La sete di futuro di Este e Baone. La comunità? Sarà fondamentale
Tappa numero tredici a Santa Tecla, Santa Maria delle Grazie, Meggiaro, Pra' d'Este, Motta d'Este, Pilastro, Deserto, Rivadolmo, Maone, Calaone e Valle San Giorgio. La comunità? Sarà fondamentale per le relazioni altrimenti rischiamo una pastorale da supermercato
«Este? È una». «Este è un cantiere aperto». «Baone è bellezza e ha bisogno di cura». Frammenti di conversazioni di fronte a un caffè, in alcune delle canoniche delle parrocchie che il vescovo Claudio si appresta a visitare nei prossimi giorni. La visita pastorale sta per portarlo ancora nell’area dei Colli Euganei. Dopo il passaggio a Montegrotto e Torreglia di fine gennaio, a partire dal 26 aprile saranno le undici comunità di Este e Baone a spalancargli le braccia.
Gli spunti per il confronto, in particolare con gli organismi di comunione, non mancheranno certo per il vescovo Claudio. Il vero tema tuttavia è il futuro della vita dei cristiani in questo territorio. «A consigliare unità ci sono dei dati netti – spiega don Franco Rimano, parroco del Duomo di Santa Tecla – In un rapporto dell’università di Padova presentato a marzo, si vede come nell’area da Conselve a Montagnana ci siano 46 comuni chiamati ad amministrare 190 mila abitanti: il rischio è quello di una eccessiva frammentazione. Per quanto riguarda le parrocchie di Este, non è solo la carenza di preti a consigliare convergenza, ma anche l’andamento demografico. Le parrocchie di oggi avranno ancora senso domani?».
L’accento sull’unicità di Este lo mette anche don Lorenzo Mocellin, parroco di Santa Maria delle Grazie: «I campanilismi di un tempo non esistono più. Ci sono appuntamenti condivisi che confermano la condivisione, come la celebrazione del venerdì santo, alle 21, che ci vede in processione dalle Grazie al Duomo, tutti insieme. E lo stesso vale per il Corpus Domini e per il grest del Redentore in cui convergono tutti i ragazzi». E proprio il patronato è un collante eccezionale: «Appartiene alla città, non al Duomo», riprende don Franco, e da un anno e mezzo non è più diretto da un prete, ma da un laico, Massimo Marini della Polisportiva, mentre don Michele Majoni segue la ricca pastorale dei giovani.
I numeri dell’iniziazione cristiana raccontano la mobilità dei cristiani in città. Degli oltre 300 ragazzi di Santa Tecla, metà risiedono in altre parrocchie. Le Grazie, per molti, sono la parrocchia di elezione, scelta per le origini, o per via del posto di lavoro in centro città. Quel che di certo non si discute è la vitalità delle parrocchie, almeno di quelle più grandi. «Il santuario non attira solo credenti con i capelli bianchi – spiega don Lorenzo Mocellin – Anzi, abbiamo giovani attivi anche a livello diocesano e famiglie giovani che ci cercano per la scuola dell’infanzia con nido integrato (135 bambini in tutto) e poi rimangono nell’orbita della parrocchia». Gli adulti dell’altra grande parrocchia del centro, il Duomo appunto, partecipano per più della metà all’iniziazione cristiana, sono una quindicina le Famiglie Emmaus e poi ci sono gli over 50 che ogni lunedì sera seguono il loro percorso formativo. «La sfida è per i 30-50enni: se pensiamo a una parrocchia destrutturata rispetto a un tempo, quali nuove forme di stare insieme?».
La parola chiave per don Ottavio De Stefani, parroco di Meggiaro, è relazioni: «Collaborare con le parrocchie vicine sarà necessario – spiega – ma nella comunità singola si svilupperanno l’amicizia, la condivisione della fede. Altrimenti rischiamo una pastorale da supermercato in cui ognuno prende il servizio che cerca nella parrocchia che glielo fornisce alle condizioni migliori». A Meggiaro c’è grande attesa per il vescovo, conferma Alessandro Baraldo, vicepresidente del consiglio pastorale: «Il futuro un po’ ci spaventa, ma cerchiamo una formula per riprendere con entusiasmo la nostra strada confidando che l’iniziazione cristiana ci aiuti a riempire i banchi della chiesa che gli anziani lasciano vuoti. Certamente, un vescovo vicino al suo popolo è fondamentale».
Pochi chilometri e siamo a Baone. Il legame con Este è forte, i flussi vitali portano di là, ma anche l’identità delle tre parrocchie dell’unità pastorale è netta. Qui il ruolo dei laici è fondamentale. In ogni parrocchia c’è chi si impegna a tenere vivi e in ordine i luoghi comunitari. «I problemi non mancano – spiega don Tommaso Beltramelli, il parroco – perché ci interroghiamo su come offrire risposte. Un’operazione complicatissima oggi». Questo vale per i giovani: «Hanno una richiesta che non riusciamo a tradurre, ma continuiamo a cercarli, attraverso la messa dedicata loro ogni mese e un gruppo». I 40enni sono enigmatici: «Hanno dentro la ribellione a una chiesa fatta di precetti che hanno visto in famiglia e non vogliono trasmettere ai loro figli». Le note liete: il Vangelo letto in famiglia, iniziato nelle case proprio in questa quaresima. E poi la fraternità Evangelii Gaudium che vive nella canonica di Calaone, composta da due coniugi e la loro figlioletta di due anni e una consacrata.
«Un tempo la parrocchia era di chi la cercava – conclude don Rimano – Oggi il singolo credente che vive da cristiano la sua vita, attento a chi soffre, rappresenta la parrocchia che si avvicina a te».
Le bellezze di Pilastro e Rivadolmo
Il suo coro e la festa patronale. Pilastro d'Este oggi vive in piena collaborazione con Santa Tecla. «Alla messa domenicale sono molti i giovani – racconta la vice del cpp Antonella Celestino – Le attività invece sono molto più legate al mondo degli anziani».
Rivadolmo è in comune di Baone, ma la sua anima è estense: «Siamo uniti grazie al pranzo delle famiglie di ottobre, al concerto gospel di agosto e al gruppo missionario che sostiene padre Girardi in Sud Sudan – spiega Giovanni Fornasiero – Dalla visita speriamo in una revisione dell'Ic che porti i piccoli, almeno alcune volte l'anno, anche da noi».