Islam in Italia: tra stereotipi, fede e identità condivise

Fratelli islamici d’Italia. I “devoti nativi” sono meno di 500 mila, le moschee poco più di una dozzina e tutti gli stranieri restano intrappolati dai pregiudizi.

Islam in Italia: tra stereotipi, fede e identità condivise

«Oggi esiste sicuramente l’Islam in Italia, definito come l’insieme degli individui che risiedono all’interno del territorio del nostro Paese. È una minoranza eterogenea, tenuta insieme da associazioni, iniziative individuali, esperienze spirituali e social media. È anche un gruppo studiatissimo (e sorvegliatissimo): appena il 5% della popolazione italiana, ma così discussa e iper-rappresentata da apparire al pubblico italiano come più del 20%» mette immediatamente in chiaro Francesca Bocca-Aldaqre nel suo Manifesto dell’Islam italiano  (Mimesis, 158 pagine, 16 euro).

Un volume per molti versi sorprendente, se non altro perché sgombera il campo da stereotipi, preconcetti e luoghi comuni. Francesca Bocca-Aldaqre, 37 anni, dirige l’Istituto di Studi islamici Averroè a Piacenza ed è co-fondatrice e docente all'Istituto Islamico di Studi Avanzati. Dopo aver studiato in Germania e negli Stati Uniti, ha insegnato civiltà islamica all'Università Vita-Salute San Raffaele, oltre ad occuparsi di neuroscienze e teologia.

Con Ibrahim Youssef, ha dialogato al recente “Bookcity” a Milano nella sede del Pontificio Istituto Missioni Estere. «La lingua italiana è l’unica tra le grandi lingue europee a non aver ancora prodotto poesia o letteratura, dalla modernità in poi, che si occupi di Islam. Mentre Goethe ventenne abbozzava un poema di lode al Profeta e Coleridge scriveva gli straniti versi  del suo “Mohamed”, o mentre ancora Victor Hugo si affaticava a comporre “L’anno nono dell’Egira”, in Italia i poeti si dedicavano ad altro. All’esordio della modernità, possiamo immaginare che la visione di un musulmano era sicuramente più comune a Venezia che in qualunque città francese, tedesca o inglese. Eppure l’Islam è categoricamente ignorato dal nostro linguaggio poetico».

Paradossalmente, fa eccezione Dante. Già allora l’Italia e il mondo arabo erano tutt’altro che ostili e impermeabili. E Massimo Campanini (l’islamista e storico scomparso nel 2020) lo evidenzia nel suo “Dante e Islam” (Studium, 176 pagine, 16.50 euro).

Grazie a Francesca Bocca-Aldaqre, invece, affiorano i convertiti italiani del Novecento. Come l’anarchica Leda Rafanelli (1880 - 1971) che fra l’altro si rifiutò di spiegare il “Corano” al giovane Mussolini. Oppure Amedeo Guillet, il mitico “Comandante Diavolo” alias Ahmed Abdallah Al Redai (1909 – 2010) eroe militare e diplomatico fra Egitto, Yemen e Giordania. Ma anche l’umile Carmine Immacolato Antonio Iorio (1892 – 1928), disertore in Libia  e combattente nella resistenza di Omar al-Mukhtar,

Ma nell’Italia del Duemila sembra ancora ostico il riconoscimento. «I nostri interlocutori sanno di alcol e maiale vietati ai musulmani, ma sfugge loro il senso della spiritualità nelle cinque preghiere quotidiane…» sintetizza Francesca Bocca-Aldaqre. Del resto, a livello culturale molto più spesso di quanto si creda le identità sono condivisibili. Tuttavia, prevale ancora l’immagine mediatica e distorta dell’Islam che con l’11 settembre ha fatto breccia perfino nell’accademia.

E il primo passo decisivo si concretizza proprio nella fede: «Discutendo del culto dei musulmani si citano Abramo, Gesù o Maria, ma mai il Profeta Muhammad…» ammonisce la giovane teologa islamica.

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