Coronavirus. Prudenti e uniti: il vescovo di Padova Claudio Cipolla racconta a TV2000 la sofferenza della Chiesa di Padova
La sofferenza di un «popolo disperso», lontano dalle chiese e dall’Eucarestia in questi giorni così difficili. Eppure, è una Chiesa “Prudente e Unita” come non mai quella descritta dalle parole del vescovo di Padova Claudio Cipolla, in collegamento lunedì pomeriggio con il programma “Siamo noi” di TV2000, per raccontare come si stanno vivendo a Padova le complesse misure di sicurezza per evitare il dilagare del Coronavirus.
È la fragilità, prima di tutto, ad emergere in queste ore. «Sentirsi fragili. Questo il sentimento con il quale ci siamo approcciati a questa esperienza. Ci sentivamo tutti abbastanza sicuri, contenti, tranquilli, e invece ci riscopriamo fragili. Non sappiamo nemmeno bene di che cosa dobbiamo avere paura. Ascoltiamo tanti riferimenti, tante considerazioni, prese di posizione, ma non sempre abbiamo la consapevolezza della realtà oggettiva. Qualche volta si può rischiare di avere più paura del necessario, altre volte di essere superficiali».
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Una fragilità non solo individuale: «La nostra fragilità è collettiva, non solo personale, in questo caso bisognerebbe stare molto attenti. Ci sono persone particolarmente deboli e fragili che subiscono le informazioni con particolare difficoltà, reagendo in modo molto personale e con reazioni difficili nel proprio interno. Questa fragilità è propria anche delle nostre parrocchie».
Sul campo le misure che vedono la sospensione di tutte le cerimonie, anche religiose, come le messe. Un provvedimento prima diffuso alla zona dei Colli Euganei, che in questi giorni, fino al 1° marzo compreso, vale anche per tutte le parrocchie della Diocesi e del Veneto.
«Ho dovuto sospendere ad esempio la visita pastorale – racconta il vescovo Claudio – Dover comunicare che non ci saranno celebrazioni pubbliche, che non ci saranno assembramenti di persone, immaginare che l’inizio della Quaresima sia segnata da questa prudenza che ci porta a dire “non ci sarà la messa nel mercoledì delle ceneri” o la prima domenica di Quaresima, per noi è una comunicazione molto difficile, che vuol dire andare contro a delle abitudini e consuetudine e lasciare soprattutto le persone più avanti negli anni in difficoltà. Poi in realtà ciascuno sta assorbendo in questo momento la reazione, il contraccolpo delle decisioni che sono state prese dalle autorità civili alle quali noi dobbiamo e vogliamo essere attenti».
Nelle zone più colpite la sofferenza è ancora maggiore: «Ho telefonato ieri al parroco di Vo’ e mi stava raccontando che aveva invitato un suo confratello anziano che abita lì in parrocchia per celebrare soltanto loro due l’Eucaristia domenicale, lo diceva con un certo rammarico, immaginando che ci fosse difficoltà anche da parte delle famiglie. Un altro parroco mi ha mandato la fotografia della chiesa vuota durante la domenica, segnalando proprio una sofferenza nel vedere il proprio popolo disperso e non radunato attorno al Vangelo e attorno alla fraternità cristiana. Non si sta vivendo bene questo momento, si vive con sofferenza anche da parte dei parroci».
“Prudenza e unità”, insomma, come titolava Avvenire domenica: «Uniti senz’altro con tutto il territorio, con tutti i cittadini, non soltanto tra credenti e tra cristiani. Dobbiamo saperci inserire nel rispetto delle regole che ci vengono date, con senso di responsabilità, e anche per dire che siamo collaboratori, siamo credibili nel nostro lavorare insieme. Credo che sia molto importante questa prudenza, come penso sia immaginabile forse è meglio esagerare in questo momento che non attendere che ci siano i buoni che sono scappati».