Pregiudizio…femminile. La “prova costume”, una verifica insidiosa e sotto molti aspetti mortificante del corpo delle donne
La donna chi è e come dovrebbe essere in questo XXI secolo? E soprattutto qual è il suo ruolo all'interno del sistema mediatico e sociale?
L’estate è una stagione difficile, soprattutto per le donne. I media, i testimonial, gli influencer ricordano costantemente che in agguato ad attenderle c’è la famosa “prova bikini”. Non si tratta genericamente della “prova costume”, ma proprio di una verifica insidiosa e sotto molti aspetti mortificante che riguarda in maniera specifica l’universo femminile.
È interessante che rispetto a questa espressione non ci siano state levate di scudi o proteste da parte di chi è tanto attento alle derive sessiste della nostra società. Di fatto la “prova bikini” e la moda estiva, in generale, negli ultimi anni stanno sempre più evidenziando il corpo della donna, la forma fisica, la perfezione delle misure e la prestanza. La bellezza è un must che riguarda tutte le età dalla prima infanzia alla maturità ed è, evidentemente, anche un business.
Essere belli richiede determinazione, applicazione, fatica e anche… denaro. Lo spiegano molto bene gli influencer sui social più noti: occorre un certo tipo di guardaroba con capi di riferimento e cosmetici superperformanti, ovviamente griffati e molto costosi, altrimenti si è belli “soltanto a metà”. Per non parlare poi delle infinite possibilità che la chirurgia estetica offre (anche a rate).
Viviamo quindi in un universo binario, o per meglio dire “bipolare”, dove costantemente si grida allo scandalo sessista, si incoraggia l’emancipazione femminile in tutti i campi, si protesta a gran voce per il fatto che le donne vengano spesso giudicate in maniera inadeguata e poi non si fa che filtrare il benessere e l’affermazione dell’identità di queste ultime per lo più attraverso il corpo.
È un pregiudizio dal quale non si scampa, anche perché sono le donne stesse ad alimentarlo con le proprie insicurezze e fragilità. Le contraddizioni su questo tema hanno un forte riverbero anche sulle giovani generazioni che tentiamo di educare alla parità dei generi e con lo sguardo ambiziosamente rivolto verso orizzonti dove non esistano più discriminazioni e posizioni minoritarie, dove il “gentil sesso” smetta di essere il “sesso debole”.
La scuola si adopera in questo senso, cercando anche dei modelli positivi da proporre e cui potersi ispirare: scienziate, scrittrici, giornaliste, atlete. Donne che hanno fatto una lunga gavetta, senza mollare mai, lavorando con costanza e tenacia sulle proprie capacità e ampliando le proprie conoscenze con ostinazione. Queste figure, però, sembrano dileguarsi al fulmineo e “glitterato” apparire delle professioniste del selfie dall’occhio languido e la linea perfetta.
Dunque la donna chi è e come dovrebbe essere in questo XXI secolo? E soprattutto qual è il suo ruolo all’interno del sistema mediatico e sociale?
Il messaggio non è per niente chiaro. Non lo è per le ragazze, meno che mai pare esserlo per i coetanei maschi. La continua esposizione del corpo femminile contraddice costantemente e stride con il messaggio più profondo, centrato sul rispetto della dignità delle donne e sulle sue preziose capacità. Dove vengono mostrate queste ultime e in quale modo? Su qualche trafiletto di giornale? Nelle cronache che riportano le proteste e le azioni dimostrative di chi osteggia il sessismo?
Senza parlare di quanto sia più seduttiva, soprattutto per gli adolescenti (ma non solo), la bellezza e la sensualità rispetto alla conoscenza, alla professionalità e alla competenza. Ce lo insegna anche la mitologia: il giovinetto Paride scelse Afrodite senza esitazione… In barba a Era e Atena e al loro ingegno.
Dunque, ancora una volta, prima di parlare di parità di generi, noi adulti dobbiamo operare delle scelte di coerenza, che siano congrue ai principì che tentiamo di infondere nelle giovani menti con le quali quotidianamente ci confrontiamo.