Coronavirus e riapertura aziende. Furlan (Cisl): “Far ripartire il Paese, ma in totale sicurezza per i lavoratori”
L'Italia si trova in un frangente critico: all'emergenza sanitaria si sta affiancando l'urgenza di far ripartire le attività produttive per scongiurare ulteriori scossoni all'economia. Il tutto però evitando che il Coronavirus possa tornare a diffondersi. Ne parliamo con Annamaria Furlan, segretaria nazionale della Cisl: “Ripartire con una politica economica che faccia leva su un grande piano di investimenti pubblici, ma garantendo la salute e la sicurezza in tutti i luoghi di lavoro”
“Bisogna assicurare che la riapertura delle aziende porti alla ripartenza del Paese, non alla ripartenza del Coronavirus”. In un frangente particolarmente critico dell’emergenza, quando si devono porre a confronto i segnali positivi ma parziali sul fronte del contagio e l’esigenza drammaticamente reale di rimettere in moto la macchina produttiva, abbiamo rivolto alcune domande ad Annamaria Furlan, segretaria generale della Cisl.
“Abbiamo bisogno di coesione sociale, di solidarietà, di coraggio e speranza, dobbiamo trovare tempi e modi per gestire tutti assieme questo momento così difficile e delicato”
sottolinea la leader sindacale. E aggiunge: “Ora occorre prepararsi per ripartire con una politica economica che faccia leva su un grande piano di investimenti pubblici, ma garantendo la salute e la sicurezza in tutti i luoghi di lavoro. Questa rimane la priorità”.
Le stime dell’Ilo parlano di una perdita dell’equivalente di quasi 200 milioni di posti di lavoro nel mondo a causa della pandemia. C’è il rischio che l’impatto sull’Italia sia più devastante che altrove sia per le dimensioni del contagio, sia per la fragilità di partenza del nostro sistema e del nostro mercato del lavoro?
L’emergenza economica determinata dalla pandemia ha assunto, come prevedibile, dimensioni planetarie, potenzialmente disastrose per molti paesi. Anche in Italia, le condizioni economiche e sociali che dovremo fronteggiare saranno simili a un dopoguerra.
Non ci sono attività produttive indenni da questa grave situazione economica. La transizione sarà lunga, e molte cose dovranno cambiare per sempre.
Per questo è necessario un grande piano straordinario per superare la recessione e scongiurare il rischio di depressione che assocerebbe alla tragedia umanitaria la catastrofe economica e sociale.
Abbiamo bisogno di un piano Marshall europeo.
Lo abbiamo detto con chiarezza: basta con gli egoismi nazionali. Per questo la Cisl ha predisposto un Manifesto in cinque punti nel quale abbiamo indicato a tutte le istituzioni ed alla politica le priorità per aprire una vera fase Costituente per una nuova Europa solidale sulla scia dell’appello di Mario Draghi. E quindi aumentare il debito pubblico, emettere eurobond per almeno tremila miliardi per finanziare un grande piano di investimenti pubblici, costruire un bilancio comune a livello europeo, concordare tra Governo e parti sociali una manovra economica italiana di almeno 90-100 miliardi per sostenere le imprese, l’occupazione, tagliare le tasse, reinvestire nella sanità pubblica, nella ricerca, nell’innovazione, nelle infrastrutture materiali ed immateriali.
Abbiamo tagliato 50 mila posti di lavoro nella sanità negli ultimi anni. Queste sono scelte che si pagano. Ora dobbiamo cambiare decisamente strada.
Cresce di ora in ora la spinta del mondo produttivo a superare il blocco che pure è stato decisivo per arginare il contagio: secondo lei ci sono le condizioni per ripartire e come si può farlo, tenendo conto in modo particolare della sicurezza dei lavoratori?
Ci vuole un incontro tra il governo e le parti sociali per definire quando si riapre, come si riapre e chi riapre sapendo che
abbiamo bisogno di far ripartire tutto il Paese ma in totale sicurezza dei lavoratori per non disperdere i sacrifici fatti finora.
Dobbiamo trovare tempi e modi per gestire tutti assieme questa fase così delicata. Mi pare peraltro che anche la lettera delle grandi associazioni industriali del Nord vada comunque in questo senso: non dicono facciamo da soli, dicono vogliamo, attraverso il confronto e la partecipazione, gestire con i soggetti di rappresentanza istituzionale e le parti sociali, questo momento così delicato e importante. Ma il tema deve essere come si rende compatibile la riapertura delle attività con le garanzie di sicurezza per i lavoratori, indispensabili soprattutto per quelle zone del Paese da dove tutte le sere arrivano ancora bollettini di guerra. Bisogna assicurare che la riapertura delle aziende porti alla ripartenza del Paese, non alla ripartenza del Coronavirus. Non possiamo assolutamente vanificare il lavoro fatto finora: faremo un errore tragico per tutto il Paese.
Come valuta gli interventi assunti dal governo in questi giorni sul piano sociale ed economico?
Il Governo è venuto incontro alle nostre richieste di estendere gli ammortizzatori sociali a tutti i lavoratori, finanziando la cassa integrazione in deroga e le altre indennità anche per le piccole imprese.
Abbiamo fatto anche un accordo importante con l’Abi : le banche anticiperanno le indennità in modo da accelerare le procedure, perché tutti i lavoratori hanno bisogno di avere le giuste garanzie. Nessuno, dico nessuno, deve sentirsi abbandonato in questo momento. E’ stato giusto dare anche liquidità alle nostre imprese per far fronte all’emergenza, proteggendo anche gli asset industriali e produttivi del paese. Ora occorre prepararsi per ripartire con una politica economica che faccia leva su un grande piano di investimenti pubblici ma, ripeto, garantendo la salute e la sicurezza in tutti i luoghi di lavoro. Questa rimane la priorità.
Quale contributo sta dando il sindacato allo sforzo generale del Paese in questo momento e quale ruolo può svolgere nella fase della ricostruzione che richiederà l’apporto di tutti?
Guardi, il sindacato, come è avvenuto in altri momenti tragici del nostro Paese, sta dando prova di grande responsabilità. Abbiamo siglato in queste settimane accordi importanti con le associazioni imprenditoriali e con il Governo per mantenere aperte solo le attività produttive essenziali, ma con un preciso protocollo per garantire la sicurezza a tutti i lavoratori. Anche nei settori pubblici abbiamo preteso il rispetto del protocollo, soprattutto nel settore sanitario che è quello più esposto purtroppo ai contagi.
Come ha detto papa Francesco siamo tutti nella stessa barca e dobbiamo ridisegnare tutti insieme la nostra vita. Abbiamo bisogno di coesione sociale, di solidarietà, di coraggio e speranza.
Ribadisco: dobbiamo trovare tempi e modi per gestire tutti assieme questo momento così difficile e delicato. Come abbiamo gestito la fase che ha portato alla sospensione delle attività economiche, allo stesso modo dobbiamo lavorare e monitorare questa fase che forse è ancora più delicata della prima perché legata alla indispensabile ripartenza del Paese. Ma il sindacato è pronto a questa sfida.