Perché siamo tutti pazzi per il Giappone. “Be Comics!”, in fiera a Padova il 18 e il 19 marzo
Questo fine settimana in fiera a Padova si riuniscono in migliaia per il festival su fumetti, manga, telefilm, espressione della cultura dell’estremo Oriente
Fumetti, giochi, cultura “pop” dell’Estremo Oriente. Fenomeni enormi, per lo più ignorati dai media generalisti, che sono però capaci di muovere centinaia di milioni di euro in termini di fatturato ma, soprattutto, che sono in grado di influenzare l’immaginario più profondo di una buona fetta di adolescenti, giovani e giovani adulti del nostro Paese.
A Padova torna “Be Comics”
Varrebbe la pena solo per questo fare un salto, sabato 18 e domenica 19 marzo, ai padiglioni 7 e 78 della Fiera di Padova per l’edizione 2023 di “Be Comics!”, un festival che riunisce ogni anno migliaia e migliaia di appassionati. Per due giorni andranno in scena due spettacoli: quello messo in scena da espositori, presentatori e artisti e quello – parallelo ma non meno importante – messo in atto dai visitatori stessi, impegnati ad immergersi in pile di fumetti e di manga, a discutere sull’ultimo anime giapponese o telefilm coreano, a travestirsi, come cosplayer, per incarnare su di sé l’immagine dei personaggi di questi mondi immaginifici. Il tema di quest’anno, “East of West, West of East”, è una celebrazione – così la spiega il direttore artistico Fabrizio Savorani – «del legame con l’Oriente della Regione Italiana che storicamente e culturalmente gli è da sempre più vicina». “Be Comics!”, che diventa anche “BeManga! BeGames! BeCosplay! BePop!”, non è solo una celebrazione di questo immaginario, ma anche un’occasione di lettura culturale dello stesso, con alcuni momenti di approfondimento con esperti. Tentativi di comprendere, insomma, come l’Estremo Oriente sia riuscito, negli ultimi decenni, a intaccare con il suo fascino la predominanza culturale americana.
Breccia nipponica nella cultura made in Usa
«Credo che la fascinazione della cultura pop giapponese o coreana oggi risieda molto nel fatto che i genitori dei ragazzi di oggi siano cresciuti a pane e Goldrake, o Lady Oscar... – aggiunge Savorani – Le generazioni passate hanno dovuto “lottare” con i propri genitori per poter accedere ad un fenomeno importato che non era compreso, all’interno di un tessuto culturale egemonizzato da valori e stilemi occidentali di provenienza Usa. Oggi i 40-50enni sono perfettamente a loro agio con i propri figli» nel fruire di questi prodotti culturali, assimilandone anche i valori: «Da sempre manga e anime arrivano al cuore, raccontano di relazioni profonde tra persone, di empatia con l’ambiente naturale, di rispetto per l’altro, di valori etici, di condivisione e amicizia anche quando il soggetto delle storie è un eroe con super poteri o una maghetta con treccine colorate».
Tra gli ospiti del “Be Comics!” c’è Silvio Franceschinelli, anima della scuola Il Mulino di Legnaro, un Istituto linguistico e culturale ponte tra Oriente e Occidente: «Le attrattive che hanno portato fasce sempre più ampie del
pubblico italiano ad appassionarsi a culture così lontane come quella giapponese e coreana sono di vario tipo. Si va dal valore profondo delle culture tradizionali, come la cerimonia del tè giapponese, l’abito tradizionale coreano, l’ikebana e le arti marziali orientali, ma anche e soprattutto la fantasia creativa della cultura pop. Quel che è cambiato rispetto agli anni Settanta e Ottanta non sono tanto i contenuti quanto le modalità di fruizione: oggi basta cercare sul telefonino e
abbiamo tutta la produzione culturale dell’Estremo Oriente a portata di dita, occhi e orecchie». Se anime e manga hanno successo è però merito «dell’alta qualità dei prodotti tanto quanto dei sentimenti umani che valicano ogni confine culturale. La voracità del pubblico ha fatto poi sì che molti vogliano approfondire quel che vedono e ascoltano, e inizino a studiare giapponese o coreano per vedere i propri contenuti preferiti in lingua originale».
Tradizione e modernità, arti antiche e pop
«L’immaginario giapponese e quello italiano sono molto diversi, e forse per questo l’uno è innamorato dell’altro – spiega Yoshie Nishioka, nativa di Osaka e che insegna appunto giapponese all’Università Ca’ Foscari di Venezia e a Il Mulino di Legnaro – i miei studenti italiani sono quasi sempre spinti a studiare la lingua per amore della cultura giapponese in tutte le sue forme. Del Giappone piace l’idea di precisione, puntualità, pulizia degli ambienti pubblici, cose che un po’ mancano a noi giapponesi che veniamo in Italia. Ai giapponesi invece piace la spontaneità e creatività degli italiani, l’esprimersi senza filtri. Penso che queste due popolazioni possano imparare molto l’una dall’altra e arricchirsi a vicenda. Il mito giapponese sta forse nell’idea di una perfetta congiunzione tra tradizione e modernità, tra arti antiche e arti pop».