Generazioni da... riannodare
Sinodo dei giovani: prima reazione “a caldo”, di don Livio Tonello, alla lettera consegnata alla Chiesa di Padova a conclusione del cammino sinodale. La riflessione si concentra sul primo capitolo “Accompagnare ed essere accompagnati”.
I giovani hanno parlato. Hanno parlato alla Chiesa di Padova sollecitati dal vescovo Claudio.
In poche righe sono condensate aspettative e criticità da cogliere come invocazioni e appelli. La prima parte del testo è ritmata da alcune parole chiave: accompagnamento, ascolto, aiuto, testimonianza, adulti...
I giovani non si lamentano, ma esprimono riconoscenza e pongono auspici. Gli adulti (genitori, preti, educatori...) sono la categoria a cui indirizzano una chiara esigenza. Pur nei toni fraternamente sfumati, si percepisce il disagio: «Ci sentiamo lasciati soli e privi di spazio adeguato di ascolto e di confronto su quello che viviamo...».
Attenzione: non chiedono una risposta preconfezionata alle domande sulla vita, ma l’attivazione di energie vitali per trovare in prima persona le risposte. La vita è una risorsa, una sfida, una meta contrassegnata da domande esistenziali e domande etiche, mai superficiali.
Non chiedono di essere “cattolicizzati” per poter dare un senso al vivere, ma di essere accompagnati nella ricerca. Cercano anzitutto guide, una figura di riferimento intesa come life coach (maestro di vita) che orienta più che insegnare, che accompagna più che spingere in avanti, che sa ascoltare più che dare consigli: in una parola «adulti significativi». E qualora si aspettino risposte, queste sono intese come testimoniali.
C’è un dato preoccupante: la figura dell’adulto è lontana dall’essere segno di sicurezza. Adulti che sappiano «stare nelle sfide» (leggi «provocazioni»); adulti formati (leggi «significativi»); adulti capaci di orientare (leggi «sereni e coerenti»)... Perché? Pur nella spavalderia dell’età giovanile affiora il timore per «l’insicurezza economica e affettiva», per la «solitudine e i fallimenti», per «essere minoranza credente nei luoghi di studio e di lavoro». Il futuro li spaventa con le incognite che lo popolano.
La richiesta di essere accompagnati è per attingere fiducia in chi sta già vivendo quel futuro che a suo tempo non aveva immaginato.
I giovani chiedono “spazi”: tempo per loro, anche «a tu per tu» per essere ascoltati; luoghi in cui fare esperienza e non solo partecipare, modalità per essere più protagonisti nella comunità nel «ripensare insieme proposte e cammini di gruppo...» che intercettino la vita. Sì, perché la vita è la grande risorsa, con ritmi diversi da un tempo, con vissuti caotici, con questioni legate alla affettività (che la modernità sembrava aver sdoganato): sessualità, omosessualità, separazioni, divorzio, convivenze; con cammini di gruppo più incisivi...
Dalla Chiesa (Magistero?) vorrebbero una parola per una maggior formazione, consapevolezza, discernimento. Nulla di nuovo, possiamo dire... E allora cosa vuole il Signore dalla Chiesa di Padova?
La svolta non può che essere qualitativa. Sulla quantità abbiamo insistito in anni di abbondanti risorse e energie. Ma oggi, in una società dalle offerte infinite, va rilevato ciò che è essenziale per la persona, ma che non si trova in commercio. Non è sufficiente proporre iniziative. Queste devono portare a “far vivere una esperienza”, cioè devono suscitare un coinvolgimento per far proprio il messaggio. Non basta porre in atto una azione perché sia formativa: deve evidenziare i valori che si intendono trasmettere, anche attraverso stili testimoniali coerenti.
Gli adulti non stanno vivendo spiritualmente meglio dei loro figli e nipoti. Per questo nella comunità va riannodato il rapporto tra generazioni, nella convinzione che le une hanno bisogno delle altre: una fede adulta per comunità giovani; una fede giovane per comunità adulte!