Politica internazionale. L’estrema destra si impone in tutto il mondo. I motivi

Partiti sordi e bisogno di sicurezza sarebbero tra le ragioni. Ma c’è chi sostiene che la violenza fascista provenga dal relativismo di sinistra

Politica internazionale. L’estrema destra si impone in tutto il mondo. I motivi

Ormai non si tratta più semplicemente di uno spettro che si aggira per l’Europa, come avverte l’incipit del Manifesto del Partito Comunista, bensì di una realtà che a ogni tornata elettorale diventa sempre più concreta. L’ondata di populismo ed estremismo – che sfiora teorie vicine al fascismo o al nazismo – è oramai entrata nei Parlamenti di quasi tutti i sistemi democratici, come dimostrano le recenti elezioni in Germania. Nonostante la storia ci rammenti le conseguenze di certe derive antidemocratiche, non mancano i pifferai magici pronti a guidarci verso il baratro. Perché si è arrivati a queste forme di estremismo? Alcuni incolpano i politici dei partiti tradizionali, incapaci di ascoltare le reali esigenze dei cittadini e tra queste, prima di tutto, la questione del lavoro. Come ha affermato papa Francesco, gli uomini non desiderano solo sopravvivere grazie a provvidenziali sussidi, ma aspirano a vivere; per realizzare questo obiettivo è però indispensabile accedere a un lavoro libero, giusto e solidale. Tutto questo oggi sta venendo meno e si sente la necessità di trovare un capro espiatorio: gli estremisti sanno con certezza chi sono i colpevoli ed è contro di loro che bisogna scagliarsi. La globalizzazione fondata esclusivamente sullo scambio di merci e ricchezza, nell’intento dei suoi promotori, avrebbe dovuto creare un benessere diffuso; invece, ha dilatato il fossato tra ricchi e poveri. Due Paesi in cui è presente un McDonald’s non entreranno mai in guerra tra loro, poiché lo sviluppo economico e gli interessi commerciali renderebbero il conflitto troppo costoso, teorizzava Thomas Friedman. Basta guardare oltre il nostro giardino per constatare quante volte questa teoria sia stata smentita. Il bisogno di sicurezza potrebbe costituire un ulteriore fattore alla base di questa deriva politica. Secondo alcuni, l’instabilità delle periferie urbane deriverebbe da un’immigrazione incontrollata, capace di riempire le piazze di lupi affamati, pronti ad aggredire le povere pecorelle impegnate nelle loro attività quotidiane. Quando qualcuno promette maggiore sicurezza, anche se chiede di limitare libertà e diritti, riceve un ampio consenso. Accanto a tutti questi e a molti altri, meriterebbe un po’ di attenzione anche un aspetto altrettanto importante, seppur apparentemente astratto: il tema della verità, in particolare quella politica. Nei programmi elettorali, infatti, si discute di teorie, opinioni e promesse, ma raramente si affronta il tema della verità. Esiste davvero una verità politica, o dobbiamo accontentarci di opinioni più o meno fondate? Lo storico e saggista statunitense Timothy Snyder, nel suo testo L’era dei tiranni. Cosa ci ha insegnato il XX secolo?, sostiene che la violenza del fascismo, tipica dell’estrema destra, sia emersa proprio a partire dal relativismo promosso da ideologie di estrema sinistra. I due estremi non solo convergono, ma l’uno genera l’altro. Quando non esiste una verità oggettiva, ma soltanto opinioni, tutto ciò che rimane sono interpretazioni o opinioni. Come sostengono i relativisti più radicali, a partire da Nietzsche, in queste condizioni, cioè dove ognuno sostiene la sua opinione e non c’è nessuna convergenza verso una verità, l’unica legge in grado di imporsi è quella della forza e del denaro. Infatti, oggi la verità, intesa nella sua oggettività, sembra non interessare più a nessuno. Anche la verità scientifica – un tempo considerata incontrovertibile – viene oggi distorta: basti pensare alle discussioni sul Covid 19 o ai dati relativi ai cambiamenti climatici. Ognuno possiede la propria verità, tanto da mettere in discussione la capacità stessa della realtà biologica di definire l’identità individuale. Tutto è opinabile e tutto può essere reinterpretato in funzione delle sensibilità individuali e delle proprie emozioni. Se non vogliamo ripetere gli errori del passato, in cui le verità di alcuni venivano considerate più vere di altre semplicemente perché imposte con la forza (del denaro) e con la violenza è urgente onorare il debito che abbiamo nei confronti della verità. Ciò potrà avvenire solo attraverso il dialogo: la verità esiste nella sua oggettività, ma va ricercata insieme. Solo così potremo avvicinarci a quella verità che costituisce il fondamento delle leggi e delle norme universali che regolano le relazioni tra le persone. Il Parlamento, come dice il nome stesso, dovrebbe essere il luogo in cui si parla, ci si confronta, si dialoga al fine di avvicinarsi il più possibile alla verità politica, a partire da prospettive diverse. Invece, per alcuni, la verità, il bene e il male non hanno un’esistenza autonoma, ma si riducono a vantaggi e svantaggi, rispecchiando le idee dominanti che sminuiscono la verità, conducendo a superficiali consensi e compromessi, dove trionfa la logica della forza (Fratelli tutti, n. 210). Per papa Francesco, esiste una verità che sostiene e fa funzionare la società, ma questa, per essere compresa, richiede tempo. Tale verità non si configura come una sfera perfetta, interamente comprensibile all’istante, bensì come un poliedro dalle molte sfaccettature, che nessuna singola persona o gruppo – per quanto illuminato, potente o ricco – può pretendere di conoscere nella sua completezza e imporre con arroganza. Questa conoscenza è possibile solo attraverso un confronto sincero e fraterno, virtù che sembra scomparsa dalla scena politica di questi ultimi tempi, come abbiamo visto il 28 febbraio nel colloquio alla Casa Bianca tra Trump e Zelensky. La fraternità, ribadisce il papa, non deve trasformarci in individui tutti uguali, come propongono talune correnti culturali, ma dovrebbe piuttosto aiutarci a trovare l’uguaglianza nella diversità, affinché l’altro diventi una ricchezza e non un nemico da dominare o, alla peggio, da eliminare.

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