Salute mentale, "le comunità terapeutiche non sono luoghi di mera accoglienza"

L'analisi della Federazione Nazionale Strutture Comunitarie Psicoterapeutiche: il rischio di vedere sparire l'intenzionalità terapeutica per luoghi statici di semplice accoglienza. Bencivenga: "Lavorare con le famiglie"

Salute mentale, "le comunità terapeutiche non sono luoghi di mera accoglienza"

"In Italia sulla salute mentale abbiamo assistito ad un impoverimento delle risorse destinate alla parte più clinica del personale e alla componente specializzata in psicoterapia con una sperequazione di figure parainfermieristiche, gli OSS che rappresentano figure più idonee forse per la disabilità fisica".  E' quanto emerge da un'analisi di Claudio Bencivenga, Docente in programmazione e gestione dei Servizi dell'Università di Parma e componente del comitato scientifico di Fenascop, associazione che rappresenta a livello nazionale e regionale le comunità che si occupano di riabilitazione psichiatrica extra ospedaliera per adulti e minori (S.R.T.R.e. - S.R.S.R h 24 e h 12).
"Il pericolo, che in molti casi è già una realtà, è un ritorno ad un approccio alla salute mentale prettamente biomedico, come se non esistesse nelle persone un mondo interno, alla faccia dei tanti studi e ricerche sulla psicoterapia psicodinamica, relazionale , interpersonale. Basterebbe solo avere quel necessario  ottimismo nelle potenzialità rigeneratrici delle relazioni ,qualora opportunamente pensate, e nella capacità dell’ essere umano di poter “riparare” ferite dell'anima anche gravi. In linea con la tendenza di cui si diceva, vi è il fatto che lo psicoterapeuta talvolta non è nemmeno previsto come figura di responsabilità, cosa che invece avviene nel SSN pubblico delle ASL", si legge nel documento.

"Tutto questo genera il rischio di riprodurre meri contenitori, depositi statici, piccole clinichette, in una vecchia logica allocativa, anziché strutture dinamiche, emancipative e trasformative caratterizzate da un'intenzionalità terapeutica. In questi anni continuiamo ad assistere nei giovanissimi ad un aumento di suicidi, fragilità narcisistiche, adozioni fallite, tutti fenomeni nei quali si palesano traumi pregressi, enormi sofferenze legate all'identità di genere, gravi disturbi della personalità".

"Per questi motivi è necessario che nelle strutture residenziali si lavori con le famiglie, attraverso le psicoterapie familiari, anche per prevedere e preparare, soprattutto con gli adolescenti, un reinserimento in famiglia. Il Sistema Sanitario Nazionale, invece, lascia oggi questo compito alla buona volontà delle singole strutture, quelle che ancora ci credono e che resistono strenuamente per non diventare meri luoghi di accoglienza. Quelle che hanno fatto fare il corso da OSS ai loro psicoterapeuti che, non previsti dall'organigramma, vengono pagati con rette che, va ricordato, in alcune regioni, pensiamo ad esempio Lazio dove il valore delle rette è fermo a dieci anni fa, sono del tutto insufficienti", conclude la nota.

COSA È LA FENASCOP

La Fenascop (Federazione Nazionale Strutture Comunitarie Psicoterapeutiche) è un’associazione nazionale di organizzazioni che dal 1995 si occupano di riabilitazione psichiatrica extraospedaliera per adulti e minori. Comprende organizzazioni profit, no profit, associazioni di utenti e familiari. Essendo da tempo presente su tutto il territorio nazionale può dirsi interprete rappresentativo di importanti e qualificate risposte a specifici bisogni di cura, intesa nei termini di terapia, riabilitazione e assistenza. 
Le strutture che fanno capo a FENASCOP sono strutture accreditate gestite da organizzazioni di ragione sociale pubblica o privata (sociale o imprenditoriale) che svolgono un servizio pubblico.
Le Comunità Terapeutiche Psichiatriche e socio riabilitative nascono per permettere che i pazienti con disturbi mentali severi abbiano la possibilità di una vita sociale integrata e non da internati, in strutture dove la malattia si cronicizza, o in contesti familiari, che non riescono a sostenere la complessità della situazione, per mancanza di strumenti economici o/e culturali, finendo per aggiungere emarginazione ad emarginazione.

Le comunità terapeutiche psichiatriche e socio riabilitative, dai tempi di Basaglia ad oggi, sono diventate essenziali, ai fini degli interventi clinici/riabilitativi, con risultati  importanti e facilmente riscontrabili. Basterebbe osservare il percorso di queste persone che, uscite da interventi di emergenza e ricoveri in cliniche, dopo un periodo di vita in strutture residenziali, sono ritornate a prendersi cura di se, a vivere socialmente (studio, lavoro, famiglia, amici), a riavere rapporti sani con le famiglie, anche loro parte di un sistema molto fragile e spesso impotente.
Senza queste strutture il sistema sanitario non sarebbe in grado di reggere, scaricando totalmente i malati sulle famiglie, purtroppo, in molti casi, inesistenti o in grossa difficoltà nella gestione di queste delicate situazioni.
La riabilitazione non si può appoggiare soltanto sulla terapia farmacologica, che manterrebbe il paziente stabile ma non integrato nella realtà in cui vive, ma deve basarsi su un percorso personalizzato che tenga conto di tutto quello che ha favorito la patologia, per poter recuperare competenze sociali, con risultati concreti, di “vita vera”.
Le Comunità Terapeutiche Psichiatriche e socio riabilitative, nonostante le immense difficoltà vissute da queste strutture, oberate da regole e meccanismi che hanno poco a che fare con il trattamento terapeutico, asfissiate dalla scarsità di risorse economiche pubbliche, con tariffe che, nel Lazio, sono ferme da più di dieci anni, hanno sostenuto, concretamente curato, riabilitato migliaia e migliaia di pazienti, insieme alle loro famiglie, producendo risultati incredibili, con reali cambiamenti di vita.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)