Lunedì della Missione. Il confronto tra suor Alicia Vacas Moro e padre Paolo Bizzeti. La pace è sempre in bilico, ma vivere insieme è possibile

Ai Lunedì della missione le voci di suor Alicia Vacas Moro e padre Paolo Bizzeti

Lunedì della Missione. Il confronto tra suor Alicia Vacas Moro e padre Paolo Bizzeti. La pace è sempre in bilico, ma vivere insieme è possibile

Abitano luoghi in cui «oggi i presupposti per una strada di pace non ci sono, manca la volontà politica». Regioni attraversate da confini dove la «terza guerra mondiale a pezzi», per citare papa Francesco, è evidente in una miriade di «guerre locali nelle quali tuttavia sono coinvolti tutti, dall’Unione Europea agli Stati Uniti, dalla Cina alla Russia, potenze che si barcamenano tra opportunismo e tentativi di mediazione più o meno riusciti, sempre alla ricerca di nuove aree di potere». Suor Alicia Vacas Moro, superiora provinciale delle Comboniane in Medio Oriente, e mons. Paolo Bizzeti, vicario apostolico in Anatolia, hanno dato vita il 17 ottobre al primo appuntamento dei Lunedì della missione 2022-23 sul tema “Di me sarete testimoni (At 1,8), che da quest’anno, oltre ai Centri missionari di Padova e Vicenza, ai missionari Comboniani e Salesiani e a Medici con l’Africa Cuamm, vedono coinvolti per la prima volta anche i Centri missionari della Diocesi di Treviso e dell’arcidiocesi di Trento. Le parole dei due religiosi raggiungono parrocchie e cristiani del Triveneto da un Medio Oriente che rappresenta in tutto e per tutto una realtà altra, diversa, a cui le comunità cristiane di casa nostra hanno molto da offrire, ma anche molto da imparare.

Nessuna ingenuità, spazio alla speranza

Suor Alicia vive a Betania, appena fuori Gerusalemme, dove le missionarie Comboniane hanno una missione da oltre 50 anni. «Il presupposto per la pace è la fine dell’occupazione» racconta, e il riferimento è all’aumento continuo delle colonie israeliane nei territori palestinesi e al muro costruito nei primi anni Duemila che, alto otto metri in cemento armato, lambisce anche la loro casa. «I rappresentanti politici, anche recentemente, hanno parlato della strategia di due stati per due popolo, ma chi abita il territorio comprende immediatamente che questa non è possibile. In questo momento c’è un popolo che ne opprime un altro, c’è una situazione di apartheid e di sopruso quotidiano. Più che percorsi di pace, da un momento all’altro può sempre scoppiare la violenza». In Turchia la situazione è la stessa che in Palestina, ma su scala molto più grande, con il blocco Nato, la Russia, l’Iran e la Siria ai confini. «Le due Guerre del Golfo sono gli eventi che hanno causato maggior danno, mettendo fine alla lotta allora in atto per trovare un nuovo assetto pacifico per la regione e rompendo di nuovo gli equilibri – commenta il vescovo Bizzeti – In questo contesto, come cristiani credo che dobbiamo abbandonare certe visioni ingenue e miracolistiche per costruire la pace e coltivare la speranza. La speranza cristiana ha due orizzonti: uno grandissimo che ha a che fare con le sorti del mondo e questo la lasciamo a Dio; l’altro, molto più piccolo, si gioca nel quotidiano e questo è doveroso».

Vivere insieme è possibile

Si tratta dunque di partire dai piccoli passi possibili, micro-realizzazioni che dimostrano che il Vangelo non solo non è utopico, ma anzi è l’unica strada percorribile. «A Betania, la nostra scelta è sempre stata quella di abbracciare la realtà nella quale siamo immerse. Non abbiamo risposte. Condividiamo la vita della nostra gente e in questa situazione cerchiamo di essere noi stesse e la nostra comunità spazio di incontro e di dialogo. Il quartiere in cui viviamo è per lo più arabo e musulmano, la comunità cristiana, piccola da sempre, oggi è minima, i cristiani sono partiti proprio per l’oppressione in atto». Questo per i cristiani è il tempo di costruire ponti, riprende mons. Paolo Bizzeti, «dobbiamo essere molto con i piedi per terra, essere contenti di portare una visita, di scrivere una lettera, di raccogliere una testimonianza di farla conoscere. Nulla di tutto questo è scontato: anche tra i milioni di rifugiati che abitano le nostre terre, e che sono per lo più cristiani, il dialogo non è semplice. Il dogma ora è mostrare che vivere insieme è possibile, sostenendo chi opera secondo il Vangelo, anche tra atei o persone di altre fedi, anche correndo il rischio di essere emarginati. Per due secoli il cristianesimo è andato a rimorchio delle grandi potenze: in passato ha fatto comodo, ma ha anche prodotto gravi danni».

Tornare al Vangelo

«L’esperienza di minoranza che facciamo come cristiani in Medio Oriente ha molto da insegnarci in Occidente – conclude suor Alicia Vacas Moro – A volte viviamo il nostro diventare minoranza o come se non stesse accadendo o con paura, come se fosse una punizione. Per me invece è una grazia, l’occasione per tornare al Vangelo, liberati da strutture di potere e dinamiche politiche ed economiche che nel tempo si sono mescolate con l’esperienza della comunità cristiana.

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