Fondo Politiche della famiglia. La Corte dei Conti chiede un piano
L’analisi delle risorse stanziate tra il 2012 e il 2018 mostra un drastico calo e la prevalente destinazione delle stesse al funzionamento della macchina istituzionale. Evidenziata la necessità di una programmazione al passo coi tempi: l’ultimo Piano nazionale è del 2012
ROMA - Che le risorse dello Stato destinate alle politiche per la famiglia negli ultimi anni siano state esigue è cosa nota, ma a pochi giorni dall’allarme “declino demografico” lanciato dall’Istat è la Corte dei conti a bacchettare le istituzioni su quanto fatto soprattutto negli ultimi anni per le famiglie italiane. In un documento diffuso pochi giorni fa, infatti, la Corte dei conti tira le somme sulla gestione del Fondo per le politiche della famiglia tra il 2012 e il 2018 e come era prevedibile, la prima che viene messa in risalto è il crollo delle risorse rispetto agli anni precedenti. “Il Fondo ha sviluppato per il periodo considerato dalla presente analisi un volume di risorse pari a complessivi 87,38 milioni di euro (a fronte dei 754,58 milioni di euro stanziati nel quadriennio 2007-2010) - si legge nella relazione - ed è stato riconfermato nelle sue linee essenziali dalle novelle introdotte dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145, che ne hanno potenziato in modo significativo la dotazione per le annualità 2019-2021 (si è passati da 4,5 milioni di euro del 2018 a 104,8 milioni per il 2019)”.
Non è solo il crollo delle risorse a preoccupare, quanto l’utilizzo delle stesse. “L’analisi sviluppata con riferimento agli annuali provvedimenti di riparto adottati nel corso del periodo considerato, fornisce ampia dimostrazione dell’utilizzo delle risorse, con particolare riguardo a quelle relative alla quota Stato, destinate prevalentemente al funzionamento dell’apparato istituzionale, compresi gli organismi collegiali operanti a livello nazionale ed allo svolgimento, in modalità esternalizzata, delle numerose competenze, riguardanti anche la gestione delle risorse del Fondo, affidate al suddetto Dipartimento”.
L'incremento delle risorse stabilito dal governo Conte, senza dubbio rappresenta un elemento di discontinuità, almeno nei numeri. Per il documento, tuttavia, serve una fase di riforma più profonda. “Le risultanze dell’istruttoria evidenziano alcune criticità e carenze - spiega la Corte dei Conti - che richiedono indubbiamente un rinnovato impegno da parte del Dipartimento, chiamato a gestire, alla luce delle novità introdotte dalla legge di bilancio 2019, oltre che dal citato decreto n. 86/2018, una fase di riforma dell’intero settore delle politiche per la famiglia che involge anche le finalità istituzionali del Fondo”. Secondo quanto spiega il documento, il Fondo stanziato da questo governo “risulta attualmente destinato a contrastare la crisi demografica, finanziando misure di sostegno alla famiglia, alla natalità, alla maternità ed alla paternità, ma anche ad assicurare iniziative in favore della componente anziana dei nuclei familiari ed in generale ad interventi diretti ai nuclei familiari a rischio”. Tuttavia, la Corte sottolinea la necessità di “una revisione di prassi operative nella gestione del Fondo rilevate negli anni e che hanno dimostrato di non essere in grado di assicurare pienamente l’efficiente ed efficace spendita delle risorse”.
Quel che manca, lamenta la Corte dei conti, è “una programmazione, tanto a livello nazionale quanto a livello locale, al passo con l’evoluzione delle esigenze dei destinatari delle provvidenze, quanto mai rapida e bisognosa del più puntuale rispetto delle tempistiche dettate dalle norme che collegano la programmazione a livello nazionale al corretto e efficace funzionamento dell’Osservatorio nazionale e della Conferenza Nazionale”. E qui arriva la stoccata al governo: “Tutta la gestione osservata ha avuto a riferimento l’unico documento programmatico adottato nel periodo considerato e cioè il Piano nazionale 2012, che non è stato successivamente aggiornato, aggiornamento che rappresenta, ancora oggi, una finalità primaria ed un obiettivo non più procrastinabile”.
Giovanni Augello