiazza i calcoli dell’egoismo umano, che denuncia il male, che punta il dito contro le ingiustizie, che disturba le trame di chi, all’ombra del potere, gioca sulla pelle dei deboli”.

Una riflessione, quella del Papa, che domanda un rinnovato impegno dei cattolici nel sociale e nel politico, dunque, perché Dio “si nasconde negli angoli scuri della nostra vita e della nostra città”, e si svela “proprio nei volti scavati dalla sofferenza e laddove sembra trionfare il degrado”. È un Dio che “si cela nella miseria umana”, si rende “presenza amica proprio nella carne ferita degli ultimi, dei dimenticati, degli scartati”.

Ci scandalizziamo “inutilmente di tante piccole cose” afferma ancora Bergoglio, e non ci scandalizziamo “dinanzi al male che dilaga, alla vita che viene umiliata, alle problematiche del lavoro, alle sofferenze dei migranti”; perché “restiamo apatici e indifferenti alle ingiustizie del mondo? Perché non prendiamo a cuore la situazione dei carcerati” e non guardiamo “le miserie, il dolore, lo scarto di tanta gente nella città? Abbiamo paura di trovare Cristo, lì”.

L’invito di Francesco, continuare a impegnarsi “per diffondere il Vangelo della speranza, specialmente verso coloro che arrivano dalla rotta balcanica e verso tutti coloro che, nel corpo o nello spirito, hanno bisogno di essere incoraggiati e consolati”. E a pregare e operare per la pace “per la martoriata Ucraina, per la Palestina e Israele, per il Sudan, il Myanmar e ogni popolo che soffre per la guerra”.

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Fonte: Sir