Non esistono “bugie buone”. Si possono giustificare le bugie a fin di bene?

In situazioni difficili, Agostino suggerisce l'uso del silenzio o di risposte ambigue, ma senza mai dire il falso

Non esistono “bugie buone”. Si possono giustificare le bugie a fin di bene?

Nella teologia cattolica, la questione delle bugie a fin di bene è complessa e radicata in una visione morale rigorosa della verità. La posizione tradizionale della Chiesa è che mentire è intrinsecamente peccaminoso, anche se lo si fa con l’intenzione di ottenere un bene o evitare un male. Nella dottrina cattolica, una bugia è definita come “dire deliberatamente il falso con l’intento di ingannare”. Questo atto è considerato contrario alla virtù della veracità, che è una componente della giustizia. Il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) affronta la questione della menzogna nei numeri 2482-2486. La menzogna è vista come un atto intrinsecamente disordinato perché distorce la verità, che è una riflessione della natura di Dio. Il Catechismo (CCC 2485) afferma che “una menzogna consiste nel dire il falso con l’intenzione di ingannare il prossimo” e (CCC 2486) precisa che la menzogna è una mancanza di rispetto per il prossimo e un’offesa alla giustizia e alla carità. La Chiesa tradizionalmente insegna che il fine non giustifica mai i mezzi. Anche se si mente per proteggere una persona o per ottenere un bene maggiore, il mentire rimane moralmente inaccettabile. Alcuni teologi hanno discusso situazioni estreme (come mentire per salvare una vita) e, pur riconoscendo la grave difficoltà morale, la maggior parte ritiene che anche in tali casi, mentire non sia moralmente giustificabile. Tuttavia, si possono usare altre forme di riservatezza o mezzi indiretti per evitare di mentire, come l’uso della restrizione mentale (ossia, non dire tutta la verità ma senza mentire). Per la Chiesa non esistono eccezioni alla regola secondo cui la menzogna è moralmente errata. Anche i fini apparentemente buoni non possono rendere lecito un atto intrinsecamente cattivo. In alcuni casi, il principio del doppio effetto può essere applicato per giustificare un’azione che ha conseguenze non volute, ma ciò non si applica alla menzogna, poiché essa richiede l’intenzione deliberata di ingannare. Nella teologia cattolica, le bugie a fin di bene non sono ammesse. La verità è considerata un valore assoluto e la menzogna è intrinsecamente sbagliata, anche se motivata da buone intenzioni. Tuttavia, la Chiesa riconosce la complessità di certe situazioni. Sant’Agostino riconosce che ci sono situazioni in cui dire la verità potrebbe portare a conseguenze gravi o dannose. Tuttavia, egli insiste sul fatto che mentire non è la soluzione giusta. La sua argomentazione è che non si può commettere un male per ottenere un bene, perché ciò corrompe l’intenzione morale. In situazioni difficili, Agostino suggerisce l’uso del silenzio o di risposte ambigue, ma senza mai dire il falso. Un esempio frequentemente discusso è quello di mentire per salvare una vita. Anche in tali casi estremi, Sant’Agostino mantiene il principio che dire il falso è sbagliato. Egli argomenta che Dio, essendo la somma bontà e verità, non richiede che si commetta un peccato per evitare un male; piuttosto, si deve confidare nella provvidenza divina.

Paolo Morocutti

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Fonte: Sir