Lo sbarco dei politici su TikTok. Questo tipo di comunicazione avvicina di più la politica ai giovani o ne svende l’immagine?
TikTok, che ha un target di riferimento per l’80% circa costituito da giovani e giovanissimi, è uno strano social.
Pur di strappare qualche giovane elettore dalla piaga dell’astensionismo e riuscire a persuaderlo della validità del proprio programma, molti ardimentosi politici si sono gettati nella mischia di TikTok e hanno iniziato a caricare sulla piattaforma short video e Reel mettendoci la faccia, nel vero senso della parola.
Di fatto è stato come scendere nella fossa dei leoni, perché la risposta della community è stata immediata e forse non esattamente rispondente alle aspettative.
TikTok, che ha un target di riferimento per l’80% circa costituito da giovani e giovanissimi, è uno strano social. Gli utenti e i cosiddetti tiktoker creano e seguono “tendenze”. Il motore della piattaforma è l’intrattenimento nelle sue forme più disparate con due comuni denominatori: la vacuità e il sottofondo musicale. Le immagini soccombono facilmente alla rapidità del polpastrello che le anima (o le disanima), pertanto il messaggio che veicolano deve essere molto incisivo, molto accattivante, o molto trash.
Il motivo per cui i politici ne tentano l’onboarding, ovvero l’imbarco, è piuttosto evidente: a marzo di quest’anno gli utenti mensili di TikTok nel nostro Paese si sono attestati a circa 14,8 milioni. Secondo il “Brand Finance Global 500 2022”, triplicando il proprio valore nell’ultimo anno, TikTok è stato nominato il marchio in più rapida crescita al mondo. La cassa di risonanza offerta dal medium è quindi notevole.
Ma al di là dei grandi numeri, questo tipo di comunicazione avvicina di più la politica ai giovani o ne svende l’immagine? La fiera di TikTok può essere davvero un luogo dove fare messaggi elettorali seri?
Il rischio è la sovraesposizione, il “cringe” (ovvero l’imbarazzo, utilizzando un termine giovanile) e la perdita ulteriore di credibilità. Le chat sotto i video si trasformano facilmente in un’arena dove pullulano commenti pesanti e insulti.
Inoltre c’è da dire che i format proposti sono spesso banali dal punto di vista dei contenuti, il tempo che la formula dello short video mette a disposizione è esiguo e tutto tende a essere banalizzato o si presta a diventare un meme, quindi quasi una parodia di quel che dovrebbe essere.
Insomma, dal mondo delle associazioni giovanili e dagli stessi tiktoker non è giunto il plauso all’iniziativa. Una buona campagna elettorale dovrebbe essere finalizzata a raccogliere la fiducia degli elettori e non semplicemente a guadagnare visibilità. I politici su TikTok potrebbero creare paradossalmente ancora più disaffezione.
Social pieni, urne vuote? Chissà.
Intanto, la sensazione è che la distanza fra società, politica e mondo dei giovani sia ancora siderale, nonostante i goffi tentativi da parte della classe dirigente di esplorare nuovi orizzonti. Sono gli stessi giovani a sottolineare di non essere così “sempliciotti” da credere a facili slogan pur se in “formato TikTok”. Ciò che essi aspettano sono risposte concrete riguardo l’occupazione, la crisi internazionale, l’economia e la salute. Insomma vogliono impegni e non promesse rispetto al loro futuro.
Intanto, mentre l’appuntamento del 25 settembre, si avvicina a grandi passi, i cancelli delle scuole stanno per riaprire. All’interno degli edifici scolastici i nostri ragazzi non troveranno aule “fashion” e neppure atmosfere patinate, ma locali per lo più inadeguati e spesso addirittura fatiscenti. Molti faranno fatica a capire chi e cosa vogliono diventare per la precarietà delle prospettive che si aprono al termine degli studi. Alcuni dovranno misurarsi con la solitudine e il disagio interiore, altri ancora faticheranno a inserirsi all’interno di una società competitiva e improntata a un fuorviante mito di benessere. Soprattutto, una volta fuori dal percorso scolastico, si troveranno a fluttuare magari da uno stage all’altro in attesa del proprio destino.
Nel frattempo TikTok naturalmente sarà sempre a portata di polpastrello, pronto a compensare il disincanto della realtà con la verve dell’entertainment, un distrattore potente ma fortunatamente non abbastanza da celare agli occhi dei suoi fruitori le nudità del “re” di turno.