Mattarella e Segre, coscienza del Paese. I giovani hanno bisogno di maturare coscienza morale e senso di appartenenza per poter rifondare il Paese
Il Paese in cerca di saggezza l’ha trovata nello sguardo di due grandi anziani che custodiscono la lezione di un passato difficile e sofferto e che hanno conosciuto il sacrificio.
I fatti che hanno segnato le ultime settimane possono offrire importanti spunti di riflessione ai nostri giovani, ma soprattutto dovrebbero trasformarsi in preziosa sollecitazione per chi si occupa di educazione.
Le trattative che hanno portato all’elezione del presidente della Repubblica, le iniziative legate alla Giornata della Memoria, le proteste degli studenti sfociate a Milano e Torino in scontro con le Forze dell’Ordine sono eventi che mettono in preoccupante evidenza lo stato di confusione e difficoltà in cui versa il nostro Paese. L’esplosione dei contagi ha poi fatto da cornice, esasperando le ormai cronicizzate criticità della politica. Ma soprattutto la pandemia Covid-19 impattando violentemente con la nostra quotidianità, ha contribuito a lacerare il velo di Maya rendendo urgenti alcune risposte troppo a lungo procrastinate.
Lo scenario politico appare deludente e inadeguato alle esigenze del Paese, questo assunto dovrebbe spingerci a inserire nei percorsi educativi una formazione più attenta all’etica e alla politica. L’unica via di salvezza è investire nelle future generazioni. Impedire che il senso di sfiducia dilagante si trasformi in rinuncia: i giovani hanno bisogno di maturare coscienza morale e senso di appartenenza per poter rifondare il nostro Paese.
Sui banchi di scuola o nei centri di aggregazione giovanile potrebbe tornare utile la lezione di Plutarco, autore greco dalle controverse fortune. Nelle sue opere, in particolare nei “Moralia”, è possibile rintracciare osservazioni, consigli e massime nate dall’osservazione dell’operato di uomini impegnati nella cura degli affari pubblici del tempo. Plutarco ricorda a noi uomini del futuro che la felicità è fondata sul “bene operare” e che è necessario sgombrare il terreno da equivoci, perché “nulla in natura è più orgoglioso, scostante e ingovernabile di un uomo che presuma di possedere la felicità”.
Quanta “felicità presunta” viene propinata attraverso i media e le tecnologie ai nostri figli? Quante vacue illusioni?
Oltre a Plutarco, il mondo classico così poco frequentato negli ultimi anni, offre altri validi modelli. La società ipertecnologica ha un gran bisogno di ricorrervi, perché la scienza senza il pensiero e senza l’etica non è in condizione di generare cultura.
Anche della storia i nostri giovani hanno grande necessità, più che delle giornate commemorative che senza l’approfondimento e l’analisi diventano un vuoto rituale che si ripete in maniera poco incisiva, finendo persino con l’essere strumentalizzate o rischiando di capovolgere il loro stesso messaggio.
Ciò che ci precede non è antico, ma essenziale. Il passato è tradizione e scoperta, linfa vitale per chi intende abitare il futuro con coscienza e sentimento del tempo. Fondamentale mappa per l’essere umano.
Proprio in occasione delle votazioni al Quirinale una testimone della Shoah, Liliana Segre, senatrice a vita della nostra Repubblica, si è distinta per dedizione e rigore nei confronti delle istituzioni, nonostante il peso degli anni. Tra gli scranni del Parlamento spiccava la sua testa bianca come quella del presidente Mattarella, poi nuovamente eletto.
Il Paese in cerca di saggezza – anche questo sostantivo è tornato in auge nella circostanza – l’ha trovata nello sguardo di due grandi anziani che custodiscono la lezione di un passato difficile e sofferto e che hanno conosciuto il sacrificio.
Non c’era saggezza, invece, nelle immagini che ci hanno mostrato i tafferugli di Milano e Torino dove la protesta giovanile è diventata scontro, contrapposizione. Anche questi spiacevoli episodi devono stimolare la riflessione, come pure le proteste messe in atto in diverse scuole superiori nelle settimane passate.
I ragazzi esprimono inquietudine, ma il messaggio che arriva è confuso e contraddittorio. Manca una adeguata riflessione, mancano ancora gli strumenti.
Gli educatori hanno molto lavoro da fare.