Confine Usa-Messico: le frustate sui migranti, il Titolo 42 e le violazioni dei diritti
Le immagini dei migranti malmenati e presi al laccio dalle guardie di frontiera nel Texas hanno fatto il giro del mondo e ora imbarazzano l’amministrazione Biden. Ma la crisi migratoria va avanti da mesi: con le restrizioni da Covid 19 gli Stati Uniti hanno operato una serie di deportazioni di massa, le persone sono ora ammassate al confine in condizioni inumane
“La situazione a Del Rio, in Texas, e le immagini che ho visto sono orribili. Gli esseri umani non dovrebbero mai essere trattati in quel modo, sono profondamente turbata, avvieremo un’approfondita indagine sulla vicenda”. E’ senza mezzi termini il giudizio di Kamala Harris, vice presidente degli Stati Uniti, sulle foto e i video che in queste ore stanno facendo il giro del mondo, imbarazzando il paese. Migranti presi al laccio, come in un western, e malmenati dalle guardie a cavallo che li respingono a frustate per evitare il passaggio al confine. Eppure quella alla frontiera con il Messico è una crisi umanitaria che va avanti da mesi, come denunciano le ong che stanno portando supporto e assistenza alle migliaia di profughi, che si sono accampati lungo la strada, dopo essere stati espulsi, in attesa di poter tentare di nuovo il passaggio, specialmente negli ultimi giorni grazie all’abbassamento del livello del fiume Rio Grande.
La crisi migratoria al confine e il nodo del Titolo 42
L’Alto commissario Onu per i rifugiati, Filippo Grandi, si è detto “scioccato” dalle “condizioni deplorevoli sotto il cavalcavia di cemento dell'autostrada a Del Rio, in Texas, dove si sono radunati più di 14.000 haitiani”. “Le espulsioni di massa, attualmente in corso, sotto l'autorità del Titolo 42, senza uno screening in grado di vagliare le esigenze di protezione, sono incompatibili con le norme internazionali e possono costituire respingimento” sottolinea, ribadendo l’appello al governo degli Stati Uniti affinché elimini immediatamente e completamente le restrizioni del Titolo 42, in vigore dal marzo 2020. Al centro della nuova crisi migratoria c’è, infatti, il provvedimento emesso all’inizio della pandemia dall’ allora amministrazione Trump che di fatto vieta i “viaggi non essenziali”. In forza del Titolo 42, dunque, la polizia di frontiera ha potuto operare una serie di espulsioni di massa nell’ultimo anno e mezzo. Una politica securitaria, fortemente criticata, attenuata ma in parte seguita anche dalla nuova amministrazione Biden. All’inizio dell'anno le espulsioni sono state temporaneamente fermate, contestualmente è stata bloccata la costruzione del muro di confine tra Usa e Messico. Le persone espulse hanno continuato ad ammassarsi alla frontiera in attesa di poter entrare. Il Titolo 42 è però rimasto in vigore e la scorsa settimana, il Dipartimento della sicurezza interna degli Stati Uniti ha annunciato la volontà di rimpatriare, con un ponte aereo, la maggior parte degli haitiani.
Condizioni disumane: scarso accesso ad acqua e cibo
La stima dei migranti accampati lungo tutto il confine è variabile: Medici senza frontiere parla di 40mila persone al confine meridionale, nei pressi di Tapachula, mentre sarebbero tra le 12 mila e le 14mila sotto il cavalcavia a Del Rio. Le condizioni di vita sono al limite: l’accesso a cibo, acqua e riparo. “Le uniche due opzioni per queste persone sono vivere in rifugi sovraffollati oppure in strada in condizioni igieniche inadeguate e con il rischio di contrarre il Covid-19” afferma Christoph Jankhöfer, coordinatore del progetto sui migranti di MSF in Messico. “Siamo preoccupati perché in assenza di una risposta dalle autorità, queste persone soffrono di ansia e depressione, ormai hanno perso la speranza”. Anche Msf denuncia la politica delle espulsioni operata in base al Titolo 42 “in flagrante violazione della legge internazionale e in vigore anche grazie al benestare del governo messicano, che mette in pericolo la vita dei migranti, generando episodi di violenza preoccupanti”.
“Gli Stati Uniti stanno accelerando i voli di espulsione verso Haiti mentre il paese è nel bel mezzo di una crisi politica e sociale, poiché la crescente insicurezza e il conflitto armato costringono migliaia di persone a fuggire dalle loro case nella capitale Port-au-Prince - afferma Avril Benoît, direttore esecutivo di Medici Senza Frontiere Usa -. Abbiamo chiesto la fine immediata di questa pericolosa e dannosa politica dei rimpatri statunitense. Il governo degli Stati Uniti dovrebbe sospendere i voli di espulsione verso Haiti per motivi umanitari. L'insicurezza che vediamo oggi a Port-au-Prince è la peggiore che abbiamo visto da decenni. I gruppi armati hanno effettivamente occupato vaste aree della capitale ei loro attacchi hanno costretto migliaia di persone a fuggire dalle proprie case. Più della metà dei pazienti che arrivano al nostro ospedale di Tabarre a Port-au-Prince ha subito ferite da arma da fuoco potenzialmente letali, spesso causate da armi da fuoco ad alta potenza che hanno proliferato in tutta la città. Scontri armati in due quartieri, Martissant e Cité Soleil, ci hanno costretto a spostare i programmi medici di vecchia data in altre aree di Port-au-Prince quest'anno. Molte persone che sono fuggite dalle violenze vivono nei campi all'interno della città in condizioni spaventose”.
Per questo, secondo l’ong, è inconcepibile riportare i migranti contro la loro volontà in una situazione di incertezza e di pericolo mortale. Inoltre, la regione meridionale di Haiti è stata colpita da un terremoto meno di sei settimane fa, danneggiando e travolgendo un sistema sanitario già sovraccarico. “Quando le persone cercano sicurezza negli Stati Uniti, metterle sugli aerei e costringerle in questo contesto è oltremodo disumano” conclude Benoit.