Lavoro nei campi, attenzione a non perderlo. L’agricoltura alle prese con le operazioni di raccolta e primaverili, rischia grosso
Quanto accade oggi, è l’occasione per ragionare sul ruolo importante del lavoro dell’agricoltura e dell’agroalimentare.
Forniture alimentari a rischio? Forse non proprio, ma l’emergenza epocale che l’Italia e il mondo stanno vivendo, mette certamente a dura prova anche il comparto agroalimentare. Niente a che fare con la salubrità degli alimenti. Il problema, emerso in questi giorni, riguarda l’esigenza di iniziare una serie di operazioni agricole (più che altro legate alla raccolta dei prodotti), che non possono essere effettuate senza la forte presenza di lavoratori (quasi tutti stranieri), di fatto bloccata dalle misure di contrasto al coronavirus Covid-19. E’, così, quella delle difficoltà di reperire braccia per i campi e le stalle italiane, un altro risvolto (forse inaspettato), di una crisi che di fatto ha colto un po’ tutti di sorpresa.
Il problema è piuttosto semplice. Da un lato, il pressoché totale blocco della circolazione in Italia e in buona parte dell’Europa, ha comportato la perdita della possibilità di usufruire in questo periodo di una buona parte dei 370mila lavoratori stranieri che, in tempi normali, popolano i campi italiani per la raccolta di una porzione significativa di prodotti agricoli nazionali. Dall’altra, gli ostacoli (burocratici ma non solo) posti per l’assunzione a tempo determinato di cassaintegrati, giovani, studenti e pensionati per dare un aiuto agli agricoltori, stanno creando notevoli problemi per affrontare una mole di lavoro così importante. Perché c’è un dato di fatto: le produzioni agricole e cioè i cicli vegetali e animali non si sono (per fortuna) fermati.
E’ probabile che, alla fine, venga trovata una soluzione, seppur parziale, per far arrivare i lavoratori nei campi italiani. Ma quanto accade oggi, è l’occasione per ragionare sul ruolo importante del lavoro dell’agricoltura e dell’agroalimentare.
Dopo l’esodo da campi negli anni del boom economico, la trascuratezza delle cronache nei decenni successivi e la riscoperta recente del significato e del ruolo del lavoro agricolo da parte dei giovani, ci si rende forse conto solo adesso di che cosa l’agricoltura significhi anche in termini occupazionali. Un tema, quello del lavoro agricolo, che proprio nei periodi di raccolta diventa essenziale. Secondo stime effettuate da Coldiretti, la presenza degli stagionali assicura, in tempi normali, il primato europeo dell’autosufficienza alimentare e il ruolo dell’Europa quale principale esportatore mondiale di alimenti per un valore si 151,2 miliardi di euro con un surplus commerciale nell’agroalimentare di 31,9 miliardi. Per quanto riguarda l’Italia, una buona parte di chi lavora nei campi arriva dall’estero. C’è, stando sempre a Coldiretti, più di un quarto della produzione agroalimentare nazionale che viene raccolto nelle campagne da mani straniere che arrivano ogni anno dall’estero, fornendo il 27% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore. Addirittura sarebbero molti i “distretti agricoli” del nord dove i lavoratori immigrati rappresentano una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale. Basta pensare alla raccolta delle fragole e asparagi nel Veronese, alla preparazione delle barbatelle in Friuli, alle mele in Trentino, alla frutta in Emilia Romagna: ci sono poi le operazioni che riguardano l’uva, le mele, le pere e il kiwi in Piemonte, i pomodori, i broccoli, cavoli e finocchi in Puglia fino agli allevamenti e i caseifici della Lombardia.
Adesso tutto questo è messo in forse da Covid-19. Più in generale, poi, è opportuno non rischiare di perdere quanto l’agricoltura può fare anche dal punto di vista occupazionale. La ricerca di soluzioni (come il prolungamento dei permessi di soggiorno per i lavoratori già presenti), è iniziata. E’ necessario però fare in fretta: i raccolti non aspettano.