Ingiustizia e privilegi. Un film sugli immigrati, l’Africa e l’Occidente, le elezioni europee
Non si può girare pagina di fronte alle diverse forme di ingiustizia che sfigurano l’Africa
“…poi si è rivolto a Mamadou, hanno parlato dell’ingiustizia che questi ragazzi sono costretti a vivere, alle differenze tra le vite dei coetanei che arrivano in vacanza dall’Europa e quelle loro che, per arrivarci, devono mettere a rischio le proprie esistenze”. È il frammento di un’intervista con Matteo Garrone, regista di “Io, capitano”, dopo l’incontro del 15 settembre con papa Francesco. Erano presenti alcuni giovani interpreti africani, tra i quali Mamadou Kouassi ispiratore del film premiato al Festival di Venezia.
“Non credo che Io, capitano possa cambiare le cose però potrebbe sensibilizzare una parte di pubblico, far capire quanto siano grandi i privilegi che siamo abituati a dare per scontati”: Matteo Garrone è realista nell’attribuire al linguaggio cinematografico la capacità di suscitare pensieri fuori dal coro dei costruttori di muri e di blocchi.
Si devono adottare misure efficaci per contrastare il turpe commercio dei trafficanti di esseri umani ma non si può girare pagina di fronte alle diverse forme di ingiustizia che sfigurano l’Africa, non si può rinunciare a un pensiero politico che metta fine alla azione predatoria dell’Occidente alla quale si affianca quella di predatori non occidentali.
Lucio Caracciolo, direttore della rivista Limes che dedica l’ultimo numero al tema “Africa contro Occidente” scrive: “Dopo secoli di emarginazione gli africani scoprono il gusto del protagonismo”. È un protagonismo che si manifesta nei colpi di Stato e in modo non meno devastante nelle decine di migliaia di persone in fuga per raggiungere l’Europa terra della speranza.
A pochi mesi dalle elezioni europee torna il pensiero sull’Africa nato nell’humus della solidarietà di fatto. Nella “Dichiarazione Schuman” (9 maggio 1950), con la quale si è dato il via all’integrazione europea, è scritto che l’azione dell’Alta Autorità per la produzione del carbone e dell’acciaio (Ceca) “sarà offerta al mondo intero, senza distinzione né esclusione, per contribuire al rialzo del livello di vita e al progresso delle opere di pace. Se potrà contare su un rafforzamento dei mezzi l’Europa sarà in grado di proseguire nella realizzazione di uno dei suoi compiti essenziali: lo sviluppo del continente africano”.
Sono trascorsi oltre settant’anni e quel compito essenziale, tranne che per le presenze dei missionari e del volontariato internazionale, è rimasto sulla carta a conferma che l’Unione europea non è stata culturalmente e politicamente rafforzata dai Paesi che la compongono ed è quindi venuta meno anche la sua forza e la sua capacità di coinvolgere nell’impresa gli organismi internazionali. Le elezioni europee si avvicinano, lo spirito della “Dichiarazione Schuman” può suggerire scelte efficaci per costruire pace e giustizia in Africa, con gli Africani e per gli Africani.