Recovery, investire bene. Destinare i fondi europei a sanità e scuola, con lungimiranza
Il pericolo più grande è quello di fare una grande operazione quantitativa, ma non qualitativa.
Ci sono due “indiziati” principali nella destinazione dei fondi del Recovery, con il plauso di (quasi) tutti: la sanità e la scuola. Abbiamo capito quanto siano importanti la formazione e la salute, ci voleva una pandemia globale per svegliarci. Una buona sanità ci salva la pelle e ci garantisce un futuro, una buona formazione ce lo costruisce nel migliore dei modi.
Orbene, il pericolo più grande è ora quello di fare una grande operazione quantitativa, ma non qualitativa. Di “immettere risorse” in modo massiccio ma scriteriato, mentre scuola e ospedali italiani abbisognano di interventi mirati e intelligenti.
La scuola non ha solo bisogno di più insegnanti. Forse non ne ha bisogno proprio di più insegnanti. La demografia ci dice che gli studenti saranno sempre meno, sono più le scuole che chiudono per mancanza di iscrizioni, che quelle che aprono per farvi fronte. Certo, serve… sostenere il sostegno, che è la cenerentola degli organici (e della preparazione specifica). Ma serve soprattutto revisionare un percorso di studi antiquato e non più funzionale alla società del 2050.
Le medie, ad esempio, non funzionano. Le superiori non possono ridursi al solo liceo. Le materie da studiare andrebbero un pochino riviste, con aggiunte e qualche cancellazione. Il collegamento con il mondo del lavoro prima o poi andrà fatto. E altro ancora. Ma la riforma della scuola non è solo un’imbarcata di nuovi assunti.
Lo stesso vale per la sanità. Anzitutto in Italia mancano infermieri, a decine di migliaia: sono vitali per il buon funzionamento del tutto. Poi mancano macchinari di ultima generazione e chi sappia usarli: o continueremo ad avere una sanità all’avanguardia mondiale, a qualche centinaio di chilometri da ospedali che occhieggiano al Terzo mondo.
Prima o poi ci organizzeremo per spendere tutti allo stesso modo per acquistare fialette, camici, medicine, figuriamoci Tac e risonanze magnetiche. E si deve ripensare tutta l’organizzazione a monte: quel “federalismo” che ha trasferito la sanità alle Regioni è fallimentare. Lo vediamo in questi giorni con Regioni che vaccinano a più non posso, e altre che sono in completo affanno.
Quindi più qualità e organizzazione, che quantità. Altrimenti avremo solo più medici e insegnanti che lavoreranno con metodi obsoleti, inefficaci e onerosi.