L'agricoltura è sottoposta ad avversità naturali oltre che economiche, ma continua a macinare primati
Agricoltura sotto attacco, tra danni da animali selvatici, abigeato e presenza di organizzazioni malavitose nei campi.
Certo, l’agricoltura 4.0 esiste per davvero. Così come esistono i prodotti tipici blasonati, e il fascino bucolico del mangiar bene e dei paesaggi da favola che l’agricoltura e l’agroalimentare offrono a tutti. Ma l’agricoltura è fatta anche d’altro. Prima di tutto di fatica e sudore e poi di grande attenzione agli eventi climatici, ma anche a quanto nei campi e nelle stalle può improvvisamente scatenarsi a causa dell’uomo e della natura.
Per capire quanto può accadere, basta pensare alle stragi di greggi causate dagli animali selvatici. Stando ad alcune rilevazioni Coldiretti, solo nel Trentino nell’ultimo anno ci sono stati 222 attacchi da parte di orsi e lupi a coltivazioni, alveari, greggi e mandrie. Quasi un evento al giorno che ha colpito pecore, vitelli, mucche e asini, anche all’interno delle aziende vicino agli alloggi degli agricoltori o nei pressi dei centri abitati. E quanto accade in quella regione non è che un esempio. In Toscana cinghiali e lupi non sono una rarità; lo stesso accade in Piemonte. E’ il segno di quanto la natura sia sempre pronta a prevalere sulle attività umane. Tanto che i coltivatori diretti, con riferimento ad alcune zone del Paese, parlano apertamente di “situazione fuori controllo per la quale le misure ordinarie non bastano più e la resistenza di chi lavora e vive sul territorio è ormai al limite”. Sempre il Trentino costituisce l’esempio in questo periodo forse più eclatante. In quel territorio ci sono quasi 70 orsi, fra cui il plurisegnalato M49 che negli ultimi quattro mesi del 2019 è stato protagonista di 16 tentativi di intrusione in zone abitate e 13 uccisioni di animali da allevamento. Ma in circolazione – avverte sempre la Coldiretti – ci sono poi 7 branchi di lupi o ibridi che mettono a rischio anche l’integrità genetica della specie. Situazioni simili possono trovarsi anche in altre aree dello Stivale.
Agricoltura sotto attacco, quindi. Senza contare altri problemi, come quello dell’abigeato e della presenza di organizzazioni malavitose nei campi. Ricorda sempre Coldiretti: “Nel 2018 si è confermata anche l’impennata di fenomeni criminali con furti di trattori, falciatrici e altri mezzi agricoli, gasolio, rame, prodotti (dai limoni alle nocciole, dall’olio al vino) e animali con un ritorno dell’abigeato con veri e propri raid organizzati a livelli quasi militari strettamente connessi con la macellazione clandestina”. Circa la presenza della malavita in agricoltura, è sufficiente tenere conto che il suo giro d’affari è ormai arrivato a 24,5 miliardi di euro con un balzo del 12,4% nell’ultimo anno. A tutto questo occorre poi aggiungere gli effetti deleteri (che valgono milioni di euro), del clima che cambia, della grandinate e delle bombe d’acqua, del gran secco e di alcune malattie che possono (potenzialmente) ad azzerare interi raccolti. Condizioni che si aggiungono alla concorrenza (più o meno leale) ed ai rivolgimenti di mercato.
Tutto male quindi? Evidentemente no. Al di là dei grandi traguardi raggiunti in fatto di esportazioni, così come di primati qualitativi delle produzioni agricole nazionali, le cronache di questi giorni ci restituiscono anche il buono e il bello dell’agricoltura italiana. Le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene – dopo dieci anni -, hanno finalmente raggiunto il riconoscimento di patrimonio dell’umanità da parte dell’Unesco: non semplicemente un traguardo di immagine, ma di grande sostanza. Un primato impegnativo, che riconosce quanto nei secoli è stato fatto ma che chiede adesso ai protagonisti di quel territorio di darsi da fare per tutelare e far crescere il loro tesoro. Quello del Prosecco, d’altra parte, non è l’unico esempio “di cronaca” agroalimentare che la dice lunga sulle capacità del settore di far bene nonostante le avversità. Sempre di questi giorni è la notizia dell’ennesima vittoria degli spumanti italiani (in particolare del Ferrari Trentodoc), sulla concorrenza mondiale: Cantine Ferrari di Trento è stato nominata Sparkling wine producer of the year nell’ambito del Champagne & Sparkling wine world championships 2019 (Cswwc). Detto in altre parole, la concorrenza ha riconosciuto che gli italiani sono i più bravi (e non è la prima volta).
Insomma, quello della produzione agricola e agroalimentare è pur sempre un settore estremamente complesso e vario, dove nulla può essere dato per scontato ma dove le preziosità ci sono eccome. Ed è forse questa condizione che costituisce il fascino ma anche la grande risorsa di un comparto che ha nell’Italia uno dei campioni al mondo.
Andrea Zaghi