"Gli adulti hanno il compito di far venire ai giovani la voglia di diventare adulti". L'intervento di don Alberto Ravagnani a Chiesanuova
A metà settembre, a Chiesanuova, è arrivato don Alberto Ravagnani. Io – Federico, 23 anni, - quella sera mi sono ritrovato sul palco, davanti a 220 persone, a intervistarlo. Lì, in un certo senso, si è compiuto un cammino iniziato circa due mesi prima, quando ho letto il suo libro, La tua vita e la mia, e nascevano nella mia mente tantissime domande, troppe. Così ho iniziato ad appuntarle e volevo trovassero risposta.
Ho così scritto a Francesca, vice presidente del mio consiglio pastorale parrocchiale, chiedendole: «Se invitiamo Ravagnani per te è fattibile?». E lei mi ha risposto: «Proviamo!».
Da lì il primo scambio di mail con lo staff del giovane sacerdote, lo studio della normativa anti-Covid, la gestione delle iscrizioni... Alla fine è stato possibile realizzare l’evento grazie anche agli adulti della parrocchia che ci hanno creduto e mi hanno sostenuto in ogni momento.
E così arriva il 15 settembre. Nel piazzale del centro parrocchiale le persone vengono accolte da 30 volontari: si respira aria di comunità.
Don Alberto Ravagnani arriva in macchina direttamente dall’oratorio di Busto Arsizio (Varese) e, dopo un caffè, si dice pronto a salire sul palco. Salgo anch’io, la tensione è alta e, insieme a Giorgia, una giovanissima del gruppo di quinta superiore che seguo in parrocchia, iniziamo la nostra intervista con domande non concordate prima dell’incontro.
Don Ravagnani ci spiega come è nata l’idea del libro: «Volevo scrivere una storia che potesse far sentire i ragazzi protagonisti, un racconto che abilitasse i ragazzi a vivere la propria storia con più intensità, che potesse dare delle “categorie” per dire meglio il loro vissuto».
Ci siamo poi confrontati sul tema dell’amicizia partendo da una frase del libro (e del Vangelo): «Non c’è amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici” spiegandoci come la Chiesa su questo tema possa giocarsi una carta che nessun altro ha: la fraternità. Lo stile con cui vivere queste amicizie ci è dato dal Vangelo: “Gesù non è uno che predica dall’alto di una cattedra e fa il professore. Lui fa il fratello, l’amico. Ha chiamato 12 persone e le ha rese amiche, ha creato una fraternità. Evangelizza l’amicizia, evangelizza il rapporto, laddove c’è un rapporto allora arriva anche il Vangelo».
Ci ha invitato poi a essere Chiesa in uscita: «C’è da sporcarsi le mani come ha fatto Gesù, c’è da entrare nella casa dei peccatori, c’è da camminare insieme con i pubblicani, c’è da interfacciarsi con quelli del parchetto, c’è da dialogare con i compagni di classe atei e anticlericali, c’è da spendersi anima e corpo, e soprattutto corpo, perché attraverso la nostra umanità si affaccia lo Spirito».
Stimolato poi da una domanda, ci ha provocato sul tema degli adulti significativi: «Credo che gli adulti debbano essere persone cresciute, cioè vivano la loro vita proiettati in avanti e non nostalgici del passato. Se un giovane ha davanti un adulto che non è contento di essere adulto ma che vuole restare giovane, perché dovrebbe allora desiderare di diventare adulto? Perché dovrebbe prendersi delle responsabilità? Secondo me gli adulti hanno il compito di far venire ai giovani la voglia di diventare adulti, la voglia di prendersi delle responsabilità».
Infine sul tema dell’incontro con chi ricomincia la relazione interrotta con la fede e la Chiesa, ci ha stimolato: «Chiediamoci quanto siamo aperti, quanto siamo capaci di stare di fronte alla loro contrarietà, sono anticlericali, sono atei, sono polemici, si fanno le canne, hanno una morale che non condividiamo, hanno delle idee… quanto, invece, siamo capaci di starci di fronte come fratelli?».
Un dialogo che mi lascia la passione, il vedere un orizzonte possibile realizzabile, parole che stimolano riflessioni e riflessioni che stimolano azioni, il giusto soffio di Spirito per iniziare il nuovo anno pastorale.
L’incontro con don Ravagnani può essere si può ri-ascoltare sul canale Youtube della parrocchia di Chiesanuova.
Federico Engaldini