La visita di Francesco in Corsica. La “povertà sacerdotale” è “una benedizione” per Francesco perché “ci spoglia della pretesa di farcela da soli”

Il vero pericolo è la vanità “fare il pavone, guardare troppo sé stesso”. Per questo chiede a sacerdoti, religiosi di essere gioiosi

La visita di Francesco in Corsica. La “povertà sacerdotale” è “una benedizione” per Francesco perché “ci spoglia della pretesa di farce...

In questa terza domenica di Avvento, domenica gaudete, posta a metà del tempo che ci separa dal Natale, l’invito della liturgia è di gioire perché la venuta del Signore, il festeggiato. Il Natale, ricordava Benedetto XVI “ci aiuta a riscoprire il senso e il gusto della gioia cristiana, così diversa da quella del mondo”. Francesco è, per poche ore, in Corsica, Ajaccio, per parlare al congresso su “La religiosità popolare nel Mediterraneo”, la prima volta di un Papa in questa isola francese. Nella Cattedrale, dedicata a Santa Maria Assunta, chiede alla Madunnuccia di intercedere per la pace in “tutte le terre che si affacciano su questo mare (Mediterraneo), specialmente per la Terra Santa dove Maria ha dato alla luce Gesù. Pace per la Palestina, per Israele, per il Libano, per la Siria, per tutto il Medio Oriente! Pace nel Myanmar martoriato. E la Santa Madre di Dio ottenga la sospirata pace per il popolo ucraino e il popolo russo”. Pace perché “la guerra sempre è una sconfitta”.

Parlando in cattedrale il Papa ha evidenziato che oggi soprattutto nel vecchio continente sembra affievolirsi la domanda su Dio, dice a vescovi, clero, consacrati e seminaristi, e “non mancano problemi e sfide che riguardano la trasmissione della fede, e ogni giorno voi fate i conti con questo, scoprendovi piccoli e fragili: non siete molto numerosi, non avete mezzi potenti, non sempre gli ambienti in cui operate si mostrano favorevoli ad accogliere l’annuncio del Vangelo”. Cita un film che aveva la frase “la musica sì ma il musicista no” per dire che “alcuni sono disposti a accogliere il Vangelo, ma non il portavoce”. Ma questa “povertà sacerdotale” è “una benedizione” per Francesco perché “ci spoglia della pretesa di farcela da soli, ci insegna a considerare la missione cristiana come qualcosa che non dipende dalle forze umane, ma soprattutto dall’opera del Signore, che sempre lavora e agisce con il poco che possiamo offrirgli”. Il vero pericolo è la vanità “fare il pavone, guardare troppo sé stesso”. Per questo chiede a sacerdoti, religiosi di essere gioiosi, avere “il senso dell’umorismo” e non fare in modo che “il posto che deve avere la gioia lo prenda l’aceto”.

La ricetta che propone Francesco è “avere cura di voi e prendersi cura dell’altro”; e non dimenticare il Signore “è il nostro Capo. Ed è un Capo che lavora più di noi”.

In questa visita, che si conclude con l’incontro con il presidente francese Emmanuel Macron, Papa Francesco tocca altri temi a partire dalla “cittadinanza costruttiva” dei cristiani: “nel fare il bene, i credenti possono ritrovarsi in un cammino condiviso anche con le istituzioni laiche, civili e politiche, per lavorare insieme al servizio di ogni persona, a partire dagli ultimi”.

Così al congresso sulla pietà popolare, voluto fortemente dal vescovo di Ajaccio, il cardinale François-Xavier Bustillo, il Papa ha sottolineato “la necessità che si sviluppi un concetto di laicità non statico e ingessato, ma evolutivo e dinamico, capace di adattarsi a situazioni diverse o impreviste, e di promuovere una costante collaborazione tra autorità civili ed ecclesiastiche per il bene dell’intera collettività, rimanendo ciascuno nei limiti delle proprie competenze e del proprio spazio. La privatizzazione della fede è uno sviluppo eretico, la fede non è un fatto privato”. È il concetto della “sana laicità” caro a Benedetto XVI per il quale sana laicità “significa liberare la religione dal peso della politica e arricchire quest’ultima con gli apporti della religione, mantenendo tra loro una necessaria distanza, una chiara distinzione e la necessaria collaborazione tra le due”. Fede e politica, dunque, tema che Benedetto ha sviluppato a Ratisbona, a Parigi al Collegio dei Bernardin, a Londra a Westminster Hall.

Non ultima, la riflessione sulla pietà popolare. Cita Paolo VI, la Evangelii nuntiandi e Blaise Pascal per dire che la pietà popolare esprime “la fede con gesti semplici e linguaggi simbolici radicati nella cultura del popolo, rivela la presenza di Dio nella carne viva della storia”. È anche occasione di incontro, di scambio culturale e di festa: “una pietà che non sia festosa non ha ‘un buon odore’, non è una pietà che viene dal popolo, è troppo ‘distillata’”.

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Fonte: Sir