Pastorale universitaria. I collegi cattolici padovani: oltre ogni piattaforma
A Padova ci sono 25 strutture, tra femminili e maschili, per un totale di 1.550 posti letto. Due strutture, purtroppo, hanno appena chiuso i battenti. I collegi cattolici padovani si propongono, ancora più in questo anno “del Covid” – in cui la didattica è stata, e sarà, mista: in presenza e on line – come opportunità per coltivare relazioni significative. In sicurezza, certo. Sono quattro le parole che definiscono oggi uno studentato cattolico: accoglienza, persona, comunità ed educazione
Settembre: tempo di tornare nelle aule universitarie e nei laboratori o ci saranno ancora lezioni ed esami on line? Mentre sul prossimo anno accademico ci sono ancora molti dubbi, una cosa però è certa: i collegi cattolici continueranno ad accogliere gli studenti che sceglieranno Padova per i loro studi universitari.
È questo il messaggio che viene dai direttori degli istituti della città, riuniti nelle scorse settimane per programmare insieme un anno che non sarà certamente semplice da gestire. “Il collegio: meglio di qualsiasi piattaforma” è lo slogan scelto: «Ci proponiamo non solo come soluzione abitativa ma anche come opportunità di crescita» spiega don Roberto Ravazzolo, delegato vescovile per la pastorale universitaria, coordinatore dei collegi cattolici cittadini e direttore del Centro universitario.
Sulla riapertura grava innanzitutto l’insicurezza dovuta al Coronavirus: «Continueremo a garantire i migliori standard di sicurezza: finora non abbiamo avuto un solo caso di positività al virus. Merito anche delle condizioni igienico-sanitarie che riusciamo a garantire: un gesto di responsabilità verso gli altri ma anche rispetto a se stessi – continua don Ravazzolo – Al di là di tutto, però, vogliamo continuare a insistere anche sull’importanza dell’incontro, della socialità e dell’interazione: nei collegi si sta in sicurezza, ma si coltivano anche relazioni importanti, che costituiscono l’essenza della vita universitaria».
I collegi – femminili e maschili – sono una presenza fondamentale in città, con 25 strutture per un totale di 1.550 posti letto, molte delle quali due anni fa hanno stretto una convenzione con l’Università per accogliere gli studenti stranieri: un contributo particolarmente prezioso per un ateneo che vuole mantenere un’attrattiva anche a livello internazionale. Molte le eccellenze ma ci sono anche criticità: hanno appena chiuso i battenti due collegi femminili, il Canossa e il Sacro Cuore, 180 posti persi. A mancare non è la domanda, piuttosto la crisi delle vocazioni costringe sempre più le congregazioni religiose a concentrarsi su obiettivi di servizio pastorale più legati alla specificità del loro carisma.
Anche per gli studentati cattolici l’anno appena concluso è stato caratterizzato dal lockdown, «che però ci ha fatto capire l’importanza della socialità – sottolinea don Ravazzolo – Il digitale è prezioso e continueremo a usarlo, ma non può rimpiazzare la relazione diretta: una persona attraverso un display è piatta, incontrata fisicamente è un essere a 360 gradi».
Ma... com’è stata la vita nei collegi in questi ultimi mesi? «Gli edifici sono stati sicuramente più vuoti: molti ragazzi partiti per le vacanze di carnevale sono stati bloccati a casa. Chi però è rimasto ha potuto condurre una vita comune vivace ed effervescente; i problemi non sono mancati, ma tra i giovani sono anche scattate belle sinergie». La pandemia è stata infatti anche un’occasione per organizzare insieme momenti di svago, riflessione e a volte anche di preghiera; persino una conferenza on line e un dibattito sono stati strumenti preziosi contro noia e solitudine: «È stato bello anche il semplice stare insieme, al di là degli impegni che a volte rendono frenetica la vita universitaria».
Uno studentato cattolico, oggi, è «innanzitutto una soluzione che offre servizi di qualità a un prezzo sostenibile; non può però essere solo quello: cerchiamo di creare le condizioni perché i ragazzi stiano bene ma si pongano anche le grandi domande della vita, si chiedano che tipo di uomo o di donna vogliono diventare. Anche questo fa la differenza rispetto alle altre strutture ricettive e alla vita negli appartamenti».
Per questo oggi più che mai l’offerta di residenzialità universitaria riparte da quattro parole: accoglienza, persona, comunità ed educazione. «Accoglienza che è anzitutto nostra, ma anche quella alla quale educhiamo i ragazzi, in un tempo in cui degli altri si ha particolarmente paura – spiega ancora don Roberto – Il secondo concetto è quello di persona: si potrebbe pensare che vivere in collegio comprima in qualche maniera la propria libertà, mentre è un luogo in cui far emergere appieno la propria personalità. Tutte le nostre strutture hanno corsi e possibilità formative, concepite anche per consentire a chi è dotato di dare di più e a chi è un passo indietro di recuperare. Tenendo conto che anche l’eccellenza dei singoli nel giusto contesto può essere in qualche modo amplificata e trasmessa agli altri».
Terza parola è comunità «che cresce e si consolida attraverso le attività culturali, ricreative e sportive, oltre che alle proposte di tutoring – conclude don Ravazzolo – Infine c’è l’educazione, nel senso che il collegio deve essere l’occasione per una formazione integrale, non solo intellettuale della persona, e allo stesso tempo inclusiva, aperta non solo ai credenti e ai cristiani». Un modo diverso e stimolante di vivere gli anni dell’università.
Coronavirus: distanziamento e monitoraggio
Distanziamento e monitoraggio: sono stati questi gli strumenti che hanno permesso ai collegi di passare indenni la crisi del Coronavirus, e finora negli istituti padovani non è stato registrato un solo caso di positività.