L’Italia sprofonda nella povertà
I dati Istat dipingono un Paese fiaccato dalla crisi. Cinque milioni di persone in povertà assoluta, soffrono soprattutto le famiglie numerose.
Dal 2005 la quota di poveri assoluti in Italia non era mai stata così elevata. Il rapporto diffuso dall’Istat per il 2017 stima un’incidenza del 6,9 per cento, se si considerano le famiglie, addirittura dell’8,4 se si guarda agli individui. In numeri e non in percentuali, vuol dire che lo scorso anno i poveri assoluti – cioè coloro che non possono godere di uno standard di vita minimamente accettabile – erano oltre 5 milioni e le famiglie nella medesima condizione 1 milione e 778 mila.
I dati generali, per quanto eloquenti, non dicono tutto. L’aumento è stato più intenso nel Mezzogiorno, e sono i grandi comuni i più colpiti, ma la crescita della povertà si fa sentire anche nei centri e nelle periferie delle aree metropolitane del Nord. Nelle famiglie a fare la differenza è la presenza di anziani da assistere, ma soprattutto il numero dei figli: nei nuclei con almeno un figlio minore la quota dei poveri assoluti sale già al 10,5 per cento, ma balza fino al 20,9 per cento (uno su cinque) in quelli con tre o più figli. L’incidenza della povertà assoluta tra i minori è in lieve diminuzione (dal 12,5 al 12,1) ma investe ancora un milione e 208 mila persone.
Se si prende in considerazione l’età della persona di riferimento della famiglia in termini di reddito, il valore minimo (4,6 per cento) si riscontra nelle famiglie in cui la persona di riferimento ha più di 64 anni, il massimo (9,6) in chi ne ha meno di 35. Un’altra variabile fondamentale per interpretare i dati dell’Istat è poi quella della nazionalità.
Tra le famiglie di soli italiani, l’incidenza della povertà assoluta, sia pure in aumento (dal 4,4 al 5,1), si colloca al di sotto del valore medio, in quelle di soli stranieri arriva al 29,2 (quasi una su tre), con una punta superiore al 40 per cento nel Mezzogiorno.
Su tutte le situazioni di emergenza, a preoccupare è in particolar modo la condizione dell’infanzia, messa sempre più a dura prova. «Un milione e 208 mila minorenni in povertà assoluta – ricorda l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, Filomena Albano – è un numero preoccupante, che dimostra come siano ancora tanti i bambini e ragazzi che vedono messi a rischio diritti fondamentali. I dati dell’Istat confermano l’urgenza dell’allarme che abbiamo lanciato, meno di due settimane fa, in occasione della nostra relazione al Parlamento, chiedendo a governo, regioni ed enti locali di attivare una regia unitaria delle misure pubbliche e private, nazionali e locali, accompagnata da una capillare rete di servizi territoriali. Solo agendo insieme è possibile costruire una visione strategica di lungo periodo».
E mentre anche Unicef Italia chiede che siano i bambini la prima priorità del governo, dall’esecutivo arrivano voci discordanti. «Non è più possibile andare avanti così e non c’è più tempo da perdere. Il reddito di cittadinanza deve partire subito», ha sottolineato con enfasi Luigi Di Maio, ministro del Lavoro e dello sviluppo economico.
Rispondendo al Question time alla Camera, ha ribadito per quanto riguarda i tempi che «dire che sarà introdotto "subito" vuole dire che il governo metterà tutte le energie per attuarlo il prima possibile. Per questo con il presidente Conte abbiamo subito indetto un tavolo alla presidenza del Consiglio per coordinare i ministeri che se ne interesseranno».
Dal ministro Tria, invece, giungono dichiarazioni di tutt’altro tenore, in linea con l’atteggiamento tranquillizzante fin qui tenuto nei confronti degli investitori e dell’Europa. Col rischio di una manovra correttiva di quasi 10 miliardi spaventata dal Centro studi di Confindustria per l’autunno e con una trattativa già aperta con Bruxelles per allungare i tempi di rientro dal deficit, spazio per i due cavalli di battaglia di 5 Stelle e Lega – reddito di cittadinanza e flat tax – almeno per quest’anno pare non essercene. «Sono provvedimenti di un programma di legislatura», ha sottolineato il ministro. Come dire, ripassate più avanti.