La parola di buon vicinato. Quella tela che ci rende tutti figli e fratelli
La proposta rivolta a tutte le comunità parrocchiali della nostra Diocesi di mettere in atto durante quest’anno pastorale la pratica del “buon vicinato” chiama in causa il consiglio pastorale parrocchiale come soggetto destinatario e attuatore della proposta stessa.
A questo organismo di comunione si è pensato fin dal primo momento una volta operata la scelta di porre al centro la parrocchia, come conseguenza del desiderio che assumesse lo stile comunitario dell’ascolto, della comprensione e della tenerezza nell’esercizio quotidiano della carità. Al consiglio pastorale, quindi, al quale sempre spetta promuovere, sostenere, coordinare e verificare tutta l’attività pastorale, in quest’anno attuare il buon vicinato.
E mi piace pensare all’attività che il consiglio pastorale mette in atto per attuare il buon vicinato come all’opera di tessitura di una tela e al buon vicinato come una tela stessa. La tela infatti è il modo più semplice con cui si possono intrecciare dei fili per costruire un tessuto: si ottiene intrecciando il fili verticali chiamati ordito con quelli orizzontali chiamati trama e spesso, nel linguaggio comune, con tela indichiamo il tessuto stesso.
Il consiglio pastorale tesse legami fra gruppi e operatori parrocchiali armonizzandone l’azione, incoraggiando uno stile di relazioni in cui al centro ci vanno le persone e il valore della fraternità e attiva queste relazioni in maniera continuativa e affidabile e non solo come risposta a situazioni di emergenza. È attraverso questo paziente lavoro di intreccio e attivando queste azioni che si costruisce la tela, il tessuto, il vestito che riveste la comunità.
La tela del buon vicinato è anche il tessuto con cui rivestire e riscaldare chi tra noi è in difficoltà per la particolare situazione che stiamo vivendo; è la tela con cui è fatta la tenda che costituisce rifugio e riparo dalle intemperie. E ancora, è la tela di lino su cui imbandire il pranzo della comunità a cui ciascuno di noi è invitato per far festa; è la vela che muove la piccola barca su cui tutti ci troviamo e che ci ricorda che nessuno si salva da solo; è il fondo sul quale il Maestro sta dipingendo il quadro, anzi è il quadro stesso.
Mi piace pensare che il filo verticale della tela rimandi al rapporto vitale di ciascuno di noi con il Padre, al nostro essere e riconoscerci figli; mentre il filo orizzontale rimandi al rapporto che abbiamo con chi ci è vicino, con chi condivide il nostro cammino o semplicemente incontriamo sulla nostra strada; rimandi al nostro essere fratelli perché ci siamo riconosciuti figli. Per costruire la tela servono entrambi i fili che vanno intrecciati saldamente per dar vita a un tessuto compatto. La comunità nasce attraverso il paziente e costante intreccio di questi due fili entrambi indispensabili; la comunità nasce anche attraverso le pratiche di buon vicinato.
Francesco Ballan
vice presidente consiglio pastorale diocesano