Le parrocchie in tempo di Coronavirus. Quaresima strana. Ma vera
Tante le iniziative che iniziano a fiorire nelle parrocchie della Diocesi per far sentire la vicinanza. Si va dalle cose più concrete, come la spesa per gli anziani o la gestione dei bambini, a quelle più spirituali come la preghiera online. Poi ci sono videochat o campagne social e anche i semplici cartelloni appesi in canonica dove poter lasciare un messaggio di speranza. Tante idee tutte con un unico obiettivo: dire alla comunità "noi ci siamo", continuare ad essere comunità nonostante la distanza.
Le parrocchie della Diocesi sono unite da un comune intento in questi tempi di restrizioni: dare un segnale di vicinanza, far sentire che, anche se a distanza, la comunità c'è. E le modalità con cui manifestano ed esprimono questo senso di unione sono tantissime: la spesa per gli anziani, la telefonata agli ammalati, una frase su un cartellone, la preghiera tutti insieme in una data ora della giornata, l’aiuto fra famiglie, i videomessaggi ai gruppi giovani.
«Sono piccoli segni – sottolinea don Daniele Prosdocimo, parroco di Legnaro – che danno però un segnale di vicinanza a tutti e in particolare a chi è in difficoltà. Nella nostra parrocchia, infatti, abbiamo attivato un servizio di spesa per gli anziani: due giovani si impegnano ad aiutare con questo piccolo gesto quelle che sono le fasce più disorientate, emarginate e che più sentono il bisogno di contatto. I giovani del doposcuola, con le dovute precauzioni, visitano anche le famiglie disagiate. È anche un modo per impegnare i ragazzi».
A San Marco di Camposampiero alle 18 il parroco don Bruno Bevilacqua invita tutti a recitare insieme il rosario, riuniti in una comunità virtuale. La parrocchia del Sacro Cuore di Altichiero invece lancia la proposta di una comunità convocata a pregare nelle case. Alle 21 di ogni sera il parroco don Daniele Marangon entra nelle abitazioni con una vera e propria preghiera in famiglia, dedicata ai defunti o alle famiglie, ai giovani o al personale sanitario postata su Facebook. «Ogni giorno – racconta don Marangon – la comunità è convocata nella chiesa domestica in attesa di poterci poi ritrovare tutti insieme nella grande assemblea. Diamo alla famiglia questa sua vocazione, che le è propria ma forse si è persa, di essere chiesa. Ciò che manca in questo momento non è tanto la preghiera in sé, quanto l’idea di una comunità convocata nella propria famiglia. E quello che facciamo è davvero molto semplice e familiare, anche nel luogo scelto per registrare: inizialmente in cucina, dove si nutre il corpo e con la preghiera l’anima, poi in salotto, luogo di dialogo tra di noi e fra l’anima e il Signore. È un piccolo laboratorio di comunità».
«Con le ultime disposizioni – afferma don Andrea Tieto, parroco di Tribano – ci siamo chiesti come poterci accompagnare nel cammino di Quaresima. È nata così l’idea della preghiera online, non una meditazione, ma proprio un momento di preghiera postato su Facebook al mattino con la possibilità di ascoltarlo in ogni momento della giornata. In aggiunta a questo abbiamo deciso di far suonare le campane alle 19 come segnale di ritrovo e invito a fermarsi e condividere la preghiera, per sentirsi uniti anche se distanti». A Tribano inoltre la Caritas ha accolto la proposta della Caritas diocesana della telefonata di prossimità per raccogliere le necessità delle persone anziane e coordinarsi poi, in un lavoro di rete, con Protezione civile e Croce rossa per intervenire.
Il telefono è un mezzo che viene sfruttato anche con i ragazzi, per far sentire la vicinanza degli animatori attraverso video messaggi e cortometraggi. «Come Gesù può dirci qualcosa in questo tempo? – si chiede padre Simone Milani dell’equipe animatori della parrocchia dell’Arcella – Provochiamo i ragazzi di seconda e terza media con delle domande sulla spiritualità via Whatsapp e mandiamo loro dei brevi video sui quali riflettere. Chiamiamo invece una volta a settimana i ragazzi delle superiori: ogni animatore ha “adottato” un gruppetto. Una telefonata per chiedere come stanno, per far sentire la presenza del gruppo, ma anche per richiamare le regole cui devono attenersi. Con la prima superiore invece stiamo valutando una mega condivisione via Skype. I ragazzi hanno bisogno di mantenere il contatto, chiedono di non essere lasciati soli, fanno fatica a stare chiusi in casa, ma si lasciano provocare e rispondono alle provocazioni». Con il resto della comunità invece il contatto è via mail o Facebook, anche se l’Arcella è una parrocchia particolare, “estesa”, con molti fedeli che provengono da altre zone. «Cerchiamo – spiega padre Fernando Spimpolo, il parroco – di incentivare i genitori dell’iniziazione cristiana a prendersi cura della fede dei propri figli».
L’attenzione alla famiglia e ai disagi che sta vivendo in questo periodo è al primo posto per la parrocchia del Buon Pastore: un aiuto nato senza clamori, in maniera spontanea e semplice, ma molto efficace. Le famiglie disponibili dell’iniziazione cristiana si prendono carico dei bambini i cui genitori sono impegnati al lavoro.
Un aiuto nei compiti, ma non solo. Per tenere ancorate le famiglie nell’unità pastorale di Piove di Sacco è stata lanciata la campagna social, #stranomaVero con cui si invita la comunità a scattare una foto di questo tempo di Quaresima particolare, che però può aiutarci a riscoprire un modo nuovo di investire il tempo, di pregare insieme in famiglia. «Un tempo decisamente strano – scrive don Giuliano Piovan, vicario dell’unità pastorale nel messaggio che accompagna l'iniziativa – ma che ci permette di capire ciò che è vero: le relazioni, la vita comunitaria, la fragilità». Un tempo strano, ma anche vero. Ecco il perché dello slogan.
«In alcune realtà, come la nostra – conclude don Francesco Malaman, parroco di Brugine – non sono state messe in campo azioni particolari. Non ci sono messe via streaming, preghiere online, videomessaggi particolari. Le insegnanti della scuola dell’infanzia mandano dei video alle loro famiglie, con gli animatori dei campi scuola ci incontriamo in videochat per organizzare i campi estivi, chiamiamo gli ammalati. Ma che altro possiamo fare? Il non fare non è sempre mancanza di volontà, bensì può essere segno di non voler banalizzare. Digitalizzare tutto non sempre va bene, la fede cristiana è “corporea”, non virtuale. Questo può aiutarci a cogliere il vuoto, il virus può diventare un'opportunità e il compito dei parroci può essere anche quello di suscitare una domanda, capire questo vuoto, provocare. Senza la messa, le persone sanno ancora pregare? Dobbiamo usare questo tempo per nutrirci spiritualmente. Anche per noi preti c'è la fatica di fare "vita da eremiti" in questo periodo per ridare valore alla preghiera personale».