Rimettiamo al centro le relazioni umane. Il messaggio del papa per la Quaresima
Il papa nel suo messaggio invita a non lasciar raffreddare il nucleo essenziale e fondamentale del nostro essere, ossia l’amore. E con esso il messaggio di salvezza e di vita della fede.
Per la Quaresima di quest’anno il papa invita i credenti a porre attenzione su uno dei pericoli che possono ostacolare il cammino di maturazione della fede. Non un ostacolo qualsiasi, quanto piuttosto un processo che, se non colto in tempo, può condurre alla cristallizzazione della fede e quindi alla sua morte. Si tratta del raffreddarsi del nucleo essenziale e fondamentale del nostro essere, ossia l’amore. Di fatto, se è vero com’è vero che Dio è amore, si tratterebbe così di ibernare Dio stesso, congelare il suo messaggio di salvezza e di vita. L’immagine eloquente è data dal richiamo a quanto plasticamente Dante Alighieri descrive sullo status infernale di satana: assiso appunto su un trono di ghiaccio, «egli abita nel gelo dell’amore soffocato».
Il titolo del messaggio riprende Matteo 24,12: «Per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti». La nostra carità si raffredda e l’amore viene soffocato da ogni tipo di avidità, a iniziare da quella del denaro; prosegue con il rifiuto di Dio e si tramuta in avversione verso coloro che minacciano le nostre certezze. Sia in termini di azioni concrete, sia, ancor di più, in termini di assenza di una cultura dell'accoglienza, della condivisione e della fraternità.
Nelle nostre ben sorvegliate cittadelle di privilegio, troppo spesso siamo pronti ad attaccare proprio i più piccoli e meno tutelati, tra i quali non possono non essere annoverate tutte quelle persone che sono l’oggetto della campagna “Liberi di partire liberi di restare” sui temi dello sviluppo e delle migrazioni. Con la stessa violenza – denuncia il papa – ci volgiamo anche contro il creato, avvelenando e portando morte in terra, in cielo e nei mari che «devono purtroppo ricoprire i resti di tanti naufraghi delle migrazioni forzate».
Proprio per il fatto che, come prosegue il papa, «l’amore si raffredda anche nelle nostre comunità» attraverso tutte quelle disattenzioni già rimarcate nella Evangelii gaudium (76-109), occorre moltiplicare occasioni di riflessione e confronto sui territori affinché nelle comunità diocesane, anche attraverso l’impegno in questa campagna, cresca la consapevolezza delle storie di chi fugge, si sperimentino percorsi di accoglienza, tutela, promozione e integrazione dei migranti che arrivano tra noi, e non si dimentichi il diritto di ogni persona a vivere nella propria terra. Continuando a lavorare insieme, in spirito di comunione e servizio, per moltiplicare le opportunità di approfondire quanto le opere di carità, raccomandate soprattutto in questo periodo, possano diventare lo stile di vita del cristiano.
Siamo consapevoli che si tratta di una grande sfida, di una svolta prima di tutto culturale nella comprensione dei mali del mondo e delle sue attese di giustizia e di carità. Occorre pertanto rimettere al centro le relazioni tra gli uomini, avendo sempre ben chiaro che la radice dell’amore e quindi della nostra vita è in Dio: «Se a volte la carità sembra spegnersi in tanti cuori, essa non lo è nel cuore di Dio! Egli ci dona sempre nuove occasioni affinché possiamo ricominciare ad amare».
Il papa ci ricorda che la Chiesa, «assieme alla medicina, a volte amara, della verità» – che ci sostiene nell’impegnativo compito della denuncia, ma anche della proposta – per evitare che il nostro cuore si raffreddi, ci offre «il dolce rimedio della preghiera, dell’elemosina e del digiuno». Sempre uniti alla carità. Così il fuoco della Pasqua tornerà a scaldarci i cuori.
Francesco Soddu
direttore Caritas Italiana