“Il Terzo settore non è il barelliere delle emergenze”
Nel documento per il rilancio della Lombardia post Covid, la Regione si è dimenticata che esistono gli enti non profit. Eppure ce ne sono 55 mila, che danno lavoro a 200 mila persone e coinvolgono più di un milione di volontari. Lettera del Forum del terzo settore con le proposte su economia, lavoro, salute, povertà e sicurezza
Nelle 17 schede tematiche in cui la Regione delinea obiettivi e azioni per il rilancio economico e sociale della Lombardia post Covid-19 non c'è quasi traccia di terzo settore, volontariato, cooperative o imprese sociali, enti non profit e associazioni. Solo nella scheda sugli interventi sulla disabilità e sulla dispersione scolastica si accenna al terzo settore. La Regione si è dimenticata che nel suo territorio esistono circa 55 mila realtà che appartengono a questo variegato mondo, con circa 200 mila lavoratori, 1,1 milioni di volontari che producono un valore di 17,5 miliardi di euro pari all'incirca al 4,5% del Pil lombardo. La parola imprese compare una ventina di volte nel documento della Regione, quella di cooperative una volta sola. La parola volontariato è assente. “Ci rifiutiamo di essere confinati al ruolo di barellieri per le emergenze o titolati a intervenire esclusivamente sulle fragilità sociali o le attività ludico ricreative – protesta Valeria Negrini, portavoce del Terzo settore Lombardia -, ma soprattutto (è questo il nodo) senza alcuna funzione produttiva e capacità di creazione di ricchezza e sviluppo. Tutto ciò in palese contraddizione con quanto dimostrato dalle statistiche e dalle ricerche in campo economico”.
Il Terzo settore lombardo vuole quindi contare e partecipare alla programmazione delle politiche economiche e sociali della Regione. “Riteniamo che nella fase di rilancio della nostra Regione le energie del Terzo Settore e dell’economia sociale lombarda debbano svolgere un ruolo fondamentale, non sostitutivo ma integrativo di quello delle imprese private e delle amministrazioni pubbliche, e in una prospettiva non di breve termine – si legge nella lettera che Valeria Negrini ha scritto a Davide Carlo Caparini, assessore al Bilancio Regione Lombardia-. Sappiamo infatti che proprio le organizzazioni del terzo settore (siano esse risorse di volontariato che quelle impegnate nelle cooperative e imprese sociali) sanno attraversare le crisi con minore difficoltà e sanno resistere meglio a shock e terremoti rispetto alle economie orientate solo sul mercato. Se vogliamo costruire una comunità sempre più resiliente, ma soprattutto un modello di economia capace di sostenere i cittadini e i territori più fragili, di operare per la riduzione di povertà e diseguaglianze, di accrescere fiducia, coesione sociale e democrazia, il ruolo del terzo settore lombardo non va sottovalutato né posto ai margini”.
Il Forum del Terzo Settore della Lombardia ha quindi inviato un contributo che integra tutte le 17 schede del documento della Regione. E così, alla voce “Sostegno alla riconversione dei settori e delle aree di business più colpite dalla crisi”, il Forum ricorda la “pratica del workers buyout cooperativo”, con “decine di imprese salvate dai lavoratori e dalla lavoratrici in Italia e in Lombardia”. Al capitolo “Semplificazione” il Terzo settore sottolinea che non basta ridurre i passaggi burocratici, ma bisogna anche “tarare il sistema in funzione dei risultati ottenuti,
e non solo e non tanto delle prestazioni erogate”, soprattutto in campo sanitario. Per la scheda n.8 “ Inclusione Sociale e Sostegno della Disabilità”, il Forum ha rimpolpato le scarne righe generiche del documento, perché non basta prevedere generici rilanci dei servizi e delle politiche di integrazione. “C’è la necessità di intervenire con misure immediate e semplificate di sostegno economico integrando le risorse del fondo nazionale contro la povertà assegnate alla Lombardia – scrive il Forum del terzo settore lombardo-, con risorse dei fondi strutturali (POR FSE FESR) riferite all'obiettivo tematico di contrasto alla povertà e promozione di inclusione sociale, oltreché con aggiuntive e adeguate risorse regionali per rispondere ai bisogni crescenti delle famiglie e delle persone che vivono in situazioni di estrema vulnerabilità più esposte in questa fase, con attenzione a chi non può nemmeno proteggersi perché senza dimora”.
Per il Forum va poi ripensata e riscritta la legge sul sistema socio sanitario lombardo. La scheda su “Prevenzione e Tutela della Salute” accenna solo a una generica “revisione delle medicina territoriale”. Ma visto quel che è successo con il Covid-19 e la solitudine in cui sono stati lasciati i medici di base, il Forum scrive esplicitamente che è “necessaria una verifica e conseguente rivisitazione anche della Legge 23/2015 (e della Legge 15/2016 ad essa collegata). Va costruito un sistema dei servizi sanitari, socio-sanitari, sociali più flessibili, con maggiori connessioni tra loro, capaci di rispondere a bisogni sociali e sanitari in cambiamento”.
Sul tema sicurezza, la Regione si è dimenticata che esistono le carceri. “Legalità, giustizia, sicurezza si ottengono anche attraverso uno sguardo diverso verso la popolazione carceraria; vanno pertanto incentivate e sostenute tutte le forme di “detenzione alternativa” al carcere costruendo una rete di servizi (abitativi, lavorativi, di formazione) e di opportunità in grado da un lato di abbassare la percentuale di recidiva, dall’altro di restituire dignità e cittadinanza alle persone che hanno scontato la pena”, scrive il Forum. (dp)