Guerra, giustizia e risorse: il filosofo Umberto Curi riflette sul mondo in conflitto

«Se volete la pace domani, agite per la giustizia oggi». L’appello della Food and Agriculture Organization (l’organizzazione ONU per l’alimentazione) è sempre d’attualità. Lo rilancia il filosofo Umberto Curi, che ritorna in libreria con “Padre e re. Filosofia della guerra” (Castelvecchi, 276 pagine, euro 20).

Guerra, giustizia e risorse: il filosofo Umberto Curi riflette sul mondo in conflitto

«C’è un punto mi sta particolarmente a cuore: lo stretto rapporto fra la distribuzione delle risorse planetarie e il divampare dei conflitti, compreso il terrorismo. E’ un mondo in guerra, perché si perpetuano squilibri e sfruttamento intensivo di esseri umani» attesta come premessa.

Qual è il peso morale di Papa Francesco nello scenario della terza guerra mondiale "a pezzi"?

«Sul tema della pace, e sulla denuncia degli squilibri economici che penalizzano sempre più acutamente i paesi meno sviluppati, Papa Francesco parla e agisce in perfetta coerenza con la linea seguita da Giovanni Paolo II. E’ difficile valutare nel dettaglio quanto possano pesare gli appelli rivolti ai potenti del mondo affinché facciano cessare le guerre. Ma d'altra parte sarebbe sbagliato sottovalutare l’influenza, sia pure indiretta, di una autorità morale quale è quella di Papa Francesco».

Poteri, Stati, Imperi sono fondati sulla violenza (e sulle armi). C'è davvero uno spazio per la nonviolenza come prefigurava Walter Benjamin in “Per la critica della violenza”?

«Si tratta di intendersi. In linea generale, i fautori della non violenza, fra i quali lo stesso Benjamin, sono ben consapevoli della necessità di non intendere l’appello alla pace come una resa alla sopraffazione dei potenti. Entra qui in gioco la distinzione, troppo spesso trascurata o sottovalutata, tra violenza e forza. Alla prima è giusto opporsi con coerenza, mentre l’esercizio della forza è talora necessario per venire in soccorso di chi altrimenti sia costretto a subire prepotenze e soprusi».

“Padre e re” è  un altro saggio filosofico?

«In realtà, ho cercato una riflessione analitica corroborata da tabelle, statistiche, schede. In estrema sintesi, 4/5 dell’umanità dispone di un quinto delle risorse. Bill Gates vanta un patrimonio personale pari a cinque volte  il Pil della Repubblica Centroafricana. E 11 milioni di bambini sotto 5 anni muoiono per denutrizione».

E’ la guerra ormai permanente, diffusa, sempre meno periferica?

«Fin dai tempi dell’amministrazione di George W. Bush era concepita come strumento fondamentale di stabilizzazione: Enduring Freedom, Infinite War, Preventive War: La guerra come modalità principale per tenere in forma le diverse situazioni di crisi».

D’altro canto, c’è un mondo sempre affamato di pace…

«Rispondo con la FAO, cui aderiscono 168 Paesi. Nel 2000 ci fu il summit sulla lotta alla povertà con il programma di otto obbiettivi nel Millennio. A distanza di un quarto di secolo soltanto tre sono stati centrati, mentre gli altri cinque rivelano un peggioramento. D’altro canto, l’Italia si era impegnata a sostenere lo sviluppo passando dallo 0,20% del Pil allo 0,30%. Peccato che in realtà gli stanziamenti siano scesi allo 0,15%. Va poi evidenziato che, sulla carta, si possono produrre alimenti per 12 miliardi di persone. Peccato che la distribuzione del cibo sia scandalosamente sbilanciata, mentre nel 2012 negli Usa si sono registrati 300 mila decessi per iper-alimentazione».

Torniamo alla guerra. Com’è cambiata nei secoli?

«In origine, era uno scontro in campo aperto fra eserciti di professionisti durante il giorno con la conta dei cadaveri per stabilire il vincitore, con i civili in buona sostanza risparmiati. Il Novecento rovescia la prospettiva: il numero dei caduti civili di 15 milioni era pari a quello dei militari nella Prima Guerra; nella Seconda diventa più del doppio; le guerre in Iraq producono un esiguo numero di morti in combattimenti ma un enorme strage di civili. E adesso si provocano migliaia di vittime, seduti davanti alla consolle che a distanza gestisce i droni…».

Infine, la radice epica della guerra rinvia a Troia…

«Omero, ma anche Erodoto, ci hanno lasciato l’origine del conflitto: Elena (definita anche “la donna dai due, tre, molti mariti”…) seduce Paride e lo segue a Troia. Di qui la guerra per lavare l’oltraggio con l’attacco degli Achei che inaugura anche il conflitto fra Oriente e Occidente. Tuttavia, grazie a Euripide e Platone, circolava già all’epoca un’altra versione. Elena avrebbe resistito a Paride, che ricorre allora al potere di convinzione della parola. I due si imbarcano e una burrasca li spinge in Egitto, dove sarebbero rimasti per l’intera durata della guerra di Troia. Quindi, non compariva Elena sulle mura della città assediata. La guerra, di conseguenza, fu combattuta per un fantasma…».

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