Libia in fase di stallo: la guerra sembra senza fine
La conquista di Tripoli da parte del generale Khalifa Haftar, che nelle intenzioni doveva essere un’azione lampo, è ancora tutt’altro che finita. Anche se i suoi sostenitori sono ancora numerosi (Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Russia, Turchia, Qatar e Francia, anche se non ufficialmente), gli entusiasmi iniziali si sono affievoliti
La Libia non intravede neppure la pace. E la conquista di Tripoli da parte del generale Khalifa Haftar, che nelle intenzioni doveva essere un’azione lampo, è ancora tutt’altro che finita. Anche se i suoi sostenitori sono ancora numerosi – si pensi ad Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Russia, Turchia, Qatar (e Francia, anche se non ufficialmente) – gli entusiasmi iniziali si sono affievoliti.
Conflitto senza fine. Dopo due mesi di combattimenti, nessuno è disposto a sedersi al tavolo delle trattative. Né Haftar, con il suo Esercito nazionale libico (Eln), né il Governo di accordo nazionale (Gna) di Fayez al-Serraj. Per l’inviato delle Nazioni Unite, Ghassan Salamé, “non c'è una soluzione militare in Libia. Non è un cliché. È un fatto. Ed è giunto il momento per coloro che avevano covato quest'illusione di aprire gli occhi e adattarsi alla realtà”.
I due eserciti. Da una parte c’è il governo Serraj, la cui forza è stata però messa in discussione da corruzione e interessi particolari. In una ventina di giorni di guerra l’esecutivo di Tripoli ha speso circa 1,5 miliardi di dollari, ma l’economia libica è in bilico con un debito pubblico pari al 143% del Pil. Dall’altra parte Haftar, con un esercito che è ormai un grande e variegato contenitore: è formato da membri del Sudanese liberation army (Sla) e del Justice and equality movement (Jem), operativi nella guerra in Darfur, così come da ciadiani del Front pour l’alternance et la concorde au Tchad (Fact), che fanno parte dell’opposizione a Idriss Déby.
Banche e petrolio. Resta ancora da vedere anche come andrà a finire la guerra economica tra le due fazioni. Un aspetto analizzato da un report dell’International crisis group, “Of tanks and banks”, che fa risalire tutto al 2014, anno in cui il Paese si era spaccato in due: l’esecutivo riconosciuto dalla Nazioni Unite a Tripoli da una parte, il parlamento senza governo a Tobruk, dall’altra. Sebbene la Banca centrale abbia tagliato fuori Haftar e le sue forze dai pagamenti, anche per tenersi i ricavi del petrolio, la banca commerciale ha concesso prestiti e già nel 2015 Tobruk ha potuto avere bond libici. A conti fatti, dunque, sono nati due sistemi paralleli che, al contempo, hanno permesso la nascita d’un mercato nero di valute estere. Sullo sfondo di questa situazione, sono partite le prime offensive militari nel 2016. Fino ad arrivare allo scorso aprile, quando Haftar ha posizionato delle imbarcazioni a Ras Lanuf, per avere il controllo della Mazzaluna del petrolio, dove si trovano importanti pozzi di petrolio.