Oltre un milione i nati in Italia, "urgente riconoscere la cittadinanza"
Anticipazione del Dossier statistico immigrazione 2019, curato da Idos in partenariato con “Confronti”, che sarà presentato il 24 ottobre. All’inizio del 2018 in Italia vivevano oltre 1,3 milioni di minori stranieri “di seconda generazione”, il 75% nato nel paese
ROMA - All’inizio del 2018 in Italia vivevano oltre 1,3 milioni di minori stranieri cosiddetti “di seconda generazione”, dei quali il 75% nato nel paese e i restanti giunti in tenera età. Lo rivelano le anticipazioni del Dossier Statistico Immigrazione 2019, diffuse oggi, che stima il numero complessivo dei soli nati in Italia in oltre 1 milione (quasi il doppio rispetto al 2011). Curato da Idos in partenariato con “Confronti” e con il sostegno dell’8XMille della Tavola Valdese, che sarà presentato e distribuito gratuitamente al pubblico il prossimo 24 ottobre a Roma e in tutte le regioni e le province autonome d’Italia.Secondo gli osservatori nell'anno scolastico 2017/2018 quasi i due terzi dei circa 842 mila alunni stranieri che hanno frequentato le scuole italiane (il 9,7% del totale degli scolari) oltre 541 mila sono nati in Italia. È significativo che l’incidenza dei nati in Italia tra gli alunni stranieri conosca i livelli più alti nelle scuole dell’infanzia (84,4%) e nelle primarie (75,2%), come pure tra i cinesi (82,3%), i marocchini (76%), gli albanesi (76%) e i filippini (67%), affermandosi come l’unica componente scolastica in crescita costante (+28% negli ultimi 4 anni e +5,7% solo nell’ultimo anno).
"Nati in Italia o meno, - si legge nelle anticipazioni del Dossier - i giovani di “seconda generazione” sono cresciuti, hanno socializzato e si sono formati nel nostro paese, di cui si sentono parte, sebbene abbiano la cittadinanza di un paese diverso e sovente lontano, nel quale spesso non sono mai stati o che hanno visitato solo in qualche breve vacanza, la cui lingua conoscono a volte in modo approssimativo e di cui hanno per lo più una conoscenza indiretta, attraverso i racconti e le foto dei genitori.Del loro radicamento nella società italiana, cui sempre più spesso rivendicano l’appartenenza, come pure delle forme di esclusione che la normativa vigente può indurre, dà prova esemplare il mondo dello sport, che racconta da un lato dei successi “nazionali” di alcuni e, dall’altro, dell’impossibilità a gareggiare sotto gli stessi colori di altri"..
In Italia vivono ormai anche figli di immigrati quarantenni, sottolinea il Dossier, che hanno a loro volta figli: è ai primi che si rivolge preminentemente il ddl in esame in Parlamento. "Ancora una volta la ripresa dell’iter legislativo, avviato formalmente il 3 ottobre dalla Commissione Affari Costituzionali, ha innescato un dibattito segnato da contrapposizioni ideologiche e strascichi polemici, spesso alimentati da un confuso inquadramento delle questioni". Al di là del dettaglio delle bozze presentate, "resta ferma l’intenzione di legare la cittadinanza al percorso scolastico (ovvero alla positiva conclusione di un ciclo di studi nel nostro paese), secondo le linee dello ius culturae, mentre è improbabile l’ipotesi di introdurre uno ius soli temperato (che, per l’acquisizione della cittadinanza, prevede, oltre alla nascita in Italia, anche la residenza stabile, prolungata e certificata dei genitori sul territorio nazionale)", precisa.
“È urgente riconoscere la cittadinanza italiana a questi giovani, perché sono parte integrante del presente, e non solo del futuro del nostro Paese − sostiene Claudio Paravati, direttore del Centro Studi e Rivista Confronti −; solo così potranno ridursi quei cortocircuiti identitari che ostacolano il percorso di crescita e integrazione nella società”.“L’incapacità di riformare, in 27 anni dal suo varo, una legge sulla cittadinanza già nata anacronistica, che agevola l’acquisizione per chi, pur volendo restare all’estero, vanta ascendenze di sangue addirittura precedenti all’Unità d’Italia e la sbarra a persone nate e insediate in Italia giunte già alle terze generazioni, può finalmente risolversi ora − afferma Luca Di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche IDOS − a condizione che una visione realistica comune prevalga su sterili prese di posizione ideologiche”.