Carlo Acutis: quella fede fresca e “improbabile” che a noi indica Gesù
Il giovane milanese (1991-2006) sarà canonizzato durante il Giubileo degli adolescenti, a fine aprile. Ma cosa ci indica questa vita, breve e intensa? Quale messaggio ci consegna? Don Stefano Guidi, direttore della Fom, Fondazione oratori milanesi, ne tratteggia la figura e l’eredità attraverso quattro aspetti. “Il suo eroismo è la normalità dell’esistenza quotidiana, vissuta come relazione sincera e come responsabilità appassionata”. “Nell’amicizia con il Signore ha trovato la gioia piena”

Scrivere qualcosa su Carlo Acutis è necessario quanto pericoloso. È necessario perché la vita di Carlo, consumata in così pochi anni e quasi del tutto priva di eventi eclatanti, rischia di non soddisfare mai completamente il nostro bisogno di conoscere, sapere e capire. Ma dobbiamo essere consapevoli della pericolosità di questa operazione. Il rischio concreto che si corre è quello di appesantire un soffio! È comprensibile avvertire il bisogno di rendere visibile e sperimentabile il soffio. Ma il soffio deve rimanere tale. Non sai di dove viene e dove va (Gv 3,8). Ma non puoi che accoglierlo così. Non puoi che assecondarlo, ascoltarlo, percepirne il sussurro. Non puoi pretendere di possederlo, di averlo a tua disposizione. È un soffio.
Così, la vita di Carlo ci sembra simile a un soffio, appena percepito. Non è un santo convenzionale, per questo siamo spiazzati. Non l’abbiamo visto arrivare. È cresciuto sotto i nostri occhi. Ci è passato accanto come un soffio, appena percettibile, e noi indaffarati e distratti non l’abbiamo visto.
Su Carlo Acutis dirò quattro cose.
La prima riguarda la sorpresa che la vita di Carlo Acutis e la sua canonizzazione provoca alla nostra coscienza e alla nostra sensibilità.
La seconda riguarda il messaggio che attraverso la santità di Carlo Acutis arriva a tutta la Chiesa.
Terzo: il messaggio che la vita e la santità di Carlo rivolgono alla società e all’umanità del nostro tempo.
Infine una breve riflessione sul movimento di ricerca e di preghiera che Carlo sta provocando.
Partiamo dalla sorpresa.
Perché un adolescente che diventa santo? Perché proprio in questo momento storico, in cui si sprecano analisi accurate che dimostrano l’estraneità sempre più radicale e incontrovertibile tra la proposta evangelica e l’interesse umano, soprattutto dei più giovani? Perché proprio adesso? Perché qui a Milano? E perché diventa santo un adolescente di oggi, un nostro contemporaneo prima ancora che un coetaneo. Siamo sorpresi. Forse perché ci siamo intimamente arresi all’evidenza e ci siamo già preparati a mandare in soffitta parole quasi del tutto inutilizzate come “vocazione” e “santità”. Sorpresi sì, ma anche un tantino scocciati: dobbiamo salire in soffitta e riprendere i vecchi arnesi che forza funzionano ancora? Ne vale la pena? O si tratta di fatica inutile? Perdonatemi l’eccesso di licenza poetica: ma Carlo potrebbe forse essere il figlio nascosto della Cananea che per anni si è nutrito delle briciole che distrattamente sono cadute dalla nostra tavola imbandita?
Quel soffio di vita di Carlo quale messaggio ci porta?
Abitiamo nella parte di mondo che può godere di possibilità praticamente infinite, eppure sono tanti a sentirsi inadeguati e impotenti. Carlo, prima ancora di potersi dare tutte le ragioni, sì è dato da fare, ha sentito nelle più svariate e più comuni situazioni della vita un’occasione per giocarsi, per offrire qualcosa di sé. Il suo eroismo è la normalità della vita quotidiana vissuta come relazione sincera e come responsabilità appassionata. Per i più si trattava di un semplice sorriso, per tanti altri ancora non solo quello. Come del resto può bastare un bicchiere d’acqua, purché sia fresca, cioè offerta con amore, cura, intelligenza e passione. Gli esercizi di santità che Carlo ha svolto sono quelli che ciascuno di noi affronta quotidianamente dalla mattina alla sera, spesso senza sosta. Ma lui, l’abbiano scoperto dopo, ha messo in ogni attimo un soffio speciale. E noi? Non abbiamo la possibilità di fare altrettanto? E forse anche di più? Che non siano la pigrizia e l’inerzia a frenarci? Carlo incoraggia tutta la Chiesa a portare il soffio dell’amore di Cristo in ogni attimo, senza se e senza ma, facendo attenzione a non inciampare nella logica del calcolo e della misura che ci porta a dire: non ne vale la pena, non c’è più tempo.
E il messaggio al mondo?
A mio avviso uno solo: la fede! Nato e cresciuto nel clima delle grandi capitali europee, tra cui Milano, Carlo si affeziona e si appassiona a Gesù, quasi unico nella sua famiglia. Una fede – bisogna dirlo onestamente – altamente improbabile. Questo ragazzo intelligente e brillante, affascinato dalla tecnologia e molto capace di utilizzarla, scopre il tesoro nascosto della preghiera. Una preghiera semplice ma solida. Non una pratica del benessere individuale. Ma condizione interiore di amicizia con Gesù. Qui ha trovato tutta la sua ricchezza. Qui ha scoperto il modo per essere se stesso pienamente. Qui ha trovato gioia.
Venendo a noi: affrontiamo ogni giorno una realtà caratterizzata da un disinteresse esplicito. Ma cosa si nasconde sotto la coltre di indifferenza diffusa? E quanto è spessa e profonda questa indifferenza? A volte ho l’impressione che sia solo una dura scorza che – più che difenderci dal mondo esterno – ci protegge dalla nostra lancinante nostalgia. La fede attende di essere risvegliata, in molti.
Diversamente non si spiega il movimento che la forza interiore di Carlo sta animando in tutto il mondo.
Carlo, il santo adolescente, vissuto il tempo di un soffio, senza opere, senza lettere, senza discepoli, che ci parla con il suo sorriso, cosa vuole dirci? Forse niente: forse ci sta soltanto invitando a pregare, ad andare a messa, ad ascoltare il vangelo, a dare un sorriso e una mano a chi ha bisogno. Forse solo questo. Che questa forma di santità quasi nascosta, per niente appariscente, totalmente interiore, sia una strada per noi, oggi?
Stefano Guidi