Il monaco e il Bambinello. Dal 1634 a Monaco di Baviera viene venerato l’”Augustinerkind”, il Bambinello degli agostiniani
L’arcidiocesi di Monaco e Frisinga sul suo account Ig ha pubblicato un reel, in cui ripercorre la leggendaria storia del Bambinello agostiniano
Ogni anno a Natale trascorreva ore incantato ad osservarlo. Era profondamente affascinato dai suoi occhi pieni di tenerezza. Se non fosse stato per le fasce che lo avvolgevano, sembrava quasi che volesse allungare le braccia verso di lui per essere preso in braccio. Ma lui non avrebbe mai potuto permettersi un gesto simile di fronte a tutti. Chissà cosa avrebbero pensato i suoi confratelli. E quanto avrebbero chiacchierato poi alle sue spalle.
La prima domenica d’Avvento ricordava che presto sarebbe stato Natale. E presto avrebbe potuto passere ancora ore a contemplarlo. Ma non gli bastava. Il desiderio di prenderlo in braccio era sempre più forte. E così una notte, quando nel convento era calato il silenzio della notte, in punta di piedi, facendo attenzione a non far cigolare porte e pavimenti, era sgattaiolato fuori dalla sua cella e, illuminando i suoi passi con una candela, si era finalmente ritrovato a tu per tu con il Bambinello. Conosceva bene il luogo in cui veniva riposto una volta terminato il tempo di Natale.
La luce fioca della candela si rifletteva nelle gemme che adornavano le fasce in pizzo, ma a risplendere ancor più erano proprio quegli occhietti che si aprivano in tenero sorriso. Una bellezza tanto grande di fronte alla quale il buio e il freddo della notte si scioglievano, proprio come la cera del cero, che con grande cautela aveva appoggiato poco distante ad illuminare la stanza. Con timore aveva allungato le braccia verso il piccolo, sollevandolo con cautela, una mano sotto la testa e l’altra a reggere il corpo avvolto in fasce. Così come si fa con un neonato. Aveva atteso a lungo di poter prendere in braccio quel Bambinello di fronte al quale lui e i suoi confratelli si riunivano in preghiera a Natale. Finalmente lo teneva tra le sue braccia e i suoi occhi sorridevano di gioia incrociando quelli del Bambinello. Ha iniziato a cullarlo dolcemente, come si fa con un neonato quando lo si prende in braccio per farlo addormentare. Pareva che il tempo si fosse fermato. Quello che è successo subito dopo non è mai stato chiarito. Si sa solo che tutt’ad un tratto il monaco agostiniano si è visto scivolare il Bambinello dalle braccia. Un tonfo secco. La statuetta era caduta in terra e la testa si era rotta in mille pezzi.
E adesso che fare? Confidando nel sonno profondo dei suoi confratelli e sperando che nessuno di loro avesse sentito qualcosa, si era affrettato a raccogliere tutti i pezzi, aiutandosi con la luce della sua candela, e li aveva nascosti per bene nell’angolo buio di un armadio. Quella non era certo una soluzione. Ma era l’unica possibile quella notte. Oltre che pregare, naturalmente. Il Natale era ormai alle porte e quel segreto non poteva essere mantenuto ancora a lungo. E così, pronto ad affrontare l’annunciata punizione, il monaco si era fatto coraggio ed era andato a confessare il guaio al suo priore. Col capo chino lo aveva accompagnato fino all’armadio dove aveva riposto quel che rimaneva del Bambinello. Tuttavia, quando insieme aprirono l’armadio, il volto del Bambinello era stato miracolosamente ricomposto. Solo una crepa sulla guancia, ancora oggi visibile, indicava quello che era accaduto.
Che questa sia una leggenda o la realtà, nessuno sa dirlo. Vero è che è dal 1634 che a Monaco di Baviera viene venerato l’”Augustinerkind”, il Bambinello degli agostiniani. Il “Fatschkindl” (Bambinello in fasce) era arrivato a Monaco nella prima metà del XVII secolo. Quando, nel 1803, in seguito alla secolarizzazione, il convento – che era anche sede dell’Augustiner Brauerei, il più antico e famoso birrificio della città bavarese – venne chiuso furono le suore Elisabettine a prendersi cure del Bambinello, collocandolo nella loro chiesa-ospedale di fronte alla Sendlinger Tor, la porta di Sendling, una delle più antiche porte medievali di accesso a Monaco. Qui lo veneravano ogni Natale. Nel 1817, però, per volere del principe ereditario Ludwig, le suore furono costrette a consegnare il Bambinello alla Congregazione Mariana Maschile che aveva la sua sede nella Bürgersaal.
Le suore obbedirono, ma non volendosi staccare dall’immagine miracolosa dell’Augustinerkindl, verso la metà del XVIII secolo chiesero ad una loro ex consorella, Theresia von Schiestl, di realizzarne una copia che posero in una culla d’argento, con una teca e una corona di fiori, che posero nella loro chiesa. Il pellegrinaggio continuò a fiorire negli anni successivi, come testimoniano le ricche offerte votive per il Bambino Gesù. Le monete più recenti risalgono agli inizi del Novecento quando il convento e l’antico ospedale vennero abbattuti per far spazio al nuovo policlinico.
Quella fatta realizzare dalle suore Elisabettiane non è l’unica copia dell’Augustinerkindl. Diverse altre rappresentazioni dell’immagine miracolosa del Bambinello di Monaco sono state realizzate nel corso degli anni secondo quella che è la tradizione dei “Bambinelli in fasce”, opera spesso dell’arte di suore e monache di clausura, che trascorrevano giorni interi a ricamare e abbellire i teli in broccato e pizzo con cui veniva avvolto il corpo del Bambinello e a sagomarne i lineamenti. Oggi molte copie dell’Augustinerkindl sono conservate in musei e collezioni private.
Grande continua ad essere la devozione dei cittadini di Monaco verso l’Augustinerkindl.
Tra pochi giorni è Natale e come ogni anno l’originale statuetta del Bambinello in fasce sarà portata ancora una volta nella chiesa superiore della Bürgersaalkirche, dove potrà essere ammirato e contemplato dai fedeli fino al 6 gennaio, festa dell’Epifania. Durante il resto dell’anno l’Augustinerkindl è conservato nella chiesa inferiore, in uno spazio appositamente dedicato della Mostra permanente della Congregazione mariana maschile, all’interno del Museo di P. Rupert Mayer (1876-1945), il gesuita dichiaratamente antinazista, a lungo perseguitato dalla Gestapo che venne internato prima nel campo di concentramento di Saschsenhausen nei pressi di Berlino e poi, visto che le sue condizioni di salute peggioravano sempre più, spostato nel monastero di Ettal, vicino a Oberammergau, dove era stato internato per qualche tempo anche Dietrich Bonhoeffer. Non certo un atto di pietà, questo, da parte dei nazisti, quanto piuttosto una mossa per evitare che P. Rupert divenisse un martire agli occhi della gente. Ma la verità non la si può nascondere a lungo. P. Mayer – le cui spoglie riposano proprio nella chiesa inferiore della Bürgersaalkirche – è stato di fatto un martire e per questo san Giovanni Paolo II lo ha beatificato nel maggio del 1987.
A raccontare in questi giorni sui social la storia dell’Augustinerkindl è stata l’arcidiocesi di Monaco e Frisinga, che sul suo account Ig ha pubblicato un reel, in cui ripercorre la leggendaria storia del Bambinello agostiniano. “Presto si potrà ammirare da vicino il più famoso Bambinello della Baviera”, si legge nel post di Ig, che annuncia come anche quest’anno, per tutto il tempo di Natale, fino al 6 gennaio, si terranno ogni giorno alle 17 i “Christkindlandachten”, momenti di preghiera dedicati al Bambino Gesù.
Ad accompagnare il reel su Ig le note di un tradizionale canto di Natale tedesco. “O du fröhliche, o du selige, gnadenbringende Weihnachtszeit!”. Composto nel 1816 da Johannes Daniel Falk (1786-1826) per i trenta bambini dell’orfanotrofio di Weimar che lui stesso aveva fondato dopo il 1813, anno in cui un bambino che aveva perso entrambi i genitori durante la guerra bussò alla sua porta in una notte d’inverno.
“O tu felice, o tu beato tempo di Natale portatore di grazia! Il mondo è smarrito, Cristo è nato: rallegrati, rallegrati, cristianità!”.