Bankitalia-Istat: cresce la ricchezza delle famiglie italiane ma i redditi sono fermi
In rapporto alla popolazione, considerando quindi la ricchezza pro-capite, le famiglie italiane superano anche se di poco quelle tedesche. La principale forma d’investimento resta l’abitazione: 5.246 miliardi, in pratica la metà della ricchezza totale. Non solo. Con 926 miliardi di passività, le famiglie italiane risultano meno indebitate di quelle di altri Paesi
Tra il 2016 e il 2017 la ricchezza netta delle famiglie italiane è cresciuta di 98 miliardi di euro, dopo tre anni di riduzioni, ed è arrivata a sfiorare i 10 mila miliardi (9.743 per la precisione). In rapporto alla popolazione, considerando quindi la ricchezza pro-capite, le famiglie italiane superano anche se di poco quelle tedesche. La principale forma d’investimento resta l’abitazione: 5.246 miliardi, in pratica la metà della ricchezza totale. Non solo.
Con 926 miliardi di passività, le famiglie italiane risultano meno indebitate di quelle di altri Paesi.
Anche le imprese italiane sono nel gruppo delle meno indebitate a livello internazionale: i loro debiti finanziari in rapporto alle attività “reali” sono al 45%, un dato stabile dal 2005. Il quadro fornito da Banca d’Italia e Istat, nella loro prima pubblicazione congiunta sulla ricchezza delle famiglie e della società non finanziarie italiane, dice molto della strutturale solidità economica di un Paese che proprio per questo riesce ancora a sostenere un debito pubblico fuori misura e a sopportare le convulsioni parossistiche della politica.
Ma questa considerazione rassicurante non deve autorizzare ottimismi a buon mercato e non soltanto perché l’analisi delle due prestigiose istituzioni si ferma al 2017, lasciando quindi fuori l’ultimo periodo con le sue dinamiche nettamente peggiorative. Già all’interno della stessa analisi – che dovrebbe diventare un appuntamento annuale – emergono gli elementi problematici da valutare con estrema attenzione. L’andamento della ricchezza netta pro-capite delle famiglie, per esempio, rivela un rallentamento rispetto a quella di altri Paesi sviluppati.
Nel 2008 e nel 2009 le famiglie italiane erano avanti in modo generalizzato, poi – mentre da noi i valori rimanevano stabili – negli altri Paesi si è registrato un aumento. Così che se restiamo ancora sopra la Germania, siamo stati superati da Usa, Canada, Regno Unito, Giappone e Francia.
Anche un altro indicatore rilevante, il rapporto tra la ricchezza netta (abitazioni, terreni, depositi, titoli, azioni ecc., tolte le passività finanziarie come i prestiti) e il reddito disponibile, presenta un andamento in chiaroscuro. Con un valore di 8,4 alla fine del 2017, le famiglie italiane si collocano sopra Francia, Regno Unito e Canada, ma nell’arco temporale analizzato il vantaggio italiano si è ridotto. Dopo il picco del 2013, infatti, in Italia l’indicatore è gradualmente diminuito, mentre altrove è cresciuto. E soprattutto, afferma esplicitamente la pubblicazione Bankitalia-Istat, il livello elevato che questo indicatore comunque conserva nel nostro Paese in confronto agli altri “è amplificato dal ristagno ventennale dei redditi delle famiglie italiane”.
Per quanto riguarda le imprese “non finanziarie” (escludendo quindi le società che svolgono specificamente attività finanziarie), la ricchezza netta a fine 2017 risulta pari a 1.053 miliardi. Il totale delle attività del settore (4.943 miliardi) è costituito per il 63% da attività non finanziarie, anche se la componente finanziaria è cresciuta dell’11,9% rispetto alla fine del 2016, a fronte di un calo dello 0,6% delle attività “reali”. Calo dovuto soprattutto alla contrazione del valore degli immobili, in parte compensato dall’aumento di altri beni a capitale fisso (impianti, macchinari ecc.). Nel complesso, tra 2016 e 2017, la ricchezza lorda delle imprese è cresciuta di 177 miliardi (+3,7%).