Attenzione alla legge elettorale
La materia delle leggi elettorali è allo stesso tempo una delle più ostiche per l'opinione pubblica e una delle più decisive per il funzionamento di una democrazia.
La materia delle leggi elettorali è allo stesso tempo una delle più ostiche per l’opinione pubblica e una delle più decisive per il funzionamento di una democrazia. E’ ostica perché implica ineliminabili tecnicismi che ai non addetti ai lavori risultano talvolta incomprensibili e persino irritanti. E’ decisiva perché la legge elettorale stabilisce la modalità con cui il cittadino può esprimere il suo voto e allo stesso tempo definisce il meccanismo con cui decine di milioni di questi voti (per l’Italia oltre 50 milioni, compresi quelli dall’estero) si traducono in poche centinaia di seggi. Ecco perché la materia merita un’attenzione particolare da parte dei cittadini e necessita di chiavi di lettura che consentano di formarsi un giudizio almeno in termini generali.
Tanto più che in queste settimane l’argomento è all’ordine del giorno dell’attualità politica e lo sarà anche nei mesi a venire, soprattutto dopo il referendum che ha confermato definitivamente la riduzione del numero dei parlamentari. Una riduzione drastica che comporterà come minimo il ridisegno dei collegi elettorali, destinati inevitabilmente a diventare più estesi. E questo dovrà essere valutato ai fini del rapporto tra eletti ed elettori e al potenziale costo delle campagne elettorali. Con meno seggi da assegnare, inoltre, sarà opportuno rimodulare anche il funzionamento della legge elettorale vera a propria. Come si ricorderà, i sostenitori del No hanno sottolineato energicamente l’effetto di riduzione della rappresentanza a danno delle Regioni più piccole e dei partiti minori. Riduzione che per i sostenitori del Sì era sostanzialmente irrilevante e per alcuni addirittura auspicabile (nel caso dei partiti) rispetto all’obiettivo del taglio dei parlamentari. Gli elettori si sono espressi molto nettamente e quindi non c’è che da prenderne atto. Però tener conto delle preoccupazioni espresse dalla robusta minoranza contraria appare ora un atteggiamento responsabile e utile per arrivare a una soluzione positiva per il Paese, a un un punto di equilibrio ben calibrato tra le esigenze del pluralismo della rappresentanza e quella della governabilità.
Qui emerge anche il discorso sul metodo. Il sistema elettorale non è stato codificato nella Costituzione, anche se da questa (e dalla sentenze della Corte costituzionale) si possono ricavare criteri e vincoli. La materia è quindi modificabile con le procedure e le maggioranze della legge ordinaria e tuttavia meriterebbe di essere affrontata con spirito di dialogo, con lungimiranza e senza faziosità, perché si tratta di fissare le regole del gioco comune.
Purtroppo, invece, anche su questo terreno i partiti faticano ad andare oltre il loro tornaconto immediato. Certo, nessuno è così ingenuo da pensare che le forze politiche possano prescindere totalmente dai loro interessi. Ma se negli ultimi 25 anni si sono succeduti a livello nazionale 7 diversi meccanismi elettorali, evidentemente c’è qualcosa che non va. Vuol dire che ogni partito o schieramento ha cercato e cerca sistematicamente di aggiustare le regole a proprio esclusivo vantaggio. E chi difende le regole in vigore spesso lo fa per lo stesso identico motivo.